di Paolo Costa
I commenti al mio post della scorsa settimana Molto blog, poca partecipazione mi inducono a proporre un supplemento di riflessione. Il tema, lo ricordo, è l’insterilirsi della posizione dei blog nel panorama dei media sociali. Non ci stiamo domandando, genericamente, se il blog sia qualcosa di bello, piacevole o raccomandabile. La questione è: il blog è un medium sociale? Quello che occorre capire, dal mio punto di vista, è se il blogging possa supportare meccanismi di intelligenza collettiva, ovvero forme di differenziazione e integrazione, competizione e collaborazione. Tale capacità dipende da due fattori: il controllo dell’esplosione combinatoria e la possibilità di promuovere la fiducia.
Il primo fattore ha a che vedere con la capacità del singolo di gestire il sovraccarico informativo, ovvero l’amplificazione eccessiva della conoscenza necessaria per risolvere un certo problema (come suggerisce Francesco Monico in Il gentiluomo e il controllo dell’esplosione ricombinatoria (nel blog Stati generali interculturali dei media). L’idea è che a tale scopo siano necessari strumenti critici, ovvero strutture della conoscenza. Ebbene, a me sembra che il wiki possa assolvere a questa funzione, nella misura i cui fornisce modelli e cornici di interpretazione, cioè è costruito intorno a pattern cognitivi. Ciò è meno vero per il blog. Vogliamo fare un esempio? Prendiamo un dominio semantico sufficientemente generico e plurivoco, ma al tempo stesso circoscritto: la città di Trento. Basta vedere Trento Wiki da un lato e Trento Blog dall’altro, per cogliere al volo la differenza fra i due contesti cognitivi. Certo, ha ragione Massarotto quando osserva che il conto andrebbe fatto considerando le dinamiche del network (la cosiddetta blogosfera), piuttosto che quelle del singolo blog. Ma anche in questo caso ci accorgeremmo che mancano strutture cognitive in grado di dare profondità alle conversazioni. La blogosfera è piatta. Non a caso, sociologia e marketing utilizzano software sofisticati, come TruCast di Visible Technologies, per decostruire l’online buzz e conferirgli un senso. Non sarebbe male, come lo stesso Massarotto suggerisce, pensare a un wiki di blog.
Il secondo fattore è rappresentato dalla fiducia. Intendo la fiducia in quanto presupposto conversazionale, condizione necessaria (anche se non sufficiente) di efficacia dell’atto linguistico e di una comunicazione autentica. Assumiamo che la fiducia sia un processo, qualcosa che si costruisce e guadagna nel tempo, nella misura in cui gli attori si impegnano a rispettare determinati principi conversazionali, cioè un’etica della conversazione. Anche da questo punto di vista credo che, fra tutti i media sociali, il blog sia quello più debole, perché fatica a incorporare una dimensione dialettica. E, ancora una volta, ritengo che il modello del wiki sia strutturalmente più adatto a sostenere una relazione intersoggettiva. In generale, la blogosfera non sembra godere di una grande reputazione. Colpiscono i dati dell’ultimo Edelman Trust Barometer, che evidenziano il basso livello di fiducia risposto dall’opinione pubblica nei confronti dei blogger (fate clic sull’immagine per allargarla):
Quali sono le caratteristiche che un medium sociale deve avere, per sfuggire alla deriva solipsistica e autoreferenziale? Riporto alcuni punti indicati da Giampaolo Azzoni nel suo intervento al recente Euroblog 2008 di Bruxelles (How could social media operators reduce and monitor trash? Self or hetero-regulation: ethical, legal and social issues):
- opening to a plurality of points of view;
- obligation to rectify undoubtedly wrong information;
- link to other websites, even if potential “competitors”;
- correctness in the use of language;
- awareness of the necessity of balance between free speech and right to privacy and reputation;
- emargination of non-ethical websites.
Ora, mi sembra abbastanza evidente che tali caratteristiche sono più facilmente riscontrabili nelle esperienze realizzare con piattaforme wiki, piuttosto che nei blog.