Pino Varchetta recensisce: La zona (regia di R. Plà)
Al di là del muro il caos brulicante di un desolato, enorme, termitaio umano, la megalopoli più estesa del continente sudamericano, un susseguirsi caotico di favelas brulicanti di vita, di soprusi, di una battaglia quotidiana per la sopravvivenza, un alternarsi con aree di apparente normalità, con i ritmi e le apparenze dei modelli di sviluppo occidentali. Al di qua del muro, "la zona", un ritaglio residenziale, dove tutto è lindo, ordinato, civilizzato, retto da una oligarchia condominiale con proprie norme interne, una propria polizia e una sorta di contratto che aliena la zona dalla legge dello stato, in un’autonomia che per tutelare va ogni giorno nutrita da un sistema di corruzione, vero medium tra il dentro e fuori quel muro di cinta.
In una notte di maltempo tre ragazzi – esemplari di una fauna umana disperata e alla continua ricerca quotidiana di come sopravvivere – approfittando di un varco che si è aperto nella rete di sorveglianza, entrano nella zona per rubare. Come sempre accade, si va oltre l’intenzione e una donna, vittima del tentativo di furto, rimane uccisa. La pronta efferata reazione degli abitanti e della polizia privata uccide due dei tre ragazzi, dando inizio, successivamente, a un piano di caccia per arrestare e sopprimere il terzo della banda, che il sistema di monitoraggio interno ha catturato sui video. Un tentativo di azione "normale" da parte della polizia cittadina viene prima ostacolato e poi fermato da un rinverdito meccanismo di corruzione, pensato ad hoc e capace di gestire al meglio l’eccezionalità della situazione. Quel mondo chiuso, autoriferito, si segmenta su tre livelli: da una parte gli adulti, quasi tutti compatti in un orientamento duro, fino alla ferocia nei confronti della caccia al terzo giovane delinquente; dall’altra i figli adolescenti, che osservano increduli, per poi a loro volta spaccarsi in due fazioni, una esaltata dal gioco sanguinario e una seconda, rappresentata dal giovane protagonista, riflessiva e capace di deprimersi di fronte a tanta violenza e a tanti lutti; infine, il giovane, terzo delinquente che, atterrito, si rintana dove le telecamere non lo possono scoprire e dove viene trovato dall’adolescente con l’enuclearsi e l’infittirsi di una solidarietà tra giovani, forse capace di trovare una terza via, nella speranza di superare la stupida violenza degli adulti. La mdp segue con un’ossessività documentarista l’evolversi della vicenda e premia con un numero infinito di primi piani la giovanile trasformazione dell’adolescente da stupito e incerto a ardimentoso, sicuro protettore di quel suo nuovo amico, da tutti ricercato come esponente di un mondo da allontanare per sempre e da sopprimere definitivamente. Sembra riuscire nel suo piano il nostro giovane eroe, ma la fatalità è in agguato e il male vince: il giovane terzo delinquente viene barbaramente soppresso a pugni e calci dalla folla inferocita degli abitanti della zona, sotto gli occhi compiaciuti della polizia privata. Al giovane adolescente, unico capace di un’empatica pietà, non resta che raccogliere il cadavere del suo recente amico e donargli una sepoltura in un cimitero lontano dalla zona, in una favela accanto ai disperati che l’hanno preceduto. Il regista ha retto fino in fondo, capace di una straordinaria "capacità negativa", non blandito dall’ipotesi di un lieto fine. Solo così noi spettatori usciamo dalla sala attoniti, increduli, ma insieme talmente addolorati da non poter evitare di riflettere e di trasferire, a casa nostra, nel nostro mondo, nelle tensioni di questo nostro paese del dopo elezioni, il senso e l’insegnamento così chiaro di questa storia tragica. La soluzione non può essere nell’armarsi, nell’autodifendersi, ma in una gestione dell’altro che non obblighi, per poter convivere, alla costruzione di mura da una parte e alla tentazione insopprimibile, dall’altra, di scavalcarle. Occorre ripensare nei tempi della globalizzazione ai modi di convivere, alle modalità dell’incontro con l’altro, a superare la condanna che la crescita nella produzione di ricchezza si accompagni, quasi obbligatoriamente, all’incapacità crescente di redistribuirla equamente.
Postato dalla personalità mutante di: Pino Varchetta