La policy, pietra angolare della HR Social Media Strategy
Come dicevamo già in La rivoluzione social e le aziende: il problema della policy, pietra di paragone di qualsiasi strategia di HR 2.0 è la policy aziendale per l’uso dei social media.
Policy che appare tanto più necessaria, quanto più si considera l’incredibile balzo in avanti che le aziende hanno fatto nel corso dell’ultimo anno per quanto riguarda l’uso dei social media.
Secondo i recentissimi dati Burson-Marsteller, dallo scorso anno le aziende che hanno utilizzato un branded channel di YouTube per comunicare sono cresciute del 39%, raggiungendo una penetrazione del 79% tra le aziende della classifica Fortune Global 100.
L’87% di queste ha utilizzato almeno una delle maggiori piattaforme social come Twitter, Facebook, YouTube e, per la prima volta incluse nello studio, Google Plus e Pinterest, segno del crescente impegno sul fronte della produzione dei contenuti da condividere. Riguardo a YouTube, i canali aziendali hanno in media due milioni di views e 1.669 iscritti.
Twitter invece si conferma come la piattaforma più popolare per comunicare sia per le aziende (lo usa l’82%) che tra il pubblico, visto che in media ogni azienda è stata menzionata 55.970 volte e ha 14.709 follower, triplicati rispetto allo scorso anno. Su Facebook la media dei like per le pagine corporate è cresciuta del 275% dal 2010, raggiungendo quota 152.646.
Questi dati impressionanti confermano la necessità di sviluppare una coerente strategia di Management 2.0 che preveda specifiche linee guida per l’utilizzo dei social media da parte dei dipendenti.
Tuttavia anche le imprese più impegnate nella realizzazione di modelli di Enterprise 2.0 ancora su questo punto hanno spesso le idee confuse. Così scrive David F. Carr, editor di The BrainYard, nel numero di luglio 2012:
“Lo scopo di una social media policy è di massimizzare le possibilità che l’esposizione aziendale sui social media sia efficace, accentuando gli elementi di positività ed eliminando gli elementi di potenziale negatività. Questo comporta la redazione di linee guida per l’uso personale dei social media da parte dei dipendenti, nella misura in cui i suoi effetti si riflettono sull’organizzazione di appartenenza”.
Ad un livello più basico, prosegue Carr, è una buona idea avere regole che definiscano chi può creare un account o una pagina su un social media e chi può scrivervi dei post. E’ importante anche specificare quali strumenti usare ad esempio per monitorare le conversazioni online o quale è il flusso autorizzativo che porta a pubblicare materiali ufficiali in Rete. Ma la maggior parte delle organizzazioni sottostima la sua esposizione online e trascura la possibilità di utilizzare strumenti avanzati che dovrebbero fare parte integrante dalla propria social media policy come ad esempio l’Employee Insight realizzato da Dachis Group, che consente di verificare quali dipendenti stanno difendendo o promuovendo l’azienda in Internet.
Elementi base di una Social Media Policy
Cominciamo allora, sempre seguendo le indicazioni degli esperti di Radian6, con il ricordare che una policy è molto diversa da una guida all’uso dei social media. Sebbene una familiarità diffusa con le migliori pratiche del web 2.0 sia importante per una impresa che voglia divenire una social organization, la capacità di utilizzare al meglio Twitter o Foursquare (vedi su questo il post Training the Company), è da tenere ben distinta dalla conoscenza delle regole generali aziendali che presiedono il rapporto di ogni individuo in quanto dipendente con tutti i diversi strumenti Web 2.0.
Premesso che è opportuna una dichiarazione introduttiva in cui si ricordi che le linee guida già esistenti riferite ai corretti comportamenti aziendali (Codice Etico, Carta dei Principi, e via dicendo) si applicano anche ai social media, da un punto di vista formale gli elementi costitutivi di una Social Media Policy sono:
Il rispetto del diritto d’autore e dalle leggi sul Copyright
L’obbligo alla riservatezza delle informazioni proprietarie o interne
Il divieto di incitamento all’odio etnico, razziale, religioso, ecc.
Il mantenimento della chiara distinzione fra opinioni personali e dichiarazioni rese a nome dell’organizzazione di appartenenza.
Identificare con chiarezza lo scopo della policy e la sua conformità alla cultura aziendale
Una volta definito l’indice degli argomenti base da sviluppare (avendolo anche verificato con un esperto legale per il fine tuning rispetto alle specificità di ogni singola organizzazione, nonchè alla legislazione vigente nei diversi Paesi) cerchiamo di entrare più approfonditamente nei contenuti. In primo luogo è essenziale definire con chiarezza l’ambito di applicazione e gli obiettivi che si propone la policy con riferimento al principio fondativo di ogni social organization: l’apertura dei confini organizzativi. Come fa ad esempio Nordstrom:
“We encourage approved employees to use social networking/media (Twitter, Facebook, Nordstrom.com, etc.) as a way to connect with customers and others during working hours. While social networking is fun and valuable, there are some risks you should keep in mind when using these tools. In the social media world, the lines are blurred between what is public or private, personal or professional. We’ve created these social networking/media guidelines for you to follow when representing Nordstrom—in the virtual world”.
Quindi è bene che venga ribadita la coerenza della policy con i valori aziendali ed il fatto che i social media devono servire a veicolarli. Così esordisce ad esempio la social media policy di Coca Cola:
“The vision of the Company to achieve sustainable growth online and offline is guided by certain shared values that we live by as an organization and as individuals:
LEADERSHIP: The courage to shape a better future;
COLLABORATION: Leveraging our collective genius;
INTEGRITY: Being real;
ACCOUNTABILITY: Recognizing that if it is to be, it’s up to me;
PASSION: Showing commitment in heart and mind;
DIVERSITY: Being as inclusive as our brands; and
QUALITY: Ensuring what we do, we do well”.
Anche IBM si orienta in modo simile nell’incipit del documento IBM Social Computing Guidelines. Blogs, wikis, social networks, virtual worlds and social media.
Come si vede da questi esempi, la chiarezza dei contenuti è anche legata alla semplicità della forma. Scrivere in un italiano semplice e non nell’aziendalese burocratico tipico di moltissimi documenti organizzativi, specie se con un qualche valore legale, è essenziale.
Poi è ovvio che lo specifico tone of voice dipenderà dalla cultura aziendale, che può essere molto o poco formale in relazione alla sua storia, alla sua composizione socio-anagrafica, alle sue dimensioni, al settore di business in cui opera, eccetera.
Ricordare ai dipendenti la responsabilità delle proprie azioni
A questo punto va ricordato che ciascuno è direttamente responsabile dei comportamenti adottati sui social media, senza tuttavia terrorizzare nessuno e anzi incoraggiando al loro uso (vedi sopra l’incipit scelto da Nordstrom: “We encourage employees to use social media”) e dando chiare indicazioni di quali sono i referenti aziendali per sciogliere eventuali dubbi di comportamento. Occorre insomma essere coerenti con la fondamentale eticità di ogni comportamento aziendale, a tutti i livelli, che tipicamente connota una social organization. IBM ad esempio pone la cosa in questi termini:
“Use your best judgment. Remember that there are always consequences to what you publish. If you’re about to publish something that makes you even the slightest bit uncomfortable, review the suggestions above and think about why that is. If you’re still unsure, and it is related to IBM business, feel free to discuss it with your manager. Ultimately, however, you have sole responsibility for what you post to your blog or publish in any form of online social media”.
Sotto questo profilo la politica dovrebbe includere anche un paragrafo che spieghi come deve reagire un dipendente se viene stimolato attraverso i social media a parlare a nome dell’organizzazione, senza averne l’autorizzazione. Anche in questo caso in genere si tratta di indicare chi è il manager o la funzione aziendale cui girare la richiesta. Nordstrom lo fa così:
“If a member of the media or a financial analyst contacts you, as always, refer them to the PR or Investor Relations team through your store operator. If you have any questions about what is considered confidential, check in with your manager or Human Resources”.
In altre parole, bisogna tenere presente che lo scopo della policy non è inibire l’uso dei social media, ma agevolarne il corretto utilizzo. E importante quindi che tutti sentano l’azienda vicina in caso di difficoltà, ma allo stesso tempo ciascuno deve essere consapevole delle conseguenze personali di azioni eventualmente inappropriate.
La separazione fra profili personali e professionali
La convivialità, altro tratto caratteristico della social organization, non deve fare dimenticare che in alcuni ambiti è importante mantenere separate le vite personali e professionali anche online. Nel settore sanitario, ad esempio, è fortemente sconsigliato che medici e infermieri accettino richieste di amicizia su Facebook dai pazienti. Occorre dunque definire quale è la posizione aziendale su questo punto. Ad esempio Mayo Clinic scrive:
“Mayo Clinic strongly discourages “friending” of patients on social media websites. Staff in patient care roles generally should not initiate or accept friend requests except in unusual circumstances such as the situation where an in-person friendship pre-dates the treatment relationship”.
Questo invece è il caso di una azienda operante in un settore non particolarmente “sensibile” come quello autobilistico, Volvo:
“The company understands and encourages those employees and associates who engage in online social media. Volvo Car Corporation strongly recommends that you use your own name and that you are transparent with whom you represent when participating, sharing or writing in all online publishing. In online conversation, as well as in all other conversation, you are always an ambassador for the company even if you are not acting on behalf of the company. When you are acting privately, use your own private email-address (gmail, hotmail etc). If you are acting as an appointed corporate spokesperson, you can use your corporate (xx@volvocars.com) email address. If you are using social media for private purposes, use the same common sense as you would use for private phone calls, i.e. limit them to necessary activities and try to avoid such activities during working hours”.
Un altro aspetto del problema è che i dipendenti possono indicare l’appartenza aziendale nei propri blog o nella bio dei loro profili sui canali social (Facebook, Twitter, eccetera). Per evitare che le loro opinioni personali possano venire confuse con quelle aziendali, è utile invitarli ad utilizzare specifici disclaimer con cui distinguere le opinioni personali da quelle aziendali, proprio in base ai principi di trasparenza e apertura che connotano ogni social organization. Salesforce fa così:
“At salesforce.com we believe in transparency and openness. This means that you do not contribute anonymously or under a pseudonym unless it’s your company nickname. You must disclose that you work for salesforce.com. On sites like Twitter or Blogger, your bio must show your role and affiliation with salesforce.com. You are representing the company even though you are not serving as an official voice of the Company. You must include a disclaimer that the views you’re expressing are your own and not those of salesforce.com”.
In questo quadro, per ragioni di sicurezza, è opportuno invitare i dipendenti ad astenersi dalla condivisione di dati personali aziendali come posizione attuale, orari, indirizzi e-mail e numeri di telefono.
Il rispetto della diversità
Caratteristica distintiva di una azienda ispirata ai criteri del Management 2.0 è senza dubbio il rispetto e anzi la valorizzazione delle diversità. Per questo motivo è consigliabile dedicare una specifica sezione della policy per ricordare ai dipendenti di essere sempre rispettosi verso gli altri anche sui canali social. Particolare attenzione andrà prestata sia durante le conversazioni con i colleghi, specialmente se l’oggetto del dialogo sono i concorrenti, sia con i clienti esistenti o potenziali.
E’ poi importante il rispetto della Netiquette e di eventuali regole di buona educazione specifiche dei canali social che si stanno frequentando. Fra le regole da rispettare sempre, va sottolineata quella di chiedere l’autorizzazione agli interessati prima di riprodurre immagini (foto o video) di altre persone.
Il punto critico è tuttavia relativo alla moderazione delle conversazioni dei dipendenti fra loro o con esterni. Le discussioni e i disaccordi su temi specifici sono naturalmente il sale delle conversazioni online, ma nei limiti posti dal buon senso e dalla legge. Purtroppo, come insegna Wislawa Szymborska, il più temibile nemico per chi cerca di costruire degli ambienti sociali partecipativi è l’odio, Maestro del contrasto. Conviene pertanto esplicitare il divieto di qualsiasi forma di incitamento all’odio, ovvero di ogni tipo di minaccia, insulto o ridicolizzazione di qualsivoglia persona o gruppo in base a razza, religione, sesso, disabilità, o altri tratti peculiari.
Inoltre vanno scoraggiati gli attacchi personali. Per quanto riguarda i social media interni possiamo fare conto sulla preparazione dei Community Manager (vedi su questo il post La social organization – parte quarta), ma sull’esterno possiamo solo affidarci, oltre che alla maturità e consapevolezza delle persone, alla cultura aziendale (di cui la policy è parte integrante e rappresentativa) che veicolano con i loro comportamenti.
D’altro canto, non si tratta di una questione semplice, perchè una eccessiva riduzione della libertà di espressione rischia di far precipitare l’impresa nel tradizionale modello Comando e Controllo. Come evitare questo rischio? Ad esempio considerando l’impegno di una parte del tempo di lavoro nel dibattito politico, religioso o sociale ed in genere in approfondimenti di temi extralavorativi come una componente indispensabile di quella trasformazione delle famiglie professionali in learning community decisiva per vincere la sfida del Management 2.0.
Le informazioni riservate
Per usare le parole di Christopher Barger, la Social Media Policy deve includere “a privacy reminder that the Internet is forever and that whatever gets posted is usually searchable and findable by someone, so employees should exercise discretion in what they post” (Barger 126).
Per evitare possibili azioni legali, è necessario fissare dei limiti chiari circa quali informazioni riservate non vanno divulgate al pubblico, cercando di essere molto specifici nella loro definizione e facendo riferimento alle diverse normative esistenti in merito a livello Paese.
La categoria “Informazioni confidenziali o riservate” potrebbe includere:
Versioni originali dei prodotti aziendali e i loro aggiornamenti
Notizie relative a operazioni di Merger and Acquisitions
Dati finanziari interni e previsioni di budget
Know How proprietario e segreti commerciali
Informazioni sui dipendenti protette dalla legge sulla privacy
Informazioni riservate sui clienti
Elementi relativi a contenziosi legali in corso.
Un paio di esempi. La policy Nordstrom prescrive: “Do not publish, post or release information that is considered confidential or not public. If it seems confidential, it probably is. Online “conversations” are never private! Do not discuss numbers and other sales figures (non-public financial or operational information), strategies and forecasts, legal issues or future promotions/activities. Do not post any merchandise pricing information or comparisons”.
Quella di Volvo recita: “Volvo Car Corporation’s relationship with our customers, employees and partners is our most important asset, and it is important that we always protect this relationship. You cannot cite or disclose customer names without their approval. Protect your fellow workers and our customers, dealers, and vendors by refraining from sharing any of their personal information, statements, or photographs unless you have their written permission to do so. Bringing someone else into the conversation without their permission can be destructive to relationships, cause misunderstanding, or violate the law (including privacy and defamation laws), commercial contracts, or confidentiality agreements”.
Il rispetto del Copyright
Ricordiamo ai dipendenti di individuare i diritti di Copyright per immagini, video, musica o documenti reperiti su Internet prima di includere questi materiali in un post sui social media. L’opzione social per eccellenza è utilizzare materiali che sono sotto Creative Commons, stando bene attenti a rispettare gli obblighi collegati ai diversi tipi di licenza. In alternativa occorre acquistare i materiali da archivi o database, o ancora chiedere l’autorizzazione del titolare del Copyright.
In ogni caso è bene ribadire che ogni contenuto online è in genere coperto da qualche genere di licenza: il fatto di averlo trovato su Google non lo rende libero. Una buona norma, per quanto riguarda i contenuti testuali, è quella di utilizzare brevi estratti con un link al documento originale: questo comportamento viene generalmente accettato, ma è una buona idea chiedere sempre il permesso di utilizzo al proprietario.
Coca Cola descrive così i comportamenti da tenere riguardo al tema del Copyright:
“Give credit where credit is due and don’t violate others’ rights. DO NOT claim authorship of something that is not yours. If you are using another party’s content, make certain that they are credited for it in your post and that they approve of you utilizing their content. Do not use the copyrights, trademarks, publicity rights, or other rights of others without the necessary permissions of the rightsholder(s). Respect of copyrights, trademarks, rights of publicity, and other third party rights in the online social media space, including with regard to user generated content (UGC). How exactly you do this may depend on your particular situation, so work with your cross functional teams to make informed, appropriate decisions”.
Specificità di settore
Il settore in cui opera la vostra organizzazione può avere specifici obblighi di legge o etici di cui la policy deve tener conto.
A titolo esemplificativo:
Esprimere imparzialità verso i partiti politici e religiosi è della massima importanza per alcune testate giornalistiche
Proteggere le informazioni sui pazienti è di vitale importanza per gli operatori sanitari
Garantire la riservatezza e la sicurezza dei dati è fondamentale nel settore finanziario.
La BBC ad esempio afferma:
“Impartiality is a particular concern for those working in News and Current Affairs. Nothing should appear on their personal blogs or microblogs which undermines the integrity or impartiality of the BBC. For example, News and Current Affairs staff should not:
advocate support for a particular political party;
express views for or against any policy which is a matter of current party political debate;
advocate any particular position on an issue of current public controversy or debate”.
Altri documenti da integrare alla policy
Vincenzo Cosenza, in Social Media ROI, identifica anche altri documenti da integrare alla social media policy:
la policy interna per ogni piattaforma. Ad esempio Facebook: “Per creare una presenza su Facebook bisogna utilizzare lo strumento Pagina Ufficiale, non le Community Page, i Gruppi o i Profili Personali; le pagine ufficiali dell’azienda o di sue filiali possono essere create da un rappresentante ufficiale del social media team o da un’agenzia che abbia accettato le policy che regolano i rapporti con i fornitori; ogni pagina deve avere almeno due amministratori, uno principale e uno di supplenza; l’amministratore ufficiale deve assicurarsi di ottenere uno username personalizzato (richiedendolo a http://www.facebook.com/username/) seguendo una sintassi comune (ad esempio http://www.facebook.com/nomeazienda_nomepaese); le pagine ufficiali devono essere impostate in modo da non permettere (o permettere) agli utenti di pubblicare commenti in bacheca; le immagini dei profili e gli elementi grafici della pagina devono essere in linea con le linee guida di brand/corporate identity; le informazioni relative all’azienda devono essere essenziali e uniformi (per esempio contenere anno di fondazione, vision, mission e il link al sito ufficiale; ogni pagina deve avere una landing page che spieghi le ragioni della presenza su Facebook e inviti a fare click sul bottone Mi piace; ogni pagina deve contenere una tab che illustri la policy di conduzione della pagina”;
raccomandazioni di tipo procedurale, come il piano editoriale, le tempistiche di presidio e di moderazione dei commenti, il flusso di lavoro per rispondere alle domande;
una policy ad hoc per i fornitori per i servizi di gestione dei social media, che garantisca uniformità di vedute con la società cliente;
linee guida per la gestione di eventuali crisi.
Implementare la policy
Una policy per quanto ben scritta non è efficace fino a quando non è compresa da tutti i dipendenti. Una sua adeguata illustrazione deve quindi far parte del percorso base di Traing ai social media (vedi parta quinta di questa serie di post), utilizzando esempi specifici per chiarire bene cosa fare e non fare, ciò che è accettabile e quello che è assolutamente non consentito, eccetera.
Naturalmente la policy sarà distribuita sulla intranet aziendale, in modo che possa essere facilmente consultata quando un dipendente è in dubbio. Ai fini della trasparenza e dell’assunzione di responsabilità, è importante condividerla anche all’esterno, pubblicandola sul sito web possibilmente in molti formati diversi: testo, video, presentazione Powerpoint, eccetera.
Infine non bisogna mai dimenticare che la strategia e gli obiettivi aziendali possono cambiare rapidamente. La policy deve tenerne conto ed essere tempestivamente aggiornata. Ma anche a prescindere da ciò, dal costante monitoraggio della propria reputation online e degli effettivi comportamenti dei dipendenti in Rete possono venire importanti indicazioni per rivederne parti anche importanti.
Una social media strategy per le risorse umane 6. Continua
Puntate precedenti:
HR 2.0? Una Social Media Strategy per le risorse umane. Parte seconda: Recruiting
HR 2.0? Una social media strategy per le risorse umane. Parte terza: Screening
HR 2.0? Una social media strategy per le risorse umane. Parte quinta: Training The Company