LA STRUTTURA MULTIPIATTAFORMA DEL GIORNALISMO IPERLOCALE
All’inizio di ottobre Npr, National Public Radio, e il gruppo Fisher, un conglomerato mediatico degli Usa occidentali, hanno intrapreso una strategia d’informazione micro locale che affiancherà la comunicazione mainstream. Npr investirà un prestito di tre milioni di dollari per inserire nel suo circuito informativo 13 stazioni radio americane che operano localmente. Fisher invece è pronta ad aprire 28 siti locali in due città dello stato americano dell’Oregon. Al di là delle differenze, la logica di fondo non cambia: l’obiettivo resta quello di intercettare un flusso informativo che altrimenti resta escluso dall’informazione “ufficiale”.
L’aspetto interessante è che quest’esclusione non è soltanto geografica, cioè derivante dalla tradizionale supremazia delle notizie nazionali che relegano quelle locali in secondo piano. Il “gap” che impedisce al locale di parificarsi col nazionale è anche la conseguenza di differenti livelli di professionalità e standard qualitativi che spesso sono considerati inferiori nelle news locali. Nella terra dello zio Sam questo bicchiere appare mezzo pieno, perché si presume che la professionalità delle redazioni possa trasmettersi anche al giornalismo sublocale, spesso volontario e disorganizzato, innescando un processo di apprendimento professionale che accompagna l’incremento nell’offerta informativa. In Italia invece lo stesso bicchiere diventa mezzo vuoto, perché la corporazione giornalistica tende, per inerzia e per tradizione, a conservare il discrimine tra giornalisti tesserati e giornalisti free-lance. Però a questo punto sarebbe troppo dispendioso discutere sull’ulteriore deriva della professionalità giornalistica in una ghettizzazione castuale. Almeno negli Usa non sono questi i veri problemi. Lo è invece la raccolta pubblicitaria su scala nazionale, che colpisce sia testate su carta che online, dato che gli editori, ancora oggi, considerano la versione in rete come un ampliamento dell’edizione cartacea. Così il giornalismo micro locale diventa anche una forma di marketing per business che sono fortemente localizzati e perciò faticano ad estendersi. La ricetta prevede (e spera) che il potenziamento del mercato locale e la diffusione capillare delle news micro locali dischiuda nuovi spazi di mercato. Ma ancora più interessante non è tanto trovare analogie tra i due casi di Npr e Fisher. E’ proprio la loro differenza a far emergere il potenziale del giornalismo microlocale: Npr e Fisher realizzano i loro esperimenti microlocali su piattaforme, non solo telematiche, profondamente differenti – dalla radio al sito internet. Ciò significa che il microlocalismo possiede una notevole carica espansiva al di là delle tecnologie, cioè non è tecnologicamente incapsulato in un solo strumento. Figurarsi le conseguenze sulla pluralità dei linguaggi, che riflettono questa pluralità mediatica. Allora il microlocalismo nasce già multi-piattaforma, perché capace da subito di diffondere i suoi contenuti su una pluralità di media. Anche se internet resta lo spazio naturale, l’informazione del quartiere può camminare anche su radio, televisione, giornali. Fwix è un network inglese che copre l’informazione microlocale di oltre 80 città: il suo obiettivo è sostituire giornali locali in declino con bloggers e siti radicati sul territorio. Ma i suoi contenuti, diffusi su piattaforme all’avanguardia come Twitter all’Iphone, approdano anche su ben più convenzionale settimanali locali, che aprono nuovi spazi per la carta stampata accanto alla rete. Come la differenza tra locale e globale, anche la tradizionale competizione tra inchiostro e digitale inizia a sfumare di fronte a molteplici flussi di informazione che si intersecano in modo libero dai media che li producono.
GABRIELE CAZZULINI