di Andrea Biggio
Ipazia è una città invisibile ma davvero reale e Calvino lo sa bene. Infatti scrive che “di tutti i cambiamenti di lingua che deve affrontare il viaggiatore di terre lontane, nessuno uguaglia quello che lo attende nella città di Ipazia, perché non riguarda le parole ma le cose”. La grande difficoltà della nostra epoca è infatti quella di usare, affianco all’emisfero cerebrale sinistro (quello analitico, razionale e digitale – chiamatela mente se volete) per il quale le parole sono fondamentali, anche l’emisfero destro (quello olistico, intuitivo e analogico – chiamatelo cuore se volete) per il quale ad essere decisiva è invece la metafora delle cose. Per affrontare un cambiamento di tal genere è fondamentale avviare una rivoluzione e rinunciare all’approccio troppo limitato, e alla relazione a binario unico, o meglio a emisfero unico, che abbiamo usualmente con il mondo.
Un paladino dell’importanza della maggiore frequenza d’uso dell’emisfero metaforico è Watzlawick, che era professore a Palo Alto e, prima ancora, direttore dello Jung Institute di Zurigo. Il linguaggio, come noi lo sperimentiamo sin da piccoli, è la lingua dell’emisfero destro, quello che osserva il mondo e ne esprime meglio l’immagine. Il problema, sostiene W., nasce nel momento in cui noi vogliamo tradurre questa lingua analogica in una lingua digitale che è quella dello spiegare, giustificare, analizzare, interpretare, confrontare, anziché impadronirci di una modalità, anch’essa analogica come l’emisfero, per esprimere meglio quel linguaggio. In altri termini, sarebbe davvero interessante imparare ad usare maggiormente forme linguistiche metaforiche. Il linguaggio dei sogni, dei lapsus, delle favole, dei miti, della pazzia è pieno di significati che non possono essere consegnati sic et simpliciter all’espressione tipica dell’emisfero sinistro con le sue spiegazioni, giustificazioni, analisi, interpretazioni, confronti. “La traduzione della lingua dell’immagine in quella logica è un tentativo disperato!” Come ben sa Calvino che, nelle “Lezioni americane”, promuove il pensiero indiretto al rango di “leggero”, citando il mito delle Medusa, e di Perseo il quale per ucciderla – non potendola guardare in faccia, pena la pietrificazione – usò come specchio riflettente il suo scudo lucido per guardarla “indirettamente”, trafiggerla e annientarla! Ecco dunque l’importanza, per esempio, di aforismi e metonimie per esprimere sinteticamente ed efficacemente immagini che richiederebbero fiumi di parole e ragionamenti pesanti per essere comunicate e così naturalmente non comprese…
Calvino invita ad affrontare il cambiamento di linguaggio, da un emisfero all’altro, perché “i segni formano una lingua ma non quella che credi di conoscere” e in questo modo… “capii che dovevo liberarmi dalle immagini che fin qui m’avevano annunciato le cose che cercavo: solo allora sarei riuscito ad intendere il linguaggio di Ipazia”. Per scoprire questo passaggio bisogna rivolgersi al “sapiente” (nel I Ching il Grande Uomo, Da Ren) che si trova in un giardino con giochi infantili: birilli, altalena, trottola. Il sapiente che è in noi, colui che è più in contatto con la nostra dimensione arcaica e primordiale, è quindi il solo in grado di far esprimere anche il bambino interiore.
W. cita un famoso caso terapeutico non suo, nel quale una paziente frigida veniva spinta ad immaginarsi, in ogni particolare, il modo in cui avrebbe potuto scongelare il suo frigorifero: partendo dallo scomparto superiore, poi quello del mezzo e quindi quello inferiore; che cosa tirerebbe fuori prima e cosa dopo; quanto ghiaccio può essersi formato nel tempo; in quale punto lo strato è più spesso; quante cose dimenticate possono esserci negli angoli più nascosti; cosa non è stato buttato via che invece avrebbe dovuto esserlo; quale sia il modo migliore per effettuare lo scongelamento finale; cosa vale la pena di essere conservato e come queste cose rimaste possono essere rimesse a posto. In questo modo immaginifico di mescolare elementi concreti con elementi simbolici si può trovare una strada interessante per il cambiamento.
Il Libro dei Cambiamenti (I Ching, il libro metaforico per eccellenza) all’esagramma 49 – 革 Gé: Il sovvertimento. La muda. Révolution. Abolishing the old. Lo spellarsi. – ci indica che abbiamo una grande potenzialità di abbandonare ciò che è vecchio: via il vecchio avanti il nuovo. L’ideogramma Gé che lo denomina raffigura una pelle che viene strappata, da due mani, dall’animale ucciso per poi essere trasformata in cuoio. L’ideogramma si può tradurre con: Eliminare. Abrogare. Cambiare, Rivoluzionare, Rinnovare. Nel “Commento per decidere” (Wilhelm, libro secondo) è detto che “due figlie abitano insieme, ma le loro mentalità non si comprendono l’un l’altra. Questo significa il sovvertimento”. Il Libro ci dice così che è necessaria una grande rivoluzione perché i due emisferi, che abitano insieme, possano comprendersi, nel senso etimologico della parola di prendere insieme, cogliere insieme il significato. Nel testo cinese del commento è presente l’ideogramma xiang (reciprocamente) che ha i seguenti significati: mutua assistenza, incoraggiare, aiutare, unire, mescolarsi, a turni. I due emisferi, infatti, devono potersi unire per mescolare le proprie competenze; incoraggiarsi ed aiutarsi nelle vicende umane; persino permettersi di lavorare a turni, ora l’uno ora l’altro, secondo quanto richiesto dalla situazione.
Le culture orientali e, in particolar modo, quelle dell’Estremo Oriente sono da tutti sfruttate per la ricchezza di aneddoti, aforismi e altre immagini, quando si vuol raggiungere l’obiettivo di “fare il vuoto” per lasciarsi andare al nascere delle immagini interne, senza ragionare all’infinito usando il livello intellettuale. L’ I Ching (correttamente ortografato come Yi Jing) è uno di quegli strumenti fondamentali che permettono di eludere la continua censura che l’emisfero sinistro effettua ai danni di quello destro: “ Procedere sulla coda della tigre. Essa non morde l’uomo. Riuscita.” Che magnifica metafora, è questa della tigre, per segnalare un momento di difficoltà nell’entrare in contatto con il selvaggio – dentro o fuori di noi – con la sessualità, con desideri profondi, con istinti assassini: se si riesce ad assecondare senza conflitto questo contatto “numinoso” si perviene alla “riuscita”. Solo una metafora può, in casi simili, fornirci una efficace strategia per affrontare la situazione e vale più di mille discorsi e ragionamenti logici. Ecco perché da venticinque anni non smetto di stupirmi con lo Yi Jing!