L’attualità del Barocco… e de Le Aziende In-Visibili

Le coincidenze non sono mai casuali. Non è dunque un caso che proprio oggi, giorno in cui alla manifestazione romana Più libri, più liberi viene dedicato uno spazio di approfondimento a Le Aziende In-Visibili e alla web opera realizzata in Second Life ad esso ispirata,  appaia sul Corriere della Sera l’articolo di Vincenzo Trione BA-ROCK (sottotitolo “Arte, musica, social network: trionfano eccentricità e trasgressioni. Come nel Barocco del Seicento”), che esalta l’età contemporanea come l’età del nuovo barocco:

“Assistiamo a un passaggio cruciale, che era stato già analizzato da Omar Calabrese in un fortunato saggio degli anni Ottanta ( L’età neobarocca ). Da stile legato a una determinata stagione, il Barocco è diventato uno stato d’animo: un atteggia mento che sta riaffiorando in maniera trasversale nel nostro presente. Una condizione in cui, come scrive Maffesoli, «il relativismo prende il posto dell’universale». Un modo per «dire sì alla vita»: per infrangere gli schemi della ragione e stabilire connessioni tra materialità e spiritualità. Si accettano il disordine, il brulichio dell’esistenza, l’irruzione del gioco, il caos dei sogni.”

Ebbene i nostri lettori ricorderanno che non solo il nostro romanzo vive appunto nell’incrocio dei testi scritti da100 autori diversi, in cui si ripercorre l’intera opera di Calvino e di tanti altri capolavori della letteratura occidentale,  con le immagini di Luigi Serafini e le colonne sonore ispirate ai più diversi generi musicali, ma soprattutto che nell’Introduzione a Le Aziende In-Visibili (datata 8 marzo 2008) scrivevo: “il
romanzo può essere iscritto nell’ambito di quell’“estetica neobarocca”
individuata da Omar Calabrese in Caos e
bellezza
come caratteristica delle opere d’arte contemporanee. Sostiene
Calabrese che «lo spirito della contemporaneità coincide con la messa in dubbio
di una cultura fondata sulle narrazioni che diventano prescrizioni», facendo
anch’egli leva sul classico testo di Lyotard. È evidente il parallelismo con la
necessità di abbandonare i paradigmi “scientifici” per sviluppare un nuovo tipo
di discorso: “Un discorso”, ho affermato appunto nelle Variazioni Impermanenti che aprono il Manifesto dello Humanistic Management, «che ci parli di come si
coglie l’emergere del nuovo, di come si impara a imparare, di come si è
determinati dal mondo a cui apparteniamo, e allo stesso tempo di come il mondo
è (anche) frutto di un nostro contributo creativo…di come dunque riavviare una
riflessione sui fini, oltre che sui mezzi; che metta al centro l’“arte”, quale
ci è mostrata in massimo grado da poeti, romanzieri, drammaturghi: da
“umanisti” nel senso rinascimentale, narratori di storie, “facitori di senso” (sensemakers)
tramite il romanzo, la poesia, l’autobiografia, il teatro, il cinema, ma anche
i computer e persino la televisione».”


 

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