I servizi finanziari e assicurativi
Nel post I dieci processi da sviluppare in chiave social secondo McKinsey abbiamo esaminato i processi organizzativi trasversali a tutti i settori di business che, se sviluppati in chiave social, potrebbero generare un valore economico pari a 1300 miliardi di dollari. Vediamo oggi invece come McKinsey analizza il potenziale social di uno specifico settore, quello dei servizi bancari e assicurativi.
Si tratta di un settore di business molto interessante. In generale, perchè rappresenta una fetta importante del valore economico social da sbloccare (fino a 423 miliardi di dollari). Più in particolare, per il fatto che il retail banking, l’attività bancaria al dettaglio, costituisce un settore strategicamente rilevante nel nostro Paese: svolge infatti un ruolo determinante, oltre che per la raccolta del risparmio e i servizi finanziari nei confronti delle famiglie, nel sostegno delle economie locali attraverso l’assistenza ai piccoli operatori. Tanto che l’attuale crollo del Pil dipende in buona misura dalla scarsità di credito fatto dalle banche alle piccole e medie imprese italiane.
Se a tutto questo si aggiungono gli strumenti anche drastici per aumentare la propria efficienza che il settore bancario sta mettendo in campo (cfr. Banche, 19mila posti a rischio, 2.700 sportelli verso la chiusura, La Repubblica, 23 agosto 2012), credo si imponga una riflessione relativa ad una modalità di creazione di valore che punti non solo sui tagli, ma anche sulla crescita consentita da un adeguato utilizzo delle Tecnologie Sociali.
Ma delimitiamo più esattamente i confini dell’analisi. Le Società che offrono servizi finanziari, intesi in senso ampio, rappresentano circa il 20 per cento del valore economico aggiunto nei Paesi sviluppati. Il rapporto McKinsey analizza tre segmenti dei servizi finanziari: retail banking, assicurazioni sulla vita e la proprietà, assicurazioni sugli infortuni. Nel loro complesso le Società che offrono questi servizi raggiungono i 6.600 miliardi dollari di fatturato annuo a livello mondiale, ovvero circa il 60 per cento del totale delle vendite del settore dei servizi finanziari. Nonostante la crisi, il mercato globale è cresciuto costantemente ad un tasso di circa il 6 per cento all’anno nell’ultimo decennio, guidato dall’espansione delle economie meno sviluppate, dove si prevede che la crescita rimarrà robusta.
Una vera sfida social
I servizi finanziari al dettaglio – che includono assicurazioni, conti correnti, prestiti, investimenti personali -rappresentano una sfida unica e offrono una preziosa prospettiva sulle potenzialità dei social media di creare valore. Poichè questi prodotti sono intangibili e spesso complessi, i consumatori hanno difficoltà a fare confronti tra le offerte, anche all’interno della stessa categoria (ad esempio, due diverse polizze casa). I consumatori non hanno sempre la piena trasparenza nei prodotti o una chiara comprensione di come funzionano. Quindi i consumatori in molti casi si affidano a un consulente (un professionista o un parente o un amico esperto) o un brand che ispira loro fiducia.
Da cosa dipende questa fiducia? Secondo le indagini McKinsey, deriva in misura rilevante dal fatto che il cliente sente parlare bene della banca o dell’assicurazione da altre persone. In altre parole, che la banca sia un marchio che sento vicino è più importante di quanto bene la banca risolve i miei problemi. La ragione per cui si cambia banca sono essenzialmente di natura emotiva: le persone intervistate da McKinsey che avevano cambiato la propria banca a favore di un istituto di credito che ispirava loro più fiducia erano pari al 22 per cento del totale (che rappresenta una percentuale superiore a quella di chi aveva dichiarato di aver cambiato per i migliori prodotti o servizi). Siamo dunque in un campo in cui il tema della Reputation, parola chiave dell’economia social, è centrale.
Non a caso il primo punto del Delphi 2.0 La rivoluzione social e le aziende (i cui risultati abbiamo presentato a fine maggio e che abbiamo sintetizzato nel post Verso la Corporate Social Identity: come ripensare strategia e modelli organizzativi per vincere la sfida del Management 2.0) recita:
“Stiamo attraversando un cambiamento che investe i dipendenti come i clienti, gli shareholder e gli stakeholder. La capacità di comprenderne la natura conversazionale e web based è essenziale per la sopravvivenza stessa delle aziende. Tale natura pone in particolare la gestione del rischio reputazionale al primo posto e quindi riporta al tema strategico.
E’ significativo che tra le metodologie cruciali per garantire al meglio la reputazione aziendale si stiano affermando con forza quelle legate al monitoraggio di contenuti apparsi sul web, sia nei siti di informazione che in blog, forum, newsgroup e social media. Tali strumenti consentono come minimo di analizzare il dibattito presente tra gli utenti della rete, allo stesso tempo mittenti e destinatari della comunicazione. Ma soprattutto si pongono così le basi per cogliere o addirittura influenzare contenuti dei media tradizionali che la rete spesso anticipa.
Secondo le ultime ricerche, nel 2010 le aziende hanno iniziato ad ascoltare desideri e bisogni degli stakeholder attraverso il “buzz” diffuso sui social network. Nel 2011, si sono concentrate sull’interazione, sulla risposta ai commenti effettuati rispetto al brand dagli interlocutori digitali.
Nel 2012, le aziende avranno bisogno di spingersi ancora più in avanti, attraverso la creazione e la condivisione di informazioni con i dipendenti e gli stakeholder influenti (“evangelist”) per supportare la definizione condivisa, anche in ottica di responsabilità sociale, dei propri marchi, prodotti e servizi”.
Le banche del resto ne sono ben consapevoli, come dimostra ad esempio il Documento sullo Stakeholder Engagement redatto da Banca Intesa (“la sempre maggiore consapevolezza dei consumatori, la pressione crescente da parte delle organizzazioni della società civile e la congiuntura economica che ha reso sempre più determinante il ruolo delle Banche richiedono un approccio strutturato al coinvolgimento degli stakeholder anche in un’ottica di gestione del rischio reputazionale”) che abbiamo analizzato in Di cosa parliamo quando parliamo di #Engagement.
Come utilizzare le Tecnologie Sociali per migliore Repution ed Engagement
Le Tecnologie Sociali offrono diversi strumenti a Banche ed Assicurazioni per lavorare su Reputation ed Engagement. Possono ad esempio fornire alle istituzioni finanziarie preziose informazioni sul comportamento e gli atteggiamenti dei consumatori per costruire una percezione positiva del marchio. Un’analisi storica dei loro comportamenti può essere utilizzata per migliorare i prezzi dei prodotti, valutare i rischi, ma anche rilevare attività fraudolente, con vantaggio sia delle istituzioni finanziarie sia dei singoli consumatori.
I Social Media sono anche un ottimo strumento per aiutare le aziende creditizie ad anticipare le esigenze future dei clienti. La domanda di molti prodotti finanziari è strettamente legata agli eventi significativi della vita come comprare una casa, cambiare lavoro o diventare genitore. I Social Network come Facebook forniscono una finestra su questi eventi, permettendo agli operatori del settore finanziario di coinvolgere i clienti in questi momenti cruciali.
In questo quadro vi sono sostanziali opportunità per le imprese che offrono servizi finanziari di migliorare il rapporto fiduciario con i clienti, che sono sempre più disposti ad interagire con i fornitori di questi servizi utilizzando piattaforme 2.0. Mentre il dialogo faccia a faccia prevale ancora in alcuni servizi, i consumatori apprezzano in misura sempre maggiore un servizio clienti virtuale ad esempio per operazioni come una richiesta di risarcimento.
Centralità delle piattaforme di collaboration per la condivisione della conoscenza
McKinsey segnala un potenziale significativo per la generazione di valore riferito ai processi di collaborazione interni alle grandi organizzazioni assicurative e bancarie, soprattutto quando si sono formate in seguito a complesse operazioni di fusione e acquisizione, con conseguenze negative in termini di efficienza operativa: strutture del personale rigidamente divise in silos organizzativi non comunicanti, processi frammentati e diversi sistemi IT spesso incompatibili fra loro. Strumenti di collaboration ben scelti e applicati in queste circostanze possono contribuire a creare organizzazioni più coese e trasparenti, agevolando lo sviluppo di processi più efficaci di condivisione della conoscenza. Si tratta di un aspetto particolarmente importante nel settore dei servizi finanziari, che si avvale di un ampio pool di lavoratori della conoscenza, quali sottoscrittori, ricercatori e agenti di vendita, la cui produttività dipende dalla disponibilità di un facile accesso alle informazioni giuste. Nelle organizzazioni multinazionali è particolarmente vantaggioso che questi strumenti possono essere utilizzati in tutti i Paesi per garantire l’allineamento dei processi, soprattutto alla luce della stretta sulla regolamentazione seguita alla crisi finanziaria.
Qualche considerazione generale e un paio di esempi
In generale, il settore dei servizi finanziari è in ritardo rispetto ad altri settori di business nell’adozione di Tecnologie Sociali. In un sondaggio del 2011 è emerso che solo il 64% delle imprese creditizie utilizzava almeno un Social Media, contro l’86% delle società operanti nell’high tech. Solo le società energetiche erano ad un livello inferiore. Mentre la maggior parte degli utilizzatori di servizi finanziari hanno una presenza articolata sul Web, sono pochi i fornitori ad avere social media strategy compiutamente definite. Nel migliore dei casi, le aziende sono state attive nell’ambito del marketing e del servizio al cliente, di solito con ben consolidate piattaforme social per raggiungere i consumatori.
Alcuni di questi player usano le loro pagine sui Social Media per attirare nuovi clienti e fidelizzare quelli esistenti avviando thread di discussione, pubblicando link a file multimediali aziendali, pubblicizzando promozioni e rispondendo ai reclami dei clienti. Vi sono poi società che stanno impiegando Tecnologie Sociali nei loro mercati B2B, in particolare per servire le piccole e medie imprese. Ad esempio, American Express si sta impegnando in maniera rilevante nel tentativo di utilizzare le Tecnologie Sociali per creare una community (architrave di qualsiasi social organization) dei proprietari di negozi al dettaglio. Una iniziativa di successo è stata quella denominata “Small Business Saturday”, lanciata nel Novembre 2011. L’azienda ha lanciato una campagna social per incoraggiare i consumatori a fare acquisti presso i negozianti al dettaglio nella propria città il Sabato successivo al giorno del Ringraziamento, ovvero subito dopo il “Venerdì nero” dello shopping, quando milioni di americani scendono nei centri commerciali segnando l’inizio della stagione delle compere natalizie. Amex ha lanciato una grande campagna pubblicitaria social su Facebook e ha anche fornito a 10.000 negozi partecipanti pubblicità gratuita su Facebook per supportare le vendite. Ha inoltre creato uno strumento per consentire ai proprietari di piccole imprese di promuovere la propria attività attraverso le reti sociali. Circa 100.000 proprietari di negozi al dettaglio hanno scaricato il materiale promozionale e, in media, c’è stato un balzo del 28 per cento delle entrate nel Sabato post-Ringraziamento rispetto al precedente esercizio. Allo Small Business Saturday hanno partecipato 103 milioni di clienti e l’operazione ha generato un aumento del 23 per cento delle transazioni compiute dai proprietari di una carta Amex.
Anche gli strumenti di comunicazione interna (cfr. HR 2.0? Una social media strategy per le risorse umane. Parte quarta: Internal Marketing e Training) e collaboration stanno guadagnando popolarità nel settore dei servizi finanziari e molti player importanti si sono dotati di strumenti software di collaborazione a livello globale. La ricerca McKinsey suggerisce che l’applicazione delle Tecnologie Sociali per la collaborazione aziendale ha il potenziale di più grande valore per il settore.
Alcune delle società più sofisticate hanno poi iniziato ad esplorare i Social Network come fonte di dati di consumo e accesso ad informazioni che non erano precedentemente disponibili o facili da ottenere. Queste informazioni, come l’età, il livello di istruzione, il corrente o precedente datore di lavoro, possono essere utilizzate per costruire un profilo di rischio più accurato e calcolare il prezzo dei premi assicurativi. Anche se solo poche realtà utilizzano le Tecnologie Sociali a questo fine, sotto questo profilo vi è un notevole potenziale ancora da sfruttare e sarà probabilmente un aspetto delle strategie social di molte aziende di credito nel prossimo futuro.
Inoltre, i Social Media hanno consentito agli operatori finanziari di creare prodotti radicalmente innovativi rispetto ai modelli operativi tradizionali. Ad esempio la Compagnia di assicurazione tedesca Friendsurance ha sviluppato un modo per incoraggiare i clienti potenziali a candidarsi per risparmiare denaro stipulando un’assicurazione di gruppo.
I risparmi derivano dal fatto che i clienti di questa categoria coprono le richieste di risarcimento di modesta entità degli altri appartenenti al gruppo, il che permette loro di beneficiare di premi più bassi e sconti sulla copertura che l’assicuratore prevede per grandi sinistri. Questo crea valore per la compagnia di assicurazione con la riduzione dei costi amministrativi di gestione dei risarcimenti di modesta entità, nonché con la diminuzione della probabilità di sinistri fraudolenti, in quanto ogni frode ricade sulle spalle dei membri del gruppo, che ovviamente vigilano per evitarle. Il sistema funziona anche perché i gruppi tendono ad essere attenti nei confronti dei membri che potrebbero essere ad alto rischio e ad escluderli dai gruppi. Infine, il modello riduce il costo delle acquisizioni di clienti. Secondo Friendsurance, i clienti arrivano in questo modo a risparmiare il 50 per cento, in media, e alcuni gruppi sono arrivati fino al 70 per cento.
Il settore marketing e vendite, insomma, appare estremamente promettente. La creazione di valore in questa area potrebbe ammontare da circa 133 miliardi dollari a 218 miliardi di dollari ogni anno a livello globale. Se l’intero valore generato dalle Tecnologie Sociali venisse catturato nel corso dei prossimi dieci anni, il settore dei servizi finanziari godrebbe di incrementi di produttività annuali tra 0,4 e 0,7 per cento. Dalla riduzione delle frodi e dall’aumento della produttività nelle operazioni di distribuzione scaturirebbe la seconda più grande fonte di valore: da circa 47 miliardi a 79 miliardi di dollari all’anno. Si stima infine che le Tecnologie Sociali potrebbero generate un valore equivalente a ben il 26 per cento in più rispetto all’attuale nelle operazioni di servizio al cliente, attraverso call center più produttivi e la riduzione dei costi per contatto cliente.
Ma riconsideriamo adesso il tutto processo per processo.
Sviluppo dei prodotti
Nel settore dei servizi finanziari è possibile utilizzare le Tecnologie Sociali per lo sviluppo dei prodotti in svariati modi. In primo luogo, team dedicati possono monitorare le comunità digitali dove i consumatori condividono opinioni e punti di vista, che sono preziosissimi per la messa a punto di prodotti e servizi. Possono anche sollecitare il feedback dei consumatori direttamente attraverso i social media e “arruolare” i clienti fin nella fase di co-creazione di nuove idee. Diverse società finanziarie hanno sfruttato con successo i suggerimenti dei consumatori espressi tramite le reti sociali e hanno utilizzato il crowdsourcing per sviluppare idee, come applicazioni per iPhone e iPad, soluzioni di mobile banking e sistemi di pagamento mobile o peer-to-peer (come il celebre Paypal).
Le piattaforme interne di collaboration facilitano poi enormemente, aumentandone significativamente efficienza e produttività, il lavoro di team dispersi geograficamente in tutto il mondo. Secondo McKinsey l’implementazione del processo di sviluppo dei prodotti in chiave social potrebbe generare fino a 8 miliardi di dollari di valore a livello globale.
Un buon esempio di come utilizzare la presenza sui Social Network per costruire connessioni con i clienti e generare nuove idee di prodotto è offerto dalla danese Danske Bank. Per dimostrare che si trattava di un diverso tipo di banca -una banca che veramente ascolta i clienti – nel 2011 Danske Bank ha lanciato una pagina Facebook chiamata Idebank (“banca delle idee”). Su Idebank, la banca ha ottenuto numerose indicazioni per la creazione di nuovi prodotti da parte dei clienti, che hanno anche commentato idee altrui e fornito suggerimenti per il miglioramento dei prodotti attuali. Grazie ai suggerimenti dei consumatori sono state realizzate le applicazioni mobili Danske per telefono e iPad, ma soprattutto la banca ha adottato molte raccomandazioni per cambiamenti di mutui e altri prestiti. Idebank è un progetto in corso, in continua crescita (cfr. Christophe Langlois, “Danske Bank launches Idebank 2.0 and invites their Facebook fans to help them improve mortgages & housing,” Visible Banking, May 17, 2011) .
Operations
Le Operations (ovvero l’insieme di transazioni quotidiane relative a prestiti, mutui, investimenti, eccetera) rappresentano una quota significativa del costo totale per banche e compagnie di assicurazione. Come è già stato rilevato sopra, le Tecnologie Sociali possono contribuire a migliorare la collaborazione (e aumentare la produttività) in reti molto disperse geograficamente. In questo caso le banche e le compagnie di assicurazione possono trasmettere informazioni pertinenti e coerenti agli impiegati e agli agenti che utilizzano i Social Media. In particolare, gli esperti dei diversi settori possono dare risposte affidabili a tutti coloro che affrontano un medesimo problema, ovunque essi si trovino. Le piattaforme di collaboration, in altre parole, da una parte consentono che la conoscenza tacita così esplicitata possa essere messa in circolo, riutilizzata e modificata in base a specifiche esigenze; dall’altra, aumentano in modo significativo la capacità di ciascun esperto di affrontare il flusso quotidiano di domande su prestiti o prodotti assicurativi cui si deve rispondere per completare una transazione. Inoltre, le funzioni di valutazione e di commento consentono ai dipendenti di ordinare i consigli in base alla pertinenza e alla qualità, così come di inviare i loro suggerimenti sul tema. Più in generale, le analisi di McKinsey confermano quanto sia decisiva la trasformazione delle tradizionali famiglie professionali in learning community, descritta in HR 2.0? Una social media strategy per le risorse umane. Parte settima.Dalla famiglia professionale alla learning community
Particolare interesse per gli assicuratori danni e infortuni riveste poi il Social Graph come strumento nella lotta contro la frode. Cosa è il Social Graph? Per capirlo, occorre ricordare che, in termini sociologici, una rete sociale (anche offline) è una struttura di relazioni composte da individui e/o organizzazioni che sono chiamati nodi. Il Social Graph è la rappresentazione grafica dei legami che si creano tra i nodi in una rete di relazioni sociali, del modo in cui ogni soggetto (nodo) comunica e si scambia informazioni con gli altri nodi. La rappresentazione grafica delle relazioni sociali è importante per valutare il capitale sociale ovvero l’insieme delle risorse potenziali incorporate nelle reti relazionali degli individui (Personigramma nel linguaggio dello Humanistic Management). E’ evidente la centralità di questi strumenti per lo sviluppo di una social media strategy per le risorse umane. Nel contesto delle Operations, gli assicuratori possono utilizzare le informazioni ricorrenti fornite sui social network direttamente da persone che abbiano presentato richieste di risarcimento rispetto alle loro relazioni con altri co-richiedenti e sugli eventi che hanno portato ad una specifica richiesta.
Ad esempio, Liverpool Victoria, un assicuratore britannico, ha utilizzato Internet per raccogliere informazioni su un gruppo di passeggeri che avevano fatto richiesta di risarcimento per un colpo di frusta subito in seguito ad un incidente d’autobus. Indagando sui Social Media, Liverpool Victoria ha scoperto le connessioni tra i ricorrenti e l’autista del bus, scoprendo la truffa e facendo risparmiare alla società £250,000
(cfr. Sam Barrett, “Insurance & social media: To tweet or not to tweet”, Postonline.com, July 5, 2011).
Secondo lo studio McKinsey, anche le banche possono utilizzare il grafico sociale ad esempio per affinare le condizioni di sottoscrizione di un prestito e, in ultima analisi, ridurre valori predefiniti. Alcune grandi banche starebbero cominciando a sperimentare questi nuovi strumenti. Ma sono soprattutto le nuove start-up ad andare in questa direzione, sviluppando algoritmi basati sui dati online in grado di verificare rapidamente la solvibilità della persona richiedente un finanziamento e la sua effettiva volontà di rimborsare il prestito, ad esempio attingendo dai dati a disposizione sui Social Network riferiti ai comportamenti di shopping o gioco d’azzardo online. Non solo. Ulteriori algoritmi sviluppati ad hoc possono migliorare significativamente i dati già disponibili su Internet; la risultante dai riferimenti incrociati fra i profili standard di identità e i comportamenti descritti dal grafico sociale fornisce interessanti indicazioni sul comportamento finanziario di un potenziale cliente e sulla sua eventuale insolvibilità.
Illuminante il caso di Wonga, una start-up che ha sviluppato un algoritmo per supportare la sua azione di microcredito che combina i dati provenienti dai Social Network con altre informazioni disponibili sui clienti. In pratica, i clienti che fanno richiesta di un prestito sul sito Web Wonga sono guidati attraverso una serie di domande. Con le risposte viene costruito un record di 30 item costituiti da informazioni molto semplici. Queste informazioni vengono verificate con i dati che riguardano il richiedente provenienti da circa 8.000 siti Web. In questo modo Wonga ha ridotto il tasso di default dal 50 per cento nelle prime settimane di funzionamento nel mercato del credito a più alto rischio (cfr. “Go figure: A new class of Internet start-ups is trying to turn data into money”, The Economist, March 17, 2011).
Marketing e vendite
Marketing e vendite assorbono circa il 15 per cento dei costi delle imprese bancarie e assicurative. Queste istituzioni spendono centinaia di dollari per acquisire nuovi clienti. Le società emittenti di carte di credito investono miliardi di dollari ogni anno in pubblicità sia diretta per corrispondenza e sia di tipo mass-market. Le Tecnologie Sociali hanno un grande potenziale per rendere questa spesa più produttiva, in particolare per l’acquisizione di clienti, poichè possono raggiungerne un numero elevato in modo meno invasivo e più efficace.
McKinsey stima che l’uso di Tecnologie Sociali possa ridurre il costo di acquisizione di un cliente di ben il 30 per cento, pari a un aumento del margine dello 0,5 per cento per cliente, considerando il settore dei servizi finanziari nel suo complesso. Si stima che l’uso rigoroso delle Tecnologie Sociali possa generare un valore equivalente al 24 per cento dei costi di marketing e di acquisizione di nuovi clienti, anche se questo risultato dipende da molti fattori, tra cui l’esecuzione efficace, il che comporta lo sviluppo di solide competenze 2.0 interne all’organizzazione (cfr. HR 2.0? Una social media strategy per le risorse umane. Parte quinta: Training The Company).
Le aziende che forniscono servizi finanziari possono anche usare i Social Media per sviluppare migliori conoscenze sui clienti potenziali e valutare in che modo rendersi più attrattive. Utilizzando i dati provenienti dalle reti sociali, una impresa bancaria o assicurativa è in grado di acquisire i suggerimenti dei consumatori in modo più efficiente e più accurato (dato il maggior volume di dati) rispetto ai focus group tradizionali. La start-up Movenbank (fondata dall’autore del libro e del blog Bank 2.0, Brett King), per esempio, richiede ai consumatori di avere un account Twitter o Facebook, nonché un numero di cellulare, per potersi registrare al suo sito Web. In cambio, offre un sistema di engagement del cliente veramente unico. Questo modello consente a Movenbank non solo di raccogliere dati comportamentali più significativi rispetto alle banche tradizionali, ma anche di ridurre sensibilmente i costi di acquisizione dei clienti.
Così è descritta questa case history in un post pubblicato su Aziendabanca il 16/01/2012: “Dopo Google Wallet, Square, PayPal e altre iniziative emergenti nell’ambito dei mobile payments, è arrivato anche l’annuncio di una nuova banca completamente “senza carte”. Movenbank, “the world’s first everyday cardless bank”, ha lanciato il sito alpha. È un nuovo modello di banca on line, che utilizza le tecnologie social, mobile e segue il trend della gamification. Movenbank, che ha sede a New York, ha creato un ecosistema denominato CRED, che usa una combinazione di mobile technology, social media e teoria comportamentale dei giochi, per seguire il consumatore nel risparmio e nelle spese, aiutandolo a vivere in modo più intelligente le proprie finanze attraverso un sistema di ricompensa. Una volta compilato un breve quiz sulla personalità, Movebank riconosce i comportamenti positivi e premia con un badge o un CRED il consumatore al fine di aiutarlo a raggiungere un obiettivo di risparmio, oppure per pagare delle fatture in sospeso, od ancora usare l’App Movenbank per pagare un taxi o per fare beneficenza. Viene dato molto peso all’aspetto sociale, infatti se, sui social network, consigli Movenbank ai tuoi amici, il punteggio CRED sarà influenzato positivamente. Inoltre, nella versione Alpha del CRED, si potrà comparare la propria personalità finanziaria con quella degli amici. Movenbank, dunque, non rilascia alcuna carta di credito o debito, ma utilizza la tecnologia NFC. In principio sarà disponibile sui telefoni Android, ma presto si rivolgerà anche alla piattaforma Nokia/ Microsoft, oltre che ai dispositivi RIM”.
Come dicevamo, l’acquisizione di nuovi clienti rappresenta un costo imponente per le società di servizi finanziari. In genere, le banche spendono tra $ 70 e $ 300 per acquistare un nuovo depositante o per convincere un cliente ad acquisire una nuova carta di credito. E mentre i costi sono elevati, i risultati spesso sono deludenti. I ricercatori hanno dimostrato che il direct mailing di massa ha una bassissima efficacia. Inoltre, c’è il rischio di sbagliare nella selezione: i consumatori meno affidabili hanno maggiori probabilità di rispondere all’offerta di una nuova carta di credito o di un prestito, il che riduce la redditività di una campagna di marketing. Utilizzando i Social Media in modalità avanzata, ovvero grazie all’individuazione dei dati dei clienti ottenuti con una strategia di marketing relazionale, le banche possono raggiungere le persone con offerte mirate alle loro specifiche esigenze (ad esempio, un mutuo per una casa nuova). Inoltre, i dati aggiuntivi possono migliorare le previsioni relative all’affidabilità del singolo cliente per un particolare prodotto finanziario. Le aziende possono così migliorare l’efficienza non inviando offerte a i clienti che probabilmente non risponderebbero e utilizzando quanto così risparmiato per campagne di marketing più efficaci.
L’abitudine ormai consolidata da parte di molte persone di rendere pubblici gli eventi della propria vita si tramuta in una opportunità di vendita nel settore dei servizi finanziari. Ad esempio, con la nascita di un bambino, i nuovi genitori spesso stipulano i loro primi contratti di assicurazione vita, la prima auto pone la necessità della relativa assicurazione, il primo lavoro necessita di un conto corrente bancario. Non solo. I consumatori che interagiscono molto tra di loro e condividono interessi sono spesso nella stessa fase di vita, consentendo alle istituzioni finanziarie di proiettare le opportunità di vendita attraverso le connessioni createsi sui Social Network. La carta di credito Citi, per esempio, nel 2009 puntò sui sentimenti filantropici dei propri clienti connessi in rete per acquisirne di nuovi con il programma “Make a Difference, One Friend at a Time”. Per ogni nuovo richiedente della carta presentato da un cliente appartenente ad un gruppo Facebook creato ad hoc, Citi Bank ha accettato di donare 50 dollari ad un ente di beneficenza scelto dal titolare della carta. Citi afferma che le donazioni costano molto meno e sono molto più efficaci della pubblicità attraverso i mass media, su internet o tramite direct mail. Per inciso, questo mi sembra un modo concreto per sviluppare un rapporto proficuo fra profit e non profit utilizzando un approccio social, invece che perdere tempo in inutili discussioni nominalistiche sul copyright di termini quali social business o social enterprise (cfr. I buoi fuori dal recinto).
Date le caratteristiche demografiche dei primi utenti dei Social Network, il social media marketing è stato particolarmente utile per le banche che puntano ad attirare i giovani adulti. Si tratta di un target assai ricercato, poichè convincere i clienti più anziani a cambiare banca è molto costoso. Wells Fargo è stato un pioniere in termini di orientamento verso clienti potenziali nella fascia demografica 16-24 anni con Stagecoach Island, un gioco online realizzato in Second Life che intreccia messaggi relativi alfabetizzazione finanziaria e la gestione del denaro. Stagecoach Island ha aiutato Wells Fargo ad acquisire decine di migliaia di indirizzi e-mail di giovani clienti potenziali. Dal suo lancio nel 2005, l’adesione è cresciuta con percentuali a due cifre per ogni anno.
Da parte sua, Common Wealth Credit Union, con sede in Alberta, Canada, ha lanciato un concorso su diversi Social Media per trovare un portavoce che avesse meno di 25 anni per i suoi prodotti bancari. La campagna ha prodotto due milioni di visite, 2.300 nuovi conti e circa $ 3,9 milioni di nuovi depositi. Sfruttare le Tecnologie Sociali in questi modi per migliorare le attività di marketing equivale ad una creazione di valore superiore al 20 per cento del costo di una campagna di marketing.
Alle imprese di credito il social commerce, che fornisce i tradizionali servizi bancari attraverso piattaforme social, offre un’altra opportunità. La disponibilità dei consumatori a connettersi a questo tipo di piattaforme è cresciuta nel corso degli ultimi anni. Nel 2008, un sondaggio su un gruppo di utenti Facebook ha rilevato che solo il 14 per cento era aperto all’idea di utilizzare servizi bancari su una piattaforma social; nel 2012, la percentuale è salita al 24 percento. Secondo comScore, il numero di clienti che hanno visitato la top ten dei siti di online banking è passato da circa 40 milioni di persone nel 2006 a oltre 58 milioni nel 2010. Quasi il 60 per cento di utenti Internet degli Stati Uniti ha visitato almeno uno dei 20 migliori siti web delle istituzioni finanziarie ogni trimestre nel 2010.
Una delle più grandi banche dell’India, ICICI, ha recentemente lanciato “Il tuo conto bancario”, un Social Network che consente ai clienti di ricevere servizi normalmente fruibili solo in agenzia, come ad esempio la richiesta di assegni. Nei primi tre mesi dopo il lancio, l’applicazione è stata utilizzata da 60.000 clienti.
Va segnalato infine il caso di Barclaycard US, che ha cominciato ad applicare tecniche di gamification per lanciare sul mercato, in partnership con MasterCard, “Ring”, una nuova carta di credito “social”, nel duplice senso indicato nei post Creatività, social innovation, social learning e Verso la Corporate Social Identity: come ripensare strategia e modelli organizzativi per vincere la sfida del Management 2.0. Con la carta, la società ha infatti anche lanciato “Ring Barclaycard”, una community di titolari di carta. I soci ricevono incentivi per condividere suggerimenti e idee per migliorare le caratteristiche della carta di credito, ma possono contribuire al programma di beneficenza Giveback.
Servizio al cliente
Le istituzioni finanziarie contano sulla soddisfazione dei clienti per averne in cambio la fedeltà. Ora, sia i prodotti bancari che quelli assicurativi hanno alcune peculiarità: sono intangibili; sono utilizzati per molti anni; non sono completamente consegnati presso il punto di vendita, ma si evolvono nel tempo (ad esempio, titoli e conti di risparmio, saldi di polizze assicurative). Come conseguenza, i servizi offerti dopo l’acquisto iniziale diventano un fattore importante nel determinare la soddisfazione complessiva nei confronti del marchio.
In questo quadro, le Tecnologie Sociali possono significativamente migliorare il servizio clienti in due modi. In primo luogo, le istituzioni finanziarie possono offrire una gamma più ampia di canali di servizio clienti aggiungendo a quelli tradizionali i Social Media. Inoltre, alcune tipologie di servizio al cliente possono essere realizzate trasferendole dai call center ai Social Media, fornendo una migliore qualità in tempi più brevi. Fra l’altro, le banche e le assicurazioni hanno registrato significativi risparmi sui costi per contatto cliente usando i Social Media invece dei call center tradizionali, pur mantenendo livelli di servizio comparabili. Il Social Media permette infine ad un istituto di credito di agire in base al feedback dei clienti nei modi più vari, dal mettere a frutto idee per nuovi prodotti al miglioramento dell’informativa su un prodotto prima dell’acquisto.
In un senso più ampio, le Tecnologie Sociali possono migliorare l’intero processo di relazione con il cliente. Per le società che offrono servizi finanziari è essenziale il mantenimento di un rapporto che duri nel tempo con i clienti: molti clienti che acquistano prodotti bancari e assicurativi tornano poi dagli stessi agenti di vendita, quando sorgono ulteriori necessità. Le Tecnologie Sociali possono contribuire a cementare i rapporti e migliorare il tradizionale CRM (customer relationship management). Il software CRM è progettato per gestire tutte le interazioni con i clienti esistenti e potenziali. Se applicate correttamente, le Tecnologie Sociali possono fornire alternative economicamente efficienti ed efficaci o miglioramenti agli strumenti di CRM tradizionali. Dato che i consumatori sono sempre più presenti sui social newtwork, il CRM deve gestire il rapporto con il cliente anche in chiave 2.0. USAA è uno degli assicuratori che utilizza più punti di contatto social per migliorare le funzionalità di CRM.
La Texas United Services Automobile Association (USAA) pone infatti il servizio clienti online e attraverso le Tecnologie Sociali come pilastro della sua strategia. Ad esempio USAA sta usando i suggerimenti proposti dai membri per migliorare l’esperienza del cliente sul sito Web USAA.com: una nuova funzione online che consente agli utenti di selezionare le opzioni di rinnovo e una applicazione per iPhone per i controlli di deposito sono stati sviluppati in base al feedback dei clienti. Ma, soprattutto, i clienti esistenti partecipano attivamente fornendo essi stessi assistenza ad altri clienti. Storie di casi autentici e testimonianze da parte dei clienti sul sito Web USAA potenziate dalle sue attività di social networking aiutano i clienti a prendere decisioni più informate prima di aprire un nuovo account o accettare un nuovo servizio. Queste iniziative hanno contribuito a rendere eccellente USAA nella customer advocacy, ovvero nella capacità di dimostrare empatia e competenza nell’interazione con i clienti generando clienti che non solo acquistano, ma diffondono feedback positivo a proposito dell’azienda: in particolare USAA è al top nella Ricerca Forrester Customer Advocacy Reports 2007–12.
Collaborazione a livello aziendale
Gran parte dei lavoratori nelle imprese bancarie e assicurative devono interagire fra di loro in condizioni difficili: si trovano ad operare in organizzazioni con complesse reti di filiali, dovendo gestire Operations (vedi sopra) con standard internazionali, rispondendo a più livelli gerarchici. La loro produttività ha ampi margini di miglioramento attraverso una migliore comunicazione e collaborazione. In particolare, collegando personale centrale e locale, attraverso i Social Network, utilizzando piattaforme di Enterprise 2.0 tramite cui accedere alle informazioni e comunicare, collaborando con strumenti sociali, si potrebbe migliorare la produttività dei colletti bianchi di banche e assicurazioni di ben il 25 per cento, che corrisponde dal 6 all’8 per cento del totale dei costi del personale e a un potenziale miglioramento del margine globale dal 3 al 5 per cento.
TD Bank ha implementato un sistema di comunicazione 2.0 che ne ha migliorato notevolmente la produttività. Con 85.000 dipendenti in tutto il mondo e numerose recenti acquisizioni, il canadese TD Bank Group ha affrontato una sfida: fare crescere la propria organizzazione in modo sempre più connesso e più collaborativo, rendendo tutti i dipendenti più coinvolti (engaged). Lo ha fatto dotandosi di un Social Media interno. Lanciato nel novembre 2011, in Canada, poi esteso agli Stati Uniti nel gennaio 2012, la piattaforma social aziendale ha già più di 4.000 comunità e migliaia di blog e wiki. I dipendenti TD lo utilizzano per comunicare con i membri dei team cui appartengono, condividendo le conoscenze e le informazioni, scambiandosi consigli e collaborando su specifici progetti. Avendo profilato migliaia di dipendenti, la ricerca di esperti con conoscenze rilevanti o skills peculiari è enormemente facilitata. TD ha inoltre migliorato l’efficienza diminuendo il numero di telefonate, meeting ed e-mail indesiderate (le catene infinite di informazioni ripetitive, lunghe dissertazioni e innumerevoli allegati). Cosa ancora più importante, il social network consente la gestione attraverso un nuovo stile di leadership
(cfr. La social organization – parte quarta e La social organization – parte quinta).
I Dirigenti distrettuali più anziani, per esempio, mantengono un contatto costante con vendite e customer service team, sostenendoli attraverso una quotidiana azione di coaching, motivazione e conduzione. Ogni team leader è responsabile di un numero che va dalle 10 alle 15 filiali e la tecnologia sociale gli offre uno strumento facile e naturale per rimanere in contatto. In precedenza, gran parte delle comunicazioni di servizio erano filtrate attraverso il branch manager via e-mail, riunioni o chiamate in conference call. Ora le comunicazioni sono dirette e immediate, grazie agli aggiornamenti di stato e ai messaggi in bacheca elettronica che i membri di ciascun gruppo possono vedere subito.
Nel settore dei servizi finanziari, i cui istituti hanno la necessità di reperire un elevato numero di lavoratori altamente qualificati, anche le attività di selezione e recruiting possono beneficiare delle Tecnologie Sociali (cfr. HR 2.0? Una social media strategy per le risorse umane. Parte prima: Introduzione ed Employer Branding, HR 2.0? Una Social Media Strategy per le risorse umane. Parte seconda: Recruiting, HR 2.0? Una social media strategy per le risorse umane. Parte terza: Screening). Secondo McKinsey, le imprese del settore che hanno utilizzato i social network per individuare e assumere i candidati hanno ridotto i costi fino al 40 per cento.
Il valore del cambiamento
Nel breve e medio termine, i grandi player bancari e assicurativi possono ottenere una quota significativa del valore creato dalle Tecnologie Sociali sotto forma di margini di guadagno, anche perchè i costi del passaggio a piattaforme di Enterprise 2.0 ad alto contenuto per i servizi finanziari sono bassi. Inoltre, poichè i consumatori giovani che entrano ora nel mercato e i consumatori alla ricerca di nuovi prodotti finanziari potranno beneficiare di prezzi più bassi e del miglioramento dei servizi offerti da aziende che hanno integrato con successo le Tecnologie Sociali, nel lungo termine ci si aspetta di vedere un graduale spostamento del surplus di valore creato a beneficio del consumatore.
Come abbiamo visto, poi, un altro gruppo di operatori sta iniziando a catturare il valore della tecnologia sociale: creatori di nuovi modelli di business aziendali e di servizi finanziari innovativi. Start-up come Wonga, Lending Stream e Zest Cash hanno il potenziale per sottrarre quote di mercato e parte dei profitti a banche e assicurazioni tradizionali, con modelli di prestito basati sulla ricchezza di dati ricavabili dai Social Media e algoritmi sofisticati per analizzarla.
Altre realtà che lavorano sul concetto di “prestito sociale” (social lending) come Zopa stanno infine sfruttando la potenza della comunità online per fornire servizi finanziari in modo nuovo. Zopa, con sede nel Regno Unito, e comunità simili, come Prosper negli Stati Uniti e Smava in Germania, permettono ai membri di prestare e prendere in prestito il denaro all’interno del gruppo, aggirando le banche tradizionali. L’idea di base è che i consumatori possono ottenere tassi migliori, perché il prestito sociale è più efficiente rispetto ai tradizionali prestiti bancari, che deve coprire costi generali significativi e deve garantire un ritorno agli azionisti.
Un’altra idea potenzialmente dirompente è quella di chi sta usando l’intelligenza collettiva di una base di clienti in rete per generare consulenza finanziaria. In Svezia, un giornale ha invitato i proprietari di abitazioni a pubblicare i loro tassi ipotecari su un database online, insieme alle informazioni sulle loro banche e sui luoghi di residenza. Più di 25.000 persone hanno fornito dati, dando ad altri consumatori le informazioni necessarie per negoziare prezzi migliori. Molte persone hanno realizzato per la prima volta che i tassi dei mutui non sono definitivi e che si possono sempre rinegoziare.
Fattori abilitanti e barriere
Nell’ambito dei servizi finanziari una serie di ostacoli impediscono la piena adozione dei Social Media. In primo luogo i Social Media complicano il problema della conformità (compliance). Banche e assicurazioni devono documentare il modo in cui rispettano le norme di legge, ad esempio rispetto all’informativa obbligatoria circa i propri prodotti, che è strettamente regolamentata e spesso richiede una prolissa documentazione sui rischi di investimento. Come risultato, le questioni regolamentari costituiscono un ostacolo rilevante all’adozione delle Tecnologie Sociali. Secondo un recente sondaggio (Social media: Catching up with the banks, MHP Communications survey, London, 2011), circa il 50 per cento delle banche globali intervistate cita gli ostacoli normativi come uno dei maggiori deterrenti nel passaggio alle Tecnologie Sociali.
I player in questo mercato avranno dunque bisogno di investire in soluzioni tecnologiche e processi che consentano loro di utilizzare le Tecnologie Sociali nel rispetto della normativa di riferimento. Che questo sia possibile lo dimostra il caso di Farmers Insurance Group, la cui attività si basa su agenti indipendenti incaricati di vendere prodotti, altamente regolamentati, in particolare attraverso severe restrizioni su come al venditore è consentito promuovere le offerte. Gli agenti hanno subito capito che avrebbero potuto usare Social Network come Facebook e altri per costruire relazioni di business, garantendo al tempo stesso la qualità e la conformità con i requisiti normativi. Per affrontare questa sfida, è stato implementato a livello aziendale uno strumento di social networking che permette di monitorare le attività sui Social Media degli agenti e avere un database di tutte comunicazioni effettuate in rete, come le linee guida normative richiedono. La società forma gli agenti al corretto utilizzo dei social media e all’esecuzione delle migliori pratiche di conformità anche attraverso un’area di contenuti online, che vanno dagli articoli specializzati ai video aziendali. E’ evidente poi che soprattutto in questo caso è essenziale la redazione e la diffusione di una adeguata social media policy. Farmers Insurance è riuscita a fornire a 4.000 agenti una presenza su Facebook nelle prime quattro settimane dall’avvio della piattaforma. Ha quindi utilizzato le reti dei suoi agenti come base per una promozione importante sul sito del gioco FarmVille, con la conseguente acquisizione di oltre due milioni di fan su Facebook in meno di 12 ore.
Ma il punto veramente critico per banche e assicurazioni sta nella scarsa propensione ad abbattere le barriere organizzative che impediscono l’uso produttivo delle Tecnologie Sociali. Data la loro dimensione e le loro strutture complesse, i grandi operatori globali bancari e assicurativi non sono in grado di passare rapidamente a nuovi modelli operativi che consentono loro di sfruttare i vantaggi di produttività offerti dalle Tecnologie Sociali. Fino ad ora, la maggior parte di queste istituzioni ha limitato gli investimenti in tecnologia sociale alle funzioni di marketing e non ha tentato di implementare applicazioni collaborative o di comunicazione interna su piattaforme di Enterprise 2.0 su larga scala. Per definizione, le imprese bancarie e assicurative hanno una cultura della riservatezza e discrezione che è essenziale per la natura stessa del business. Tuttavia, start-up innovative come Movenbank e Zopa dimostrano che anche le più grandi istituzioni possono lavorare in modalità 2.0 su tutti i processi organizzativi, se accettano la sfida del cambiamento culturale e organizzativo.
Addendum: la situazione in Italia secondo il terzo rapporto Osscom
I dati dell’ultimo rapporto dell’Osservatorio dell’Università Cattolica (che misura la presenza e l’attività delle aziende del settore sui principali Social Media, ma non dice nulla circa le attività di collaboration interne) confermano che anche in Italia banche e assicurazioni sono piuttosto fredde nei confronti del Web 2.0.
Dei 28 istituti selezionati, solo 15 sono presenti (in maniera peraltro piuttosto banale) su almeno un Social Network e si registra uno scarso uso dei blog (anche se, sotto questo profilo, va segnalato il recente esordio di CheFuturo! Senza entrare nel merito del progetto editoriale, sicuramente perfettibile, il blog firmato da Riccardo Luna “empowered by” CheBanca! potrebbe segnare una positiva inversione di tendenza). Naturalmente le realtà più attive sono quelle online come WeBank, Ing Direct e Genialloyod, mentre è il Monte Paschi di Siena quello più performante fra gli istituti tradizionali.
La nota positiva viene dal fatto che, sia pure in un panorama piuttosto grigio, si avverte la tendenza a sviluppare una strategia multimediale e crossmediale, che fa sperare in uno sviluppo futuro ben indirizzato.