Da Le Città Invisibili… a Le Aziende InVisibili, 30. L’approccio metadisciplinare: management, letteratura, arti visive, mitologia, prima parte

Paradiso_perduto

Le Città Invisibili si presta bene come base per una riflessione sul mondo aziendale, che incrocia, nello stile dello humanistic management, letteratura, arti visive e vita d’impresa, non solo per il suo valore formale, ma anche per i contenuti. Ogni città racchiude un simbolo, un valore, un ricordo, un’esperienza: possiamo a tutti gli effetti dire che si tratta di un libro che descrive la mitologia personale di Calvino in una serie di brevi apologhi, o poesie in forma di racconto, direbbe Carver. Si possono allora applicare a questo testo le osservazioni che Auden propone, riprendendo C.S. Lewis, parlando della Tempesta shakespeariana: “ il mito non esiste affatto in parole… è qualcosa che ha un valore inesauribile. Ma a quale versione, a quali parole pensiamo, nel momento che lo affermiamo? Per quanto mi concerne, la risposta è che non mi vengono in mente le parole di nessun autore… Mi affascina e mi arricchisce un determinato complesso di eventi, che mi affascinerebbe e mi arricchirebbe non meno se mi avesse raggiunto tramite un altro medium del tutto indipendente da strumenti verbali – un mimo, ad esempio, o un film. E penso che il ragionamento valga per tutte le storie come questa…Qualsiasi mezzo di comunicazione riesca a trapiantare quegli eventi nella nostra immaginazione, fa sì che il “trucco” abbia funzionato. A quel punto non serve più, lo si può gettare via… In poesia le parole sono il corpo, e l’anima è qualcosa d’inesprimibile: le parole o il mimo o il film o le sequenze pittoriche non sono neppure abiti – sono poco più di un telefono…. I grandi miti dell’era cristiana sono Faust, Don Chisciotte, Don Giovanni. Tra i miti moderni spiccano Sherlock Holmes e L’il Abner… I fumetti sono un buon punto di partenza per riflettere sulla natura dei miti perché il loro linguaggio è informale."

Questo note si prestano ad almeno due osservazioni. La prima. L’approccio narrativo dello humanistic management punta proprio sull’informalità del linguaggio, poichè i legami personali fra i membri di un gruppo creativo sono spesso conviviali e non seguono la logica tipica dell’organizzazione taylorista o del cosiddetto drive-system. Raramente  un gruppo riesce a esercitare la propria creatività in presenza di modalità relazionali troppo gerarchiche o caratterizzate da dinamiche di scambio e incontro totalmente rigide e formalizzate (tipiche ad esempio dell’organizzazione militare). Chiarita e condivisa invece l’impostazione strategico-organizzativa fondamentale, una certa dose di informalità a tutti i livelli e fra tutti i livelli dell’organizzazione garantisce la flessibilità necessaria per definire e ridefinire costantemente affinità elettive, sinergie, compatibilità caso per caso, progetto per progetto; inoltre, favorisce libertà di pensiero e di espressione facendo affievolire eventuale ansia di prestazione, timore di sbagliare, o quel genere di sudditanza psicologica che deriva da impostazioni organizzative molto centrate sul concetto di “ruolo”. Questo elemento influisce più in generale sulla motivazione delle persone che considerano il proprio lavoro, per le modalità in cui esso si svolge, come gratificante nella misura in cui esso favorisce relazioni serene, amicali, spontanee fra i membri del gruppo.

La seconda. E’ interessante notare che, accettando la definizione di mito proposta da Lewis e Auden, scopriamo che il “surfing barbarico”  con cui Alessandro Baricco indica la tendenza contemporanea “a usare il libro per completare sequenze di senso che sono generate altrove… a leggere libri le cui istruzioni per l’uso sono date in posti che NON sono libri”, si rivela essere niente altro che la ricerca di una dimensione mitica nella realtà contemporanea: dimensione che una società gestita “scientificamente” rischia di distruggere. Le Aziende In-Visibili, con il suo trascorrere continuo fra letteratura, ri-scrittura da parte di una molteplicità di soggetti diversi, sia per estrazione culturale sia per livello di appartenenza al mondo imprenditoriale, e apparato iconografico, si situa proprio nell’ambito di questa ricerca, paradossalmente antichissima e attualissima, in perfetta linea di continuità con L’impresa shakespeariana, “romanzo manageriale a colori” illustrato da Milo Manara, e la combinazione poesia-fotografia-management di Nulla due volte. Si tratta se vogliamo di provocazioni, anche estreme, utili tuttavia a sottolineare la necessità e la concreta possibilità di abbandonare il modello organizzativo scientifico del lavoro (taylor-fordista), caratterizzato da un approccio che tende a distinguere e moltiplicare gli specialisti e teso verso la ricerca di one best way e best practice, a favore di un modello di management umanistico, caratterizzato al contrario da un approccio metadisciplinare (che garantisce la commistione di competenze, professionalità e profili curriculari diversi su progetti condivisi non parcellizzati). La metadisciplinarietà può favorire non solo la nascita di un contesto creativogenico, ma anche una ampia visione  dell’organizzazione: delle sue premesse, dei suoi modi di essere, dei suoi fini. Il che non significa che all’interno dell’organizzazione tutti sappiano fare tutto, bensì che le persone siano in grado di relativizzare il proprio contributo rispetto ad altre discipline e competenze possedute dai propri colleghi e di sentirsi profondamente arricchiti da questa sinergia. Si tratta di abbattere le barriere fra i campi conoscitivi per sprigionare quello che Johansson ne L’effetto medici definisce “il potere dell’intersezione”. Secondo Johansson, le regole da seguire per eliminare le barriere sono:

esporsi ad una vasta gamma di culture;

ribaltare continuamente le assunzioni di base, non dare quindi mai per scontato che il significato palese e tradizionalmente prescritto di ciò che appare sia l’unico possibile;

aprirsi a prospettive multiple, abituarsi a mescolare concetti apparentemente inconciliabili, essere aperti alla scoperta casuale (effetto serendipity).

 

Da Le Città Invisibili a Le Aziende InVisibili, 30 – continua 

In apertura: Paradiso Perduto,  di Luigi  Serafini

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