Le Aziende e i Social Media. I risultati completi della ricerca Lundquist


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Lundquist Social Media Award

E’ stata diffusa oggi la sesta e ultima parte del Lundquist Social Media Awards 2012, una serie di studi approfonditi e innovativi sulle modalità di utilizzo dei social media per la comunicazione istituzionale. Lo studio è composto da diverse micro-ricerche verticali dedicate a specifici canali che oltre a Twitter prendono in considerazione i principali social media. Abbiamo dato conto della prima parte della ricerca in un post dedicato ad HERA, vincitrice della classifica riferita al miglior posizionamento strategico in termini di Employer Branding.

Gli studi successivi hanno analizzato la copertura da parte di Wikipedia delle maggiori aziende italiane, l’utilizzo delle piattaforme di professional networking (in primis LinkedIn), i canali di file sharing (YouTube, SlideShare, Flickr e Pinterest), l’utilizzo dei social media da parte del top management aziendale ed infine l’utilizzo di Twitter.

Rivediamo dunque in sintesi i dati riferiti a queste altre cinque parti della ricerca.

Wikipedia

Edison

La terza edizione della ricerca Lundquist sulla copertura di Wikipedia delle maggiori aziende italiane mostra un leggero miglioramento nella qualità dell’informazione rispetto alla precedente edizione. Tuttavia le pagine su molte aziende rimangono trascurate o completamente ignorate dalla comunità di Wikipedia. Le pagine migliori si sono rivelate essere quelle su Luxottica, Fiat spa e Pirelli.

Nonostante Wikipedia, la liber enciclopedia online, sia il quinto sito più visitato al mondo, informazioni di qualità e aggiornate sono disponibili solo sulle voci di una ristretta cerchia di note aziende nazionali, mentre nel resto degli articoli sulle società, le informazioni non vanno oltre i dati di base e ad alcuni sintetici cenni su storia e notizie sul business.

Lo studio rivela inoltre che le pagine più complete – quelle su Luxottica, Fiat spa e Pirelli – sono quelle supportate da un maggiore numero di editor attivi, oltre che essere tendenzialmente anche le più visitate.

La qualità delle voci ha subito un leggero miglioramento rispetto alla precedente ricerca realizzata nell’aprile 2010, guidato soprattutto dallo sviluppo di pagine sulle società in alta classifica come Luxottica, Intesa Sanpaolo, Pirelli e Telecom Italia, oltre che da un aumento del numero di voci sulle aziende (da 57 presenti nel 2010 a 66 di questa edizione).

Il contesto italiano è caratterizzato da una copertura ancora scarsa di voci sulle società, 34 società tra le maggiori 100 società italiane non ha una pagina che le riguarda su Wikipedia. Gli articoli esistenti spesso forniscono informazioni limitate e non presentano dati essenziali come ad esempio quelli su profitti e ricavi, non presentano un elenco dei principali manager o informazioni su controversie e criticità delle attività.

Generalmente le società sono scoraggiate dal fare cambiamenti diretti all’interno delle voci che le riguardano, ma hanno comunque un ruolo nel supportare ed espandere la comunità di editor con l’interesse comune di migliorare la qualità degli articoli.

La ricerca rivela che la comunità di Wikipedia svolge un buon lavoro di copertura delle informazioni solo per le più grandi e note aziende italiane, per il resto delle società le informazioni sono limitate o addirittura inesistenti.

Il panorama nazionale ha subito comunque un leggero miglioramento rispetto all’edizione passata della ricerca, il punteggio medio è salito da 4,5 punti del 2010 a 6,2 su un totale di 25 punti (pari al 25%); l’incremento è ancora maggiore se non vengono prese in considerazione le società con punteggio zero, cioè quelle senza una pagina.

Il miglioramento della qualità delle informazioni è dovuto principalmente ai punteggi ottenuti dalle voci su società in alta classifica, la media delle top 10 di quest’anno è infatti salito da 12,6 del 2010 a 15 di quest’anno. All’estremo opposto però, come dievamo,  ancora 34 tra le maggiori 100 società italiane non ha un articolo su Wikipedia.

Le pagine che hanno guadagnato più punti quest’anno sono quelle su Luxottica (+9) seguita da Exor (+ 8,5) e a pari merito da Intesa Sanpaolo, Telecom Italia e Pirelli (+ 7,25).

Questa situazione può essere spiegata dal fatto che le pagine più complete tendono anche ad avere un numero maggiore di editor attivi. Per esempio le prime tre voci in classifica (quelle su Luxottica, Fiat spa e Pirelli) hanno tutte almeno 26 editor che hanno contribuito all’articolo durante il 2011 e un aggiornamento mensile svolto almeno da 6 editor diversi nell’ultimo quadrimestre.

L’Executive Summury completo di tutti i dati riferito a questa sezione è scaricabile qui.

Careers fiat

LinkedIn

I risultati evidenziano che due terzi delle maggiori 100 società italiane non ha una presenza gestita su LinkedIn, il più importante social network di questo tipo. Questo risultato si contrappone a un crescente interesse da parte degli utenti LinkedIn di seguire attivamente queste aziende. Le maggiori 100 società italiane contano oltre 115.000 dipendenti iscritti a LinkedIn, ma il numero di utenti che seguono queste aziende (follower) è circa il triplo. Ignorare questo tipo di canale significa per le imprese ignorare anche le attese di un pubblico interessato.

Un approccio proattivo delle società su LinkedIn si riflette in un significativo aumento del numero di persone che seguono le pagine aziendali. Se in media le 58 società con pagine non gestite dalle società hanno un seguito di quasi 3.000 follower ognuna, quelle con una presenza attiva (30) riescono ad attirare in media 5.700 follower, quasi il doppio. Sono dodici, invece, le società che non hanno una pagina su LinkedIn.

I due terzi delle società che dispongono di una pagina hanno una presenza “non gestita”, vale a dire una semplice pagina auto-generata dal sistema. I casi più eclatanti riguardano quattro società – Cattolica Assicurazioni, Esselunga, Saras e Tod’s – la cui pagina aziendale non presenta alcun tipo di informazione.

Anche grandi aziende nazionali beneficiano solo di contenuti auto-generati (breve profilo della società, mappa della sede, link al sito aziendale e news sulla società). Alcuni di questi hanno un network di oltre 10.000 persone su LinkedIn tra dipendenti e follower, anche senza nessun intervento da parte della società per costruire questa rete di contatti.

Solo un terzo delle società italiane ha fatto interventi nella propria pagina. Inoltre, in molti casi questi interventi sono comunque minimi, spesso un semplice aggiornamento del profilo senza inserire ulteriori informazioni. Tuttavia aziende come Edison, Eni, Indesit, Fiat SpA, STMicroelectronics e Telecom Italia si distinguono per una gestione attiva della pagina, cercando di fare leva in qualche modo su tutta la gamma degli strumenti messi a disposizione da LinkedIn: dal profilo della società alla presenza dei prodotti e servizi, all’employer branding.

Tra le società valutate all’interno della ricerca non sono emersi esempi di eccellenza, ovvero pagine aziendali che soddisfacessero al meno tre quarti dei requisiti e con un buon livello di interattività e coinvolgimento dei follower. Inoltre, solo 13 società utilizzano LinkedIn per cercare attivamente candidati inserendo posizioni aperte.

L’Executive Summury completo di tutti i dati riferito a questa sezione è scaricabile qui.

Enel

File sharing

Nell’anno delle infografiche e dell’acquisto milionario di Instagram, la nuova frontiera dei social media passa per le immagini. Per le aziende questo significa raccontarsi non solo attraverso parole ma anche immagini e, soprattutto, i video. YouTube è tra i social media maggiormente utilizzati dalle società italiane: sette su dieci hanno aperto un proprio canale, sebbene questo venga utilizzato principalmente come archivio. Largamente sottovalutati gli altri canali di file sharing come Flickr, Pinterest e Slideshare.

A prima vista, dunque, sembra che YouTube non sia stato trascurato dalle imprese come strumento per veicolare la propria storia, identità e prodotti. Secondo lo studio condotto da Lundquist, due terzi delle prime 100 società italiane hanno una presenza su questo canale.

Tuttavia, buona parte di queste società utilizza YouTube come semplice archivio di materiale già esistente quali spot pubblicitari e il classico video istituzionale. In questo modo le potenzialità “social” del canale (condivisione dei contenuti, acquisizione di follower) non vengono sfruttate: è come se le aziende usassero YouTube come semplice player della propria video gallery.

Ma anche se molte imprese fanno uso di YouTube, sono poche in Italia che hanno alla base una strategia per il suo utilizzo collegato alla costruzione dell’immagine corporate: solo un terzo del campione analizzato – 32 società – presenta contenuti non di tip esclusivamente commerciale, come interviste al management, iniziative di responsabilità sociale, video di branding, ecc.

Otto società si distinguono in questo contesto presentando canali altamente personalizzati con una molteplicità di contenuti video, che spaziano dal commerciale all’istituzionale, in modo da costituire una web tv aziendale. Così su YouTube trasmettono un’immagine dell’azienda a tutto tondo, dove i contenuti istituzionali rafforzano la reputazione e l’offerta commerciale. E sono i numeri a dare loro ragione. Queste otto società (Banca MPS, Banca BNL, Banca Mediolanum, Edison, Enel, Eni, Siemens, UniCredit) ottengono mediamente l’85% in più di iscrizioni al canale rispetto alle altre società monitorate.

Da sottolineare poi come SlideShare sia un’occasione mancata d’interazione con la business community.

Soltanto 17 società su 100 hanno una presenza sulla più importante piattaforma di condivisione di presentazioni e 5 di queste non presentano aggiornamenti nel corso del 2012. Nella maggior parte dei casi Slideshare viene usato impropriamente per condividere documenti testuali come bilanci e comunicati stampa.

Se YouTube rivela un’alta percentuale di società con una presenza, SlideShare, che conta quasi 29 milioni di visitatori unici al mese3, è sottovalutato dalla maggior parte delle società italiane. Rispetto ad altri social media SlideShare è un canale di facile gestione e contribuisce a diffondere i contenuti aziendali e a migliorarne il posizionamento all’interno dei motori di ricerca.

La forte connessione tra la piattaforma di “presentation sharing” e il mondo dei professionisti è stato confermato anche dall’acquisto di Slideshare da parte di LinkedIn, illustrato come una naturale fusione di due piattaforme rivolte principalmente alla business community.

L’Executive Summury completo di tutti i dati riferito a questa sezione è scaricabile qui.

I Top manager e i Social Media

Dal monitoraggio sull’utilizzo dei social media da parte del top management delle 100 società più importanti in Italia emerge che, tra i 513 professionisti studiati, solo il 5% usa Twitter, circa la metà sono su LinkedIn e sono in sette a tenere un blog.

Più in dettaglio,  i social media rimangono ancora poco conosciuti per 513 top manager italiani tra AD, CFO e presidenti e la prima linea che si occupa di comunicazione (stampa, IR, CSR e HR): LinkedIn non è utilizzato da più del 50% del campione mentre
sono poche persone che si affacciano su Twitter o scrivono un blog. Buona parte degli account social media, inoltre, risultano incompleti o poco aggiornati. Facebook non è stato considerato perché al di fuori dalla sfera prettamente professionale e gli account non sono accessibili né verificabili.

Il 5% è attivo su Twitter: di frequente vengono mischiati contenuti personali e professionali o associati all’azienda. Solo tre persone usano questo social network per scopi prettamente professionali.

Esistono 25 account attivi, 9 inattivi da almeno due mesi e 4 mai utilizzati.

Le società con il maggiore numero di manager presenti su Twitter sono Edison (4 profili) e RCS MediaGroup (3). Su LinkedIn è presente quasi la metà dei manager, ma non tutti sono così assidui nell’aggiornare le informazioni che li riguardano: 31 (il 12,7% di chi ha un profilo) hanno un profilo con la propria posizione non aggiornata, il che rende difficile una corretta identificazione.

Curioso notare il caso dei direttori di risorse umane: il 46% non è presente sul più grande social network di reclutamento.

Quasi il 40% dei profili LinkedIn supera i 200 contatti e più della metà aderisce a gruppi più o meno connessi con la propria attività professionale, questo è indice di maggiore partecipazione alle attività della community.

E’ incoraggiante infine aver trovato sette esempi di blog, per la maggior parte aventi taglio “misto”, in cui vengono, quindi, affrontate tematiche legate alla sfera personale e professionale.

Ma quali manager sono più attivi?

I professionisti maggiormente presenti sono quelli che ricoprono cariche in relazione più diretta con gli stakeholder aziendali come il direttore di comunicazione, il responsabile ufficio stampa e il responsabile CSR. Interessante notare che 5 presidenti e 4 amministratori delegati utilizzano Twitter.  Le donne risultano più attive degli uomini, in particolare su Twitter la percentuale di donne presenti è doppia rispetto a quella dei colleghi uomini (12,2% contro 6,3%).

Le piattaforme di social networking, come Twitter e LinkedIn e i blog, influenzano in maniera sempre più incisiva la reputation delle aziende e il contesto che le circonda. E’ essenziale quindi che i top manager siano in grado di leggere ed interpretare dinamiche e consuetudini che regolano questi canali, in maniera tale da poter completare la propria visione d’insieme ed essere in grado di interagire adeguatamente con tutte le forze che agiscono sull’organizzazione entro cui operano.

L’Executive Summury completo di tutti i dati riferito a questa sezione è scaricabile qui.

Unicredit

Twitter

L’utilizzo di Twitter per la comunicazione corporate da parte delle società italiane è in crescita, quasi il triplo degli account in più rispetto al 2010, sono infatti 29 le società con un profilo legato a tematiche corporate o di branding. La tendenza è quella di creare più account dedicati a diverse tematiche, dagli account “tuttofare” di gruppo, a quelli verticali per tema (come responsabilità sociale ed employer branding), a quelli dedicati ad iniziative specifiche o di branding.

Lo scopo dello studio è quello di condurre una mappatura a livello italiano per capire come le aziende stiano utilizzando Twitter per raccontare la loro storia e costruire la reputazione online da un punto di vista corporate.

La ricerca evidenza come nella maggioranza dei casi il più famoso social media di microbloggingviene utilizzato ancora in modalità “push”, cioè come un ulteriore mezzo per rilanciare informazioni sulla società prodotte per altri canali, non sfruttando a pieno la parte “social” di condivisione e confronto. Dai dati emerge infatti che solo un terzo dei profili hanno un’interazione con gli utenti, cioè rispondono ai commenti o domande e poco più della metà presentano retweet di altri utenti.

I principali risultati di questa sezione della ricerca:

29 delle 100 maggiori società italiane hanno una presenza corporate o di branding su Twitter

 54 gli account totali analizzati

23 sono profili di gruppo “tuttofare” caratterizzati dalla pubblicazione di una varietà di contenuti

10 account sono dedicati alla comunicazione di contenuti verticali su un’area specifica comeemployer branding, investor relations o attività di responsabilità sociale

21 sono i profile legati ad attività di sponsorizzazione o iniziative speciali (sponsorizzazioni sportive, culturali and musicali, iniziative “educational”, ecc.)

solo 18 su 54 profili hanno un’interazione con gli utenti, rispondendo a commenti o domande.

L’Executive Summury completo di tutti i dati riferito a questa sezione è scaricabile qui.

 

 

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