Nuova Longevità e Tecnologia Senza Eccezione
L’impatto sulle aziende del “combinato disposto” determinato dai trend demografici in atto e dal rapidissimo sviluppo dei processi di Digital Disruption è stato al centro del mio intervento alla Biennale Innovazione di Venezia così come in altre recenti occasioni di incontro con clienti e appartenenti alla business community (la prossima sarà il workshop di oggi pomeriggio presso l’Academy di Hera, dove mi confronterò su questi temi con i 150 manager della società insieme al VP Europa di Cisco David Bevilacqua).
I punti di partenza del ragionamento sono stati fissati da un Report, realizzato da Trendlab e distribuito a tutti i partecipanti alla Biennale Innovazione, che in sintesi sono i seguenti:
Cambiamento demografico
Secondo le Nazioni Unite l’aspettativa di vita globale potrebbe salire a più di 75 anni nel 2050. I trend attuali e di breve periodo consentono di osservare uno sbilanciamento dei rapporti intergenerazionali verso i gruppi di età più anziana caratterizzanti la struttura demografica del nostro Paese.
Il cambio demografico a livello mondiale pone in rilievo il sorgere di nuovi concetti di struttura sociale, di famiglia e di forze lavoro, ponendo in relazione alcuni temi come aumento della popolazione/ crescita economica, gioventù/innovazione, invecchiamento/modelli comportamentali e organizzativi, globalizzazione/fenomeni di localismo.
La nuova longevità implica non solo sfide, ma anche opportunità per i cittadini, i sistemi sociali e sanitari, nonché l’industria e il mercato europeo. L’Europa, come molte altre parti sviluppate del mondo, è nel mezzo di una transizione demografica che è destinata a trasformare in modo radicale il modo in cui sono strutturati gli ambienti di vita delle nostre società: la casa, gli ambienti di lavoro, gli ambienti pubblici.
Il miglioramento delle condizioni di vita e i progressi in ambito medico-sanitario stanno determinando, accanto all’allungamento dell’aspettativa di vita, un aumento degli anni di buon salute aprendo così nuovi e significativi mercati di consumo e di servizi specifici e spingendo per un cambiamento degli attuali modelli socio-economico-produttivi per valorizzare il contributo di una fascia sempre più rilevante della popolazione ancora potenzialmente attiva. Di conseguenza, l’attenzione si rivolgerà alla lotta contro le malattie legate all’anzianità, come l’Alzheimer e il cancro. La cattiva alimentazione ha causato un aumento dell’obesità, creando nuove sfide per il sistema sanitario e nuove opportunità per le industrie farmaceutiche.
Tecnologia senza eccezione
Per continuare a essere competitive, le aziende devono evolvere, devono investire; investimenti in nuove aree e in nuove tecnologie che possano supportare le moderne richieste degli utenti. La global connectivity avrà come primaria conseguenza l’aumento della diffusione delle informazioni e questo impatterà sulle organizzazioni, sulle relazioni e sulle persone.
Crescerà la trasparenza delle organizzazioni, dovranno essere gestite modalità sempre più diffuse di online crowds che porteranno alla gestione di nuovi modi di produrre innovazione (open innovation).
Le comunità digitali e i social network, a seguito del consolidamento delle nuove tecnologie di comunicazione e della diffusione della “cultura della community”, si stanno affermando come vere e proprie realtà sociali e professionali, modificando in maniera radicale i tradizionali meccanismi relazionali e reputazionali. Facebook con oltre 800 milioni di utenti attivi è considerato uno “Stato globale”; Linkedin conta oltre 100 milioni di iscritti; Twitter genera 3 miliardi di messaggi annui. Tutto ciò e l’esasperazione del “sempre connesso” porteranno alla destrutturazione dei concetti di privacy e di “confidential information” e sorgeranno nuovi rischi legati all’essere online.In quest’ottica, la cyber security diverrà un elemento fondamentale per la gestione della vita digitale dell’individuo e si assisterà alla ricerca di un tempo per la disconnessione.
Infine, nell’ambito delle GRIN technologies (Genetic & Personalized Medicine), si prevede robots in ambiti di sicurezza e assistenza, internet sensoriale e intuitiva, nano materiali che porteranno alla crescita della virtualizzazione, dell’automazione e della realtà aumentata. Questo comporterà un cambiamento radicale dei meccanismi lavorativi su scala globale, caratterizzati dalla disponibilità 24/7, dallo sviluppo delle smart machine e dalla necessità di acquisizione di nuove competenze da parte dei lavoratori. In passato il lavoro su catene di montaggio e la disponibilità di personal computer hanno causato impennate senza precedenti per quanto riguarda la produttività. Adesso l’innovazione, l’economia della conoscenza e la necessità di manodopera più qualificata sono diventate la chiave per l’aumento della produttività e la crescita economica a lungo termine.
Siamo tutti Millenials
Fin qui i ricercatori di Trendlabs. Dal mio punto di vista, la prima conseguenza, scaturente dall’insieme combinato dei trend sopra rilevati, è la progressiva scomparsa della distinzione che è stata in questi ultimi anni ribadita fino alla noia fra Baby Boomers, Generazione X (nati fra il 1960 e il 1980) e Generazione Y (i Nativi Digitali). Due notissimi video reperibili su YouTube descrivono meglio di tante parole quella che per molto tempo è sembrata essere una distanza incolmabile fra le generazioni.
Il primo mostra una Nativa Digitale per la quale una rivista cartacea è solo “un Ipad che non funziona”.
Il secondo, è una caricatura del classico “Tardivo Digitale”:
Ora, se la vostra è ancora una di quelle aziende in cui gli assunti degli ultimi anni assomigliano alla bambina del primo video e i loro capi (per tacere dei Top Manager) sono nelle condizioni dell’anziano signore del secondo… bene, è chiaro che avete un problema.
Lo stesso vale se guardiamo al problema dalla prospettiva del consumatore. Un celebre spot di due anni fa realizzato da McDonald’s vuole affermare una visione secondo cui giovani e anziani vivono vite parallele ed incomunicabili (dove l’unico anello di congiunzione è ovviamente costituito dalla degustazione di un hamburger).
Ma in questi ultimi mesi le cose sembrano radicalmente cambiate. I dati ci dicono che, sotto la pressione dei processi di Digital Disruption, la situazione sta rapidamente evolvendo verso una convergenza trasversale dei comportamenti e quindi dei modelli mentali.
Ad esempio, un recente report del MIT sottolinea come il 57% dei dipendenti aziendali di età compresa fra i 22 e i 52 anni ritengono ineludibile l’evoluzione delle imprese tradizionali in Social Organization, ed in particolare, come ha scritto Jeanne Meister su Forbes, “si aspettano sempre di più che il datore di lavoro faccia vivere loro la stessa esperienza utente di quando si riservano un taxi Uber o Lyft, pagano le bollette in Bank of America attraverso un’applicazione mobile, o ordinano la cena online su GrubHub”.
Nelle nuove realtà (sempre più Platfirm abilitanti l’azione dello Humanware) è quello che possiamo chiamare un Digital Mobile Workplace a veicolare l’attività professionale delle persone attraverso una miriade di applicazioni personali e di business; tutto questo, conclude Meister, “costringe la Direzione HR ad adottare un numero sempre maggiore di applicazioni mobili per il reclutamento, la partecipazione, l’apprendimento, la definizione e la gestione degli obiettivi”.
E non è solo un fatto tecnologico: il punto chiave è il sistema cognitivo e culturale che sta completamente cambiando. Le persone di tutte le età esigono oggi dalle aziende un set valoriale non solo retoricamente declinato ma concretamente agito che premia ad esempio l’autorevolezza e non l’autoritarismo legato a rendite di posizione o all’occupazione di ruoli gerarchici ottenuti per diritto di nascita o collusioni più o meno lecite; uno stile di Leadership (Social Leadership) fondato su trasparenza e fiducia che sostituisca l’ormai logoro modello Comando e Controllo; la sostituzione del vecchio motto Divide et Impera cui ancora si ispira troppo spesso il management aziendale, con uno che potrebbe essere denominato “Condivide et Impera”; ma soprattutto la valorizzazione dell’intelligenza collaborativa invece che la strenua difesa della stupidità diffusa di chi vorrebbe avere in azienda persone “pagate per lavorare e non per pensare”.
In sintesi, la vecchia distinzione fra immigrati e nativi digitali ha sempre meno senso: piuttosto è vero che siamo ormai tutti i cittadini digitali che, in diversa misura, contribuiscono alla cosiddetta Social& Digital Disruption che sta definendo modifiche radicali nei modelli di business, nei comportamenti di acquisto e nella gestione delle aziende.
Tutto questo in un contesto nel quale comunque i Millenials stanno superando gli appartenenti alle altre generazioni in azienda, secondo IBM, mentre per il Pew Research Center il sorpasso è già avvenuto.
Ancora, se andiamo a verificare i trend di utilizzo di Facebook per fasce di età, scopriamo che nel corso del 2014 si è verificato un aumento dell’80% degli utenti ultracinquantacinquenni e che il segmento dei maggiori utilizzatori è quello compreso fra i 35 e i 54 anni.
La fascia degli ultracinquanticinquenni si sta sempre più avvicinando a Social Newtwork come Whatsapp e Facebook per diverse ragioni: per dialogare con figli e nipoti a distanza ma anche per beneficare di tutti i supporti 2.0 legati alla salute (app per smartphone, wearebles, medici on line…). E’ interessante da questo punto di vista il caso della app iNonni realizzata da Sanofi e presentata al Social Business Forum 2015. È un’applicazione per dispositivi mobili, semplice e intuitiva, con grafica e funzionalità essenziali per consentire agli anziani di accedere alla tecnologia digitale. La app visualizza sul device quattro grossi riquadri colorati, ognuno dei quali permette di accedere a una delle sezioni di iNonni: Scuola (micro lezioni per la “formazione digitale” della terza età), Messaggi (sistema di messaggistica collegato a un gruppo di familiari registrati), Notizie (una Bacheca virtuale informativa sulle attività interne della struttura e su quelle di carattere ludico‐sociali), Salute (informazioni e contenuti editoriali sulla salute dedicati agli anziani). Riporto di seguito le slide più significative della presentazione e un video che descrive bene il progetto.
Le adiacenze radicali
Il caso di iNonni è estremamente significativo, anche perchè testimonia bene la teoria delle “adiacenze” radicali o convergenti, applicando la quale le aziende tradizionali possono vincere la sfida posta dai “Social Disruptors”. Secondo McQuivey, il famoso ricercatore Forrester autore di Digital Disruption, “l’innovazione delle possibilità adiacenti è una disciplina centrata sul cliente che consente di generare rapidamente molte più idee per prodotti e servizi di quante se ne possano generare limitandosi a osservare i prodotti già esistenti e chiedendosi cos’altro si potrebbe fare….
… La nozione del possibile adiacente trova applicazione anche nell’ambito delle idee umane. Come leggiamo in Dove nascono le grandi idee di Steven Johnson, le principali innovazioni della storia umana sono nate da un processo analogo, una successione di possibilità adiacenti. Dalla valvola termoionica al GPS al World Wide Web, Johnson dimostra che queste idee cruciali sono nate con un’espansione graduale tramite una serie di idee adiacenti, alcune delle quali sono inizialmente in conflitto tra loro o quantomeno generano confusione. Questa teoria trova oggi una perfetta dimostrazione nell’iPad, un prodotto presentato come magico e rivoluzionario dal suo creatore, ma che in realtà dipendeva da tutte le adiacenze esplorate in precedenza da altre aziende”.
Allo stesso modo, come dimostra anche la crescente attenzione dell’azienda verso le startup, Sanofi sta capendo che una casa farmaceutica non può più limitarsi ad offrire al mercato medicinali: occorre anche lavorare sulla “possibilità adiacente” dei servizi di supporto al paziente che sono tanto più efficaci, nei termini della nuova “Ubernomics” o “Economia On Demand”, quanto più sfruttano le nuove tecnologie per fornire risposte, in tempo reale e a costo zero, ad esigenze puntuali degli stakeholders.
La Generazione C
In questo quadro si capisce allora perchè oggi si parla sempre di più di “Generazione C”, come protagonista delle relazioni dell’azienda con tutti gli stakeholders interni ed esterni.
Il più celebre assertore di questa idea è senz’altro Brian Solis il cui pensiero si fonda sulla seguente premessa: “C’è una cosa che devi sapere a proposito della Generazione C prima di approfondirne il significato: non è un gruppo basato sull’età, ma sulla connessione”.
Ma anche altri stanno evidenziando il fenomeno. Hartigan ad esempio sostiene che sta emergendo una classe sempre più numerosa di persone in larga parte rappresentata da over-trentacinquenni che sono caratterizzate da 4 C:
Creation e Curation: producono regolarmente e curano la distribuzione di materiali multimediali, con una spiccata preferenza per video diffusi su YouTube, fornendo anche nuovi modelli di Social Leadership, che ho descritto ad esempio nel post Il Top Manager come Content Curator;
Community: sono attivi consumatori online e spesso Brand Ambassadors della marche che amano;
Connection: sono ovviamente “sempre connessi”.
Lo studio di IBM sul futuro del lavoro sopra ricordato sostiene che i membri della generazione C stanno prendendo il sopravvento nelle grandi aziende, le quali dovranno tenere conto di alcune loro caratteristiche quali:
il desiderio di contribuire in maniera significativa al processo di creazione di valore,attraverso la massima collaborazione possibile fra “personal brands” che vengono riconosciuti e premiati per la loro autorevolezza, capacità e competenza ;
l’esigenza di massima flessibilità che richiede lo sviluppo di progetti articolati di Smart Working;
l’urgenza di essere essere co-autori dello sviluppo di quella che Carlo Bagnoli chiama “l’impresa significante“, in cui il sensemaking non è una vacua retorica politically correct, ma è il centro della strategia aziendale: “L’impresa insignificante è egoista, non cresce, non crea e non distribuisce valore, non è competitiva e spesso non paga le tasse; l’impresa significante è quella che produce valore e lo distribuisce all’esterno, in modo da creare un fattore di moltiplicazione… Un’impresa significante deve ambire a un’eccellenza imprenditoriale che coinvolga ogni aspetto del suo governo per sviluppare una superiore capacità di soddisfare, contemperandole, tutte le legittime aspettative degli appartenenti alla società intesa sia come organizzazione (soci e lavoratori) che collettività (clienti, fornitori, cittadini, ecc.). Questo ideale deve esplicitarsi in un’inesauribile spinta alla crescita quali-quantitativa e in una cultura aziendale costruita su credenze definite in termini ampi, così da avere validità universale e permanente per non ostacolare l’innovazione strategica”.