La fragilità degli eroi

Di Elisabetta Pasini

Uno dei primi problemi che si pongono oggi a chi si propone di osservare il cambiamento nelle organizzazioni sembra essere l’impossibilità di identificare univoci modelli di leadership. Per quanto paradossale possa sembrare questa affermazione in un mondo che ha prodotto attraverso i mass media  più eroi e più racconti negli ultimi cento anni di quanti ne avesse prodotti l’intera storia dell’umanità nei millenni precedenti, è forse proprio questa iper-produzione di eroi che ha reso difficile l’identificazione di un modello.


Il concetto di eroe vive e si alimenta nella tensione costante tra universale e particolare.

Esiste dunque un modello universale di eroe, in  qualche modo al di là del tempo e della storia? E’ quello che, ad esempio Kets de Vries si è proposto di indagare attraverso uno studio sulla vita di Alessandro il Grande nel suo saggio Are Leaders Born or Are They Made?, nel quale Alessandro viene definito come “un uomo con un sogno, un sognatore che parla all’immaginazione collettiva della specie umana”. Questo sogno, rappresentato da alcuni storici come la visione della possibilità di una pacifica coesistenza di differenti razze e nazioni all’interno del suo impero, non si è mai però davvero concretizzato in una reale capacità di consolidare nel tempo le sue conquiste. Alessandro sapeva guidare i suoi uomini in battaglia, sapeva dare corpo e anima ai suoi sogni attraverso il discorso e l’esempio, sapeva infiammare e conquistare attraverso la grandezza del gesto, ma tutto  quello che aveva a che fare con l’ordinaria amministrazione e il governo lo annoiava profondamente. La sua figura appare, attraverso le ricostruzioni storiche, fatta di luci ed ombre, di grandezze e debolezze, costantemente in bilico sul fragile confine tra indipendenza – di spirito, di giudizio, di azione – e dipendenza – dalla madre, dai compagni, dai sudditi, dal volere degli dei -.

Alessandro rappresenta certamente un modello universale di eroe, ed è per questo che la sua storia, i suoi difetti e le sue virtù suscitano ancora oggi interesse e ammirazione. Il suo esempio serve dunque soprattutto a sottolineare come una delle caratteristiche dell’eroe, che lo rendono un modello universale, sia di muoversi in uno spazio di confine, tracciando nuove strade non ancora immaginate e creando un ponte tra il reale e il possibile, tra il mondo come è e il mondo come potrebbe/dovrebbe essere.

D’altra parte, l’eroe è sempre figlio del suo tempo, è un modello al tempo stesso individuale, poiché ognuno possiede una propria immagine di eroe, e collettivo, poiché le caratteristiche dell’eroe sono filtrate attraverso l’ethos del tempo e l’agire sociale.

Se dunque esiste un eroe classico, un eroe rinascimentale, un eroe romantico, le caratteristiche e le capacità dell’eroe moderno sembrano ancora oggi difficili da immaginare e tendono a sfuggire a una precisa catalogazione.

Certamente è fondamentale il contesto nel quale le sue qualità sono percepite come portatrici di innovazione e di speranza – pensiamo alla mitologia che esiste intorno alle figure di Gandhi e Che Guevara,ad esempio, ma anche agli eroi dello sport e della musica, del business che hanno proliferato nel periodo del grande boom della new economy, e oggi della politica che è tornata a essere un terreno di eroi dopo l’elezione di Barack Obama alla presidenza USA. Tuttavia, ciò che colpisce con forza l’immaginazione è spesso, a ben guardare, soprattutto la loro debolezza e la loro fragilità, che si traduce nell’impossibilità di indicare un modello universale, e dunque la loro profonda natura di “eroi parziali”.

Grandi miti che crollano e che traggono dal crollo la loro forza, poichè è dalla fine della storia che nasce il cambiamento; eroi profondamente radicati nel loro contesto sociale, che riescono ad illuminarlo con profonde intuizioni ma la cui visione resta alla fine un sogno non realizzato. L’India immaginata da Gandhi come il più grande stato democratico del mondo, nel quale indù e musulmani potessero vivere in pace liberamente, è ancora oggi una utopia. La rivoluzione permanente di Che Guevara è prematuramente finita su un altopiano in Bolivia e con la Cuba di Castro, uno degli stati più impermeabili a qualsiasi tipo di cambiamento degli ultimi 50 anni. Gli eroi della new economy, le cui biografie hanno riempito gli scaffali delle librerie all’inizio degli anni ’90, sono per la maggior parte svaniti nel nulla non appena la grande bolla speculativa si è sgonfiata.

Siamo di fronte dunque a un ridimensionamento della figura degli eroi?

Certamente potremmo dire che li guardiamo con più diffidenza che in passato, consapevoli della difficoltà di individuare un modello unico di fronte all’estrema imprevedibilità degli eventi.