La città scomparsa

Pino Varchetta su: Non è un paese per vecchi (regia di Joel e Ethan Coen)

Qualcuno ha parlato di western contemporaneo. I mentori del film, uno sceriffo e il suo vice, hanno una lunga tradizione familiare, pressoché un fatto genetico, di servizio per la legge. Il padre ha fatto lo sceriffo, il nonno che ha fatto lo sceriffo, il bisnonno ha fatto lo sceriffo. La famiglia ha attraversato le città del Texas, per meglio dire i villaggi del Texas, quelli con la strada in mezzo che tagliava in due l’agglomerato urbano, due file di edifici di legno, un emporio, il saloon, l’albergo, le abitazioni, l’ufficio dello sceriffo, qualche volta la chiesa. Polvere, cavalli, brutti ceffi in giro, e lo sceriffo, quello con la stella sul petto, qualche volta coraggioso, qualche volta corrotto, quasi mai vile.

Per vedere il trailer del film clicca qui:

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Noi cambiamo velocemente e con noi il nostro mondo. In questo racconto, bello quanto terribile, quei villaggi sono scomparsi; il paesaggio si è come spogliato di ogni protuberanza urbana ed è diventato un susseguirsi senza fine di un’autostrada con il deserto a destra e a sinistra, di motel uno uguale all’altro, di rare stazioni di rifornimento, qualche shop dove, a differenza dei tempi passati, non si può trovare tutto, qualche taverna dove sicuramente si mangiano cibi squallidi. Siamo al confine con il Messico (ricordate L’infernale Quinlan del grande Orson Welles?). Cinque messicani uccisi, due pick up, uno pieno di droga. Un erede scapestrato dei cowboy di un tempo incappa in questo artefatto della contemporaneità, arraffa il grisbi, una valigetta piena di dollari, nella convinzione profonda, in fondo siamo nel west, che sia sua. E lungo questa convinzione, che diventa perfino un’etica, si scatena la lotta degli uomini e delle donne perché quello che resta è solo questo: droga, soldi, violenza, sangue, morte. Sopra tutti aleggia il diavolo che ha deciso di vagabondare per qualche settimana in quella regione del Texas che confina con il Messico armato di un’arma con la quale, di solito, si macellano gli equini. C’è poco da raccontare, una lunga sequenza di uccisioni, di sadici giochi con vecchi e donne neppure impauriti tanto sono annientati dal dolore della città scomparsa. Niente media più e nella città scomparsa lo sceriffo e il suo vice non sono più i protagonisti, ma coppia dolente, il coro di una tragedia greca, che commenta tutto quello che scorre sotto i suoi occhi impotenti, capaci solo di osservare ma non di armare alcuna intenzionalità reattiva. “Questo paese è duro con la gente … non puoi fare tutto da solo, non puoi fermare quello che sta per arrivare”. E un po’ prima lo sceriffo nell’incontrare un vecchio sopravvissuto, traccia vivente del passato, si era sentito dire “che da quando non si dice più grazie, questo paese è cambiato”. La città è scomparsa e con essa la gente. Nel racconto quel diavolo incontra solo i protagonisti: quelli che in gergo cinematografico si definiscono comparse e per noi che andiamo ancora al cinema sono la gente che vediamo muoversi sugli schermi insieme, dietro e davanti ai protagonisti, non ci sono più. Sono scomparsi insieme alla città, per lasciare tutto lo spazio al diavolo e alle sue vittime in un non-luogo che, come è stato osservato, non è più solo un paese per vecchi, ma con alta probabilità “non è neppure più un paese”. C’è da riflettere.

Per vedere la scena finale del film clicca qui:

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Postato dalla personalità mutante di: Pino Varchetta

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