Torino torna grande

Genius loci e regolatezza 1

Di Piero Trupia

Una sola volta sono andato a Zebrania. Mi recavo alla Zebra Company, i cui uffici sorgono in una di quelle città nate capitali, progettate all’insegna della ridondanza. […] Per le strade molti consulenti neri e varie ragazze bianche con ghostwriter al guinzaglio. Numerosi centri di tatuaggio con designer come stagisti e PR che, nell’indifferenza generale, urlavano comunicati sporgendosi dai cornicioni. 

Da : Episodio N° 18 de  Le Aziende in-Visibili, romanzo a colori di Marco Minghetti & The Living Mutants Society. Con 190 immagini di Luigi Serafini

Questa volta ho cambiato il titolo della rubrica. Ho tolto la ‘s’ per segnalare un evento di portata storica: l’Europa dà una mano all’America, la FIAT salva l’industria automobilistica USA. Frutto della presenza di regole in Europa e nel suo sistema industriale. La nostra sregolatezza di ieri era difformità rispetto alle regole del sistema egemonico dello scientific management, quello che ha gettato il mondo in una crisi con molti precedenti.

S’è determinata una felice combinatoria di fatti e circostanze solo apparentemente casuale, in realtà segno della reazione a una cultura che ha fattualmente palesato la sua fallacia. I consessi di capi di Stato e di Governo con Sarkò che batte i pugni sul tavolo e Angela che detta le condizioni della Germania, mentre il nostro presidente del consiglio si fa bravamente notare.

Obama, in patria, ha lanciato il suo ultimatum alla Chrisler: accordo produttivo con la FIAT entro il 30 aprile o niente aiuto statale e conseguente fallimento.

Sugli schermi di tutto il mondo scorrono intanto le immagini di Gran Torino di e con Clint Eastwood.

Negli anni ’60 la Ford lanciò la serie Torinos, vetture dal cuore sportivo e dalla linea filante, motore fino a 335 HP. Ford Mustang era una Torino. Nel 1968 nasce Gran Torino, serie muscle car, rinnovata nel ’76. Il protagonista del film ne possiede una e la custodisce in garage come oggetto di culto. Gliela invidiano i vicini di casa e gliela vogliono rubare i teppisti del quartiere. A un amico, dal quale aveva ottenuto un favore, promette in segno di riconoscenza una torta di frutta. “No, fammi fare un giro sulla Gran Torino”, la replica.

La FIAT, come tutto nel nostro paese, è stata oggetto di denigrazione. Certamente il periodo Romiti è stato di decadenza fino al punto più basso del dimissionamento di Ghidella, l’unico che sapeva di automobile e resisteva alla folle diversificazione e finanziarizzazione romitiana. Ultimamente, con Marchionne, FIAT ha ripreso contatto con il suo genius, quello della vettura familiare a basso consumo. Ora questa produzione minore è merce da export.

La FIAT 500 classica è un pezzo da collezione, pur continuando a stare in strada. Nacque come vettura popolare insieme al Maggiolino ma era più geniale per risparmio e ingombro. Due cilindri raffreddati ad aria, tetto apribile, quattro posti, incappottabile per la sua forma a ranocchio. Quarant’anni dopo la SMART della grande Mercedes in un crash test visibile su internet cappotta. Due posti e un prezzo d’affezione ha avuto seri problemi di stabilità dinamica e in situazioni critiche che si tentò di risolvere alla tedesca mediante complessi dispositivi elettronici di controllo dell’assetto. Si ripiegò, alla fine, su un allargamento di venti cm. del treno posteriore. È la ragione dei danni visibili sui parafanghi posteriori di molte SMART per un errato calcolo del conducente nei passaggi stretti. L’ingegner Dante Giacosa, progettista della 500, non avrebbe accettato quella soluzione.

La FIAT porterà in dote alla Chrisler non denaro ma knowhow tecnologico e costruttivo per la produzione di vetture economiche ed environmental firiendly.

Critichiamo pure il nostro paese, gli italiani, le istituzioni, la classe politica. È sempre meglio dello sciovinismo. Non trascuriamo però di onorare il nostro genius che nessuno c’invidia per ignoranza della sua esistenza. Al suo posto hanno divinizzato il vitello d’oro dello spreco e delle formule.

 

Nella narrativa de Le Aziende in-Visibili è palese, incombente un senso d’inquietudine. L’origine è una sceneggiatura perfettamente razionale e coerente al livello della singola scena, straniante nell’insieme. S’indovina l’esistenza di un senso complessivo e generale, ma non si sa come afferrarlo. Una metafora della presente, liquida società.