«Hai pronunciato le tue parole come se tu non riconoscessi l’esistenza delle ombre e neppure del male. Non vorresti avere la bontà di riflettere sulla questione: che cosa farebbe il tuo bene, se non esistesse il male? E come apparirebbe la terra, se ne sparissero le ombre? Le ombre provengono dagli uomini e dalle cose. Ecco l’ombra della mia spada. Ma ci sono le ombre degli alberi e degli esseri viventi. Vuoi forse scorticare tutto il globo terrestre, portandogli via tutti gli alberi e tutto quanto c’è di vivo per il tuo capriccio di goderti la luce nuda? Sei sciocco».
Così Woland-Satana a Matteo Levi in M. Bulgakov, Il Maestro e Margherita, trad. di V. Dridso, Einaudi Torino, p. 351.
“Ma ditemi: che son li segni bui
di questo corpo …”
(Paradiso, II, 49-50)[1]
«Strana immagine è la tua» disse «e strani sono quei prigionieri»
«Somigliano a noi» risposi «credi che tali persone possano vedere, anzitutto di sé e dei compagni, altro se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna che sta loro di fronte?»[2]
[1] Per il tema dell’ombra nella Commedia cfr. E. Gilson, Qu’est-ce qu’une ombre? (Dante, Purg. XXV), in Archives d’Histoire Doctrinale et Littéraire du Moyen-Age, 1965, pp. 71-93;
E. Gilson, Ombre et Luci dans La Divine Comédie, in Archives d’Histoire Doctrinale et Littéraire du Moyen-Age, 1965, pp. 94-111. Non mi occupo qui della questione.
[2] Rep. 515a (trad. F. Sartori, Laterza, Bari, 1997)
1. continua