Milano, 4 novembre 2013 – Lavoratori e imprese ormai sono d’accordo: c’è la competenza alla base delle professioni del futuro. Ma con una differenza. I datori di lavoro – nell’opinione dei dipendenti – hanno aspettative in crescita in particolare verso le competenze digitali: richiedono l’uso del computer e dei suoi principali applicativi, la conoscenza dei device mobili, della posta elettronica e più in generale del mondo del Web 2.0 e dei social network. Mentre i lavoratori mettono ai primi posti per la loro crescita professionale le abilità “non tecniche”, come l’esperienza e le capacità relazionali. E se praticamente tutti i lavoratori si dicono pronti a qualsiasi sacrificio per raggiungere i requisiti professionali, ben il 40% teme di non riuscire a soddisfare le crescenti aspettative.
Sono alcuni dei risultati del Randstad Workmonitor, l’indagine sul mondo del lavoro realizzata nel terzo trimestre 2013 da Randstad, seconda azienda al mondo nel mercato delle risorse umane, attraverso un sondaggio sottoposto a lavoratori dipendenti di età compresa tra 18 e 65 anni, impegnati per un minimo di 24 ore alla settimana, in 32 Paesi del Mondo (dimensione minima del campione 400 interviste per Paese). La ricerca mostra un sostanziale accordo tra imprese e lavoratori sull’acquisizione di competenze come strada maestra per la carriera del futuro. Ma rivela anche il rischio di nuove tensioni legate al raggiungimento di obiettivi sempre più ambiziosi.
Le aspettative in crescita
Per l’85% dei dipendenti italiani i datori di lavoro oggi hanno aspettative superiori a 5 anni fa riguardo alle competenze professionali legate alla loro posizione. Aspettative che sono cresciute in particolare nei confronti delle “competenze digitali”, come evidenziato dall’83% dei lavoratori. Sono richieste poi esperienza (75%), capacità relazionali (71%), istruzione e aggiornamento (70%).
Un cambio di atteggiamento che determina anche una modifica delle mansioni da svolgere nel concreto: per il 72% dei lavoratori oggi i requisiti professionali sono diventati più stringenti rispetto a cinque anni fa e per il 77% dei lavoratori lo saranno sempre più in futuro.
Secondo i dipendenti, però, l’aspetto più importante per la loro posizione nel prossimo futuro è costituito dall’esperienza (87%), seguita dalle capacità relazionali (82%), dalle competenze digitali (79%) e dall’istruzione e l’aggiornamento (78%).
“Quella delineata dal Randstad Workmonitor è una visione comune tra aziende e lavoratori circa la crescente importanza delle competenze professionali nel mondo del lavoro – commenta Marco Ceresa, Amministratore Delegato di Randstad Italia – Solo con una lieve divergenza: nel percepito dei dipendenti, negli ultimi cinque anni i datori di lavoro sembrano aver privilegiato lo sviluppo di competenze tecniche, specialmente quelle digitali che saranno sempre più determinanti nelle carriere del futuro, mentre nelle previsioni dei lavoratori i campi in cui investire per una maggiore specializzazione sono soprattutto l’esperienza e le capacità relazionali”.
La maggiore attenzione verso la competenza professionale è
un fenomeno comune a livello globale. Nella media dei 32 Paesi oggetto di indagine, per l’86% dei dipendenti i datori di lavoro hanno aspettative in crescita rispetto cinque anni fa, con i picchi di Brasile (93%), Cina (94%), Malesia (93%) e Spagna (91%). E questo vale in particolare per le competenze digitali, riconosciute dall’86% dei lavoratori, seguite da capacità relazionali, istruzione e aggiornamento, esperienza (con percentuali tra il 73% e il 76%).
In Italia l’importanza della competenza è riconosciuta dai lavoratori di tutte le fasce di età e di entrambi i generi. Con una differenza: donne e i giovani – i segmenti più “deboli” della forza lavoro – esprimono motivazioni inferiori e sono oggetto di minori aspettative. In queste categorie infatti è più alta l’incidenza di datori di lavoro che minimizzano le competenze (il 39% delle donne contro il 26% degli uomini; il 36% dei giovani contro il 29% degli adulti). E sempre tra queste è più alta l’incidenza di lavoratori che nel prossimo futuro prevedono mansioni meno impegnative (il 32% delle donne contro il 22% degli uomini; il 32% dei giovani contro il 23% degli adulti).
Le preoccupazioni future
La quasi totalità (96%) dei dipendenti italiani si dice pronta a fare “di tutto” per soddisfare i requisiti professionali. Ma con le variazioni subite nel corso degli ultimi cinque anni e le aspettative in crescita per il futuro, ben il 40% teme di non essere in grado di soddisfarli in tempo utile. Nel confronto internazionale, questa preoccupazione riguarda soprattutto i Paesi asiatici, in primis il Giappone (60%), seguito da Malesia, India, Cina, Hong Kong e Singapore. Ma la percentuale italiana appare rilevante, a testimonianza di un atteggiamento di timore nei confronti del futuro.
Ma chi è responsabile di assicurare che le capacità e le competenze dei dipendenti corrispondano effettivamente ai requisiti professionali? La maggior parte dei lavoratori ritiene che sia condivisa: per il 90% la responsabilità è dei datori di lavoro, per l’89%, dei dipendenti.
“Lavoratore e azienda oggi hanno compreso di concorrere in pari misura a determinare la qualità professionale – spiega Ceresa – Lo sviluppo di capacità e competenze sul posto di lavoro appare come un processo integrato che riguarda il datore di lavoro e il dipendente, che si assume in prima persona la responsabilità di garantire l’armonizzazione della propria dote di competenze alle mansioni previste per la sua posizione”.
Indici trimestrali
Paura di perdere il lavoro – Sebbene di modesta entità, la paura di perdere il lavoro è un sentimento sempre più diffuso e raggiunge oggi il 13% dei lavoratori italiani, la soglia massima degli ultimi 3 anni. Riguarda in particolare i lavoratori ultra 55enni (25%), che si distinguono per attivismo nella ricerca di un nuovo lavoro: sono il 16%, rispetto alla media generale del 12% (negli ultimi tre anni non si era mai superato il 10%).
Soddisfazione per il lavoro attuale – Gli italiani confermano scarso entusiasmo per il lavoro attuale: il 63% si dichiara soddisfatto, -6% rispetto ad un anno fa. I meno contenti sono i lavoratori più anziani, con un trend un discesa costante negli ultimi 9 mesi (oggi gli insoddisfatti sono il 21% rispetto al 10% di un anno fa).
Motivazioni personali – Il 78% dei lavoratori italiani aspira a una promozione professionale, una percentuale alta ma in calo di 8 punti negli ultimi 6 mesi. I più anziani manifestano in particolare la volontà di sperimentare un lavoro diverso (64% contro il 56% di sei mesi fa).
Fiducia nella ricerca di lavoro – La fiducia nella ricerca di lavoro è stabile fra i lavoratori italiani e si attesta a meno della metà degli intervistati, i quali confidano di poter trovare un impiego uguale o diverso dall’attuale nei prossimi 6 mesi.