Il sogno imprenditoriale – Alice annotata 11a

sexy sWhat is the use of a book without pictures or conversations?”: puro neoplatonismo postmoderno shakespeariano (non a caso il successo di Alice ispirò subito un lavoro teatrale che divenne oggetto della celebre recensione dello stesso Carroll citata nella Nota 10 [i]). Immagini e conversazioni, questa è la natura del Wonderland in cui si aggira una immaginaria eppure concretissima Alice, ma anche della  realtà in cui noi quotidianamente vaghiamo come spettri, costantemente in un amletico bilico fra Essere e Non essere. Come osserva Pinhas Ben-Zvi in Lewis Carroll and the Search for Non-Being [ii], Alice nei suoi viaggi apprende come Essere e Non essere abbiano un medesimo status ontologico: “Humpty Dumpty informs Alice that ‘there are three hundred and sixty four days when you might get un-birthday presents’. It is obvious to him that un-birthdays are real Beings and not mere utterances. His statement is another augmentation to one of the oldest and rudimentary philosophical controversies: whether Non-Being, like Being, exists”. E ancora: “The Cheshire cat’s grin too is a non-material being. The cat appears from the void and slowly vanishes back into it leaving behind him just a grin. Can a cat’s grin exist without its master? Carroll does not hesitate, he is certain that it does. For it is clear that to Carroll a grin is just a Platonic Form – a nonmaterial being which has real existence”.

Nel mondo di Alice si è realizzata la profetica visione di Prospero: “We are such stuff the dreams are made of”. Proprio come accade nel nostro reale mondo contemporaneo. Fenomeni come la dematerializzazione dei processi, la simbolizzazione delle merci, la cognitivizzazione del lavoro indicano l’importanza assunta dalla dimensione dell’immaginario, giustificando la frequenza con cui, negli ultimi anni, si è parlato di sogno  imprenditoriale. Certo,  le aziende in genere  traducono il proprio sogno in documenti chiamati Vision, Business Principles, Carte Valoriali. Purtroppo, però, poiché sono redatti quasi sempre per fini cosmetici, o retorici, o  manipolatori,  non di rado sono fonte di comicità involontaria, dando in qualche modo ragione a Bergson, quando afferma: “l’assurdità comica è della stessa natura di quella dei sogni”. Chissà se il filosofo francese quando scriveva queste parole pensava ai sogni di Alice…

Che  rimane, a questo punto, della loro interpretazione? Come il Gatto del Chesire ad Alice che chiede: “Would you tell me, please, which way I ought to go from here?”, replica: “That depends a good deal on where you want to get to”; così la risposta sarà “poco”  o “molto”: dipende dalla futura evoluzione del pensiero manageriale. “Poco, fino a quando permarrà una cultura d’impresa che, sotto l’influenza spersonalizzante dello scientific management, guarda alla condizione umana solo in funzione del vantaggio di alcuni contro gli altri; che si basa sul principio dicotomico, di origine cartesiana, per cui si oppone pianificazione strategica e azione, razionalità ed emozione, realtà e possibile; che naviga a vista, attingendo alle mode del momento, ma poi sempre badando a ribadire le proprie mission totalizzanti. Molto, invece, se si rimuove quella che Hillman ne Il sogno e il mondo infero   [iii] definisce la tendenza a pensare per opposti, tipica del taylorismo, creando condizioni strutturali perché l’impresa possa assolvere alla sua responsabilità sociale”[iv].

Alice annotata 11a. Continua

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[i] Lewis Carroll, The Theatre, April, 1887

[ii] The Philosopher, Volume LXXXX No. 1, http://atschool.eduweb.co.uk/cite/staff/philosopher/alice.htm

[iii] Adelphi, 2004.

[iv] Nulla due volte, cit., p. 124.