Le avventure di Alice sono segnate dal suo continuo tentativo di sfuggire allo spaesamento (sotto questo profilo, il testo collettivo del 1977 a cura di Gianni Celati, programmaticamente intitolato Alice disambientata, è ricco di suggestioni ancora attuali) indotto dall’entrata nel Paese delle Meraviglie tramite la costruzione di percorsi di senso che la aiutino a ri-orientarsi. Deleuze non ha caso ha dedicato un testo fondamentale allo scandaglio in Alice della logica del senso e del non senso, che “oltre ad operare una determinazione di significato, opera una donazione di senso… Il non senso è a un tempo ciò che non ha senso ma che, in quanto tale, si oppone all’assenza di senso, operando la donazione di senso”[i].
E aggiunge: “in Sylvie e Bruno, il paese delle fate (Fairy-land) si oppone al Luogo Comune (Common-place). Alice subisce e fallisce tutte le prove del senso comune: la prova della coscienza di sé come organo – “Chi siete?” –, la prova della percezione di oggetto come riconoscimento – il legno che si sottrae a ogni identificazione –, la prova della memoria come recitazione – “è falso dall’inizio alla fine” –, la prova del sogno quale unità del mondo – in cui ogni sistema individuale si disfa a profitto di un universo in cui si è sempre un elemento nel sogno di qualcun altro – “Non mi piace appartenere al sogno di un’altra persona”… E’ qui nondimeno che si opera la donazione di senso, in questa regione in cui il linguaggio raggiunge la sua più elevata potenza con il paradosso”. Quel paradosso per cui il Cappellaio Matto e la Lepre Marzolina abitano in direzioni opposte, ma le due direzioni sono inscindibili a tal punto che si possono trovare entrambi in ciascuna, a prendere un tè ad un’ora indefinibile, indefinitivamente suddivisibile in passato e futuro, seduti ad un tavolo in cui non cessano di cambiare posto, contemporaneamente in ritardo e in anticipo, a destra e a sinistra.[ii] Siamo sullo stesso terreno della follia di Amleto (che, come capisce persino Polonio, ha tuttavia un suo “metodo”), per il quale una nuvola è al tempo stesso un cammello, una donnola, una balena:
Amleto: vedete voi quella nuvola che ha quasi la forma di un cammello?
Polonio: per la messa, assomiglia a un cammello davvero.
Amleto: mi pare che assomigli ad una donnola.
Polonio: ha il dorso come una donnola.
Amleto: o come una balena.
Polonio: proprio come una balena.[iii]
Così capita ad Alice: basta rileggere il capitolo 5 di Attraverso lo Specchio, alla luce delle osservazioni di Walter de La Mare, che, come ricorda Fisher, “porta ad esempio la fluidità delle ripetute transizioni nell’episodio Lana e acqua, in una ‘serena e seducente discontinuità’”[iv]. Alice incontra la Regina Bianca e discute sul concetto di tempo reversibile, sostenendo che è ingiusto punire una persona prima che abbia commesso un delitto. Il dialogo si conclude con la Regina che grida in toni sempre più acuti che invece così è “Molto meglio, e meglio, e meglio….” E mentre urla si trasforma in una pecora belante”:
“`Oh, much better!’ cried the Queen, her voice rising to a squeak as she went on. `Much be-etter! Be-etter! Be-e-e-etter! Be-e-ehh!’ The last word ended in a long bleat, so like a sheep that Alice quite started.She looked at the Queen, who seemed to have suddenly wrapped herself up in wool. Alice rubbed her eyes, and looked again. She couldn’t make out what had happened at all. Was she in a shop? And was that really – was it really a sheep that was sitting on the other side of the counter? Rub as she could, she could make nothing more of it: she was in a little dark shop, leaning with her elbows on the counter, and opposite to her was a old Sheep, sitting in an arm-chair knitting, and every now and then leaving off to look at her through a great pair of spectacles.”
E poi il negozio della Pecora (a Sheep in a Shop…) si trasforma in una barca: “ `Can you row?’ the Sheep asked, handing her a pair of knitting- needles as she spoke.`Yes, a little — but not on land — and not with needles — ‘ Alice was beginning to say, when suddenly the needles turned into oars in her hands, and she found they were in a little boat, gliding along between banks: so there was nothing for it but to do her best.” E ancora la barca torna ad essere una bottega in cui Alice compra un uovo che diventa Hupty Dumpty…
Alice e Amleto: entrambi soffrono della stessa forma di pazzia (come hanno certificato i due massimi esperti di Shakespere contemporanei, William Empson e Harold Bloom), quella insomma di chi sa che, per costruire nuovi significati, occorre mettere in discussione il buon senso (ovvero quello definito tale dai Padroni del Linguaggio, gli scientific manager) e partire dall’accettazione del “nonsense” (anzi bisogna addirittura desiderare il nonsense).
Come ha detto molto bene Gianluca Garrapa, la denotazione del non senso provoca una detonazione di senso: per Alice come per Amleto il non senso è una trappola per topi, un modo di “scavare sotto le mine” del buon senso per fare scoppiare le loro e provare la delizia di vedere “scontrarsi due trame di senso contrario sulla stessa pista” (Amleto, atto III, scena quarta). Esattamente come per i fisici moderni è necessario “insistere sul divario che separa l’universo della scienza moderna dalla nostra comprensione quotidiana della realtà; questo divario raggiunge il suo apogeo nella fisica quantistica, la cui immagine della realtà non ha semplicemente senso all’interno di questa percezione comune”. [v]
Il paragone non sembri azzardato: Martin Gardner, commentando la caduta di Alice nella tana del Bianconiglio (in particolare il punto in cui “she took down a jar from one of the shelves as she passed; it was labelled `ORANGE MARMALADE’, but to her great disappointment it was empty: she did not like to drop the jar for fear of killing somebody, so managed to put it into one of the cupboards as she fell past it”), annota: “Carroll was aware, of course, that in anormal state of free fall Alice could neither drop the the jar (it would remain suspended in front of her) nor replace it on a shelf (her speed would be too great). It is interesting to note that in his novel Sylvie and Bruno, Chapter 8, Carroll describes the difficulty of having tea inside a failing house, as well in a house being pulled downward at an even faster acceleration; anticipating in some respects the famous thought experiment in which Einstein used an imaginary failing elevator to explain certain aspectsof relativity theory”[vi]. Ancora Gardner, annotando l’episodio del rimpicciolimento di Alice dopo aver preso in mano il ventaglio del Bianconiglio nel secondo capitolo, scrive che “Alice’s earlier expansions have been cited by cosmologists to illustrate aspects of the expanding-universe theory”.[vii] E che dire della necessità di “correre più velocemente che si può per restare nello stesso posto?” Solo correndo più velocemente ancora ci si può muovere per andare all’indietro nel tempo reversibile del Paese Al di Là dello Specchio… Correre più veloci della luce? Che terribile nonsenso… fino a pochi giorni fa, quando è stato scoperto un neutrino che viaggia ad una velocità superiore a quella della luce!!
Alice Annotata 14b Continua
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[i] Deleuze, pp. 68-69.
[ii] Ibidem, pp. 75-76.
[iii] Hamlet, Atto II, scena 2.
[iv] Cit. p. 13.
[v] Zizek, cit. p. 164. Cfr. Anche Le nuove frontiere della cultura d’impresa, cit., Prima Variazione.
[vi] The Annoted Alice, The definitive edition, Norton & Company, 2000, p. 13.
[vii] Ibidem, 24.