Produrre e vendere convivialità

Genius loci e regolatezza XVI

Le industrie Togni (Jesi)

Di Piero Trupia

Finché d’un tratto è il momento. […] Scendono con grazia la scalinata in marmo a piedi scalzi, avvolte in candide vesti di lino. A passi leggeri raggiungono il prato, fresche come verdi germogli e pronte per il raccolto quotidiano. […] Piene d’energia gentile, in crociano con occhi neri e vivaci gli sguardi dei giovani misurando con cura i tratti dell’anima. Solo cinque candidati saranno degni dell’inchino delle Iabas. Solo cinque candidati verranno presi per mano […] e condotti oltre la porta d’avorio di Odara. […] In seguito a un accurato percorso formativo i giovani prescelti diventeranno Angeli Guida. […] Veglieranno con i loro Avatar sulle scelte, le  ansie e le gioie di cinque dei dieci milioni di clienti esclusivi di Odara […] fornire sostentamento spirituale e conforto a chi ha molto denaro e tuttavia si sente irrimediabilmente afflitto da una solitudine divorante.

Dall’Episodio N° 43 de Le Aziende In-Visibiliromanzo a colori di Marco Minghetti & The Living Mutants Society, Con 190 immagini di Luigi Serafini

 

 

Sanno che un buon prodotto merita una buona presentazione comunicativa e di cornice sociale e sanno anche che una buona presentazione può bastare per accreditare anche un prodotto scadente. Quelli delle industrie Togni hanno il prodotto eccellente, ma non ancora l’occasione e la cornice per farne un marchio vincente. Sono comunque determinati. Nell’attesa, dicono, non faremo un torto al nostro prodotto con una confezione dozzinale. Le nostre bevande a bassa e media alcolicità, spumanti e aperitivi, meritano il vetro e su di esso un’etichetta piacevole, elegante, veritiera. Con i nostri 70 collaboratori e 30.000.000 € di fatturato siamo al terzo posto negli spumanti dopo Martini e Gancia. 

 

È un peccato che l’Italia, dove il vino spumante è nato, si sia fatta sottrarre il primato dalla Francia. Non che lo Champagne non sia buono. È che la sua qualità, il suo prestigio sono comparativamente esagerati rispetto al nostro prodotto. 

Sono soddisfatti alla Togni del superamento senza traumi del primo passaggio generazionale e del cammino fatto dal primo fondatore vignaiuolo. Ci tengono a far rimarcare che la qualità, a parte piccoli ritocchi, rimane quella  di allora. Ugualmente intatta la qualità della convivenza aziendale dalla vigna alla prima cantina alla fabbrica industriale di oggi. Radicalmente cambiata invece l’organizzazione, soprattutto nella distribuzione e nella logistica. Qui l’innovazione è stata profonda ed è continua. Non così per la comunicazione.

È un problema che avvertiamo acutamente e del quale non abbiamo ancora afferrato il bandolo. Sarà possibile accquistare una forza di marchio paragonabile a quella di Martini? Il prestigio universale dello Champagne per il prodotto spumantistico italiano? È soltanto un problema di investimento o anche e soprattutto di idee? Come replicare nell’immagine il succeso che abbiamo conseguito nella commercializzazione con il 2° posto che abbiamo nella Grande Distribuzione Organizzata?

Forse dobbiamo ammettere che da soli non ce la possiamo fare; che occorre un apporto esterno da parte di persone dotate di grande fantasia. Non esperti di market, ma soggetti con sensibilità e profonda comprensione di quegli eventi sociali dove il bere moderato e di qualità è una componente essenziale dello stare insieme. Noi vendiamo la materia prima, le bevande moderatamente alcoliche che liberano lo spirito senza ottundere la mente. Dovremmo fare il passo successivo e cominciare a vendere o a promuovere quella convivialità che nasce e si consuma in quegli eventi sociali da noi poco diffusi. Abbiamo la materia prima, ci mancano gli sceneggiatori e i registi.

Un primo esperimento è andato bene: la creazione di uno spazio-bar nei supermercati. Ma il pubblico è eterogeneo e non c’è interazione. Una seconda iniziativa vuole promuovere una nuova dimensione del bere, l’abbinamento di spumanti con i piatti tipici della cucina mediterranea. Mangiare deve essere un evento, mangiare e stare insieme una dimensione ordinaria della convivialità.

N.B.: Nel mondo anglosassone il party – cocktail, dinner-party, open house – è una fondamentale struttura di socializzazione. La gamma del livello dell’intrattenimento è varia, dalla soluzione salatini e bevande a quella più sontuosa.

Tranne che per il dinner, ma non sempre, si sta in piedi e non si scorge in giro alcuna possibilità di sedersi, condizione per muoversi e imbattersi nel maggior numero possibile di persone. L’attendance è quanto mai eterogenea. Lo scopo del party non è di rivedersi tra conoscenti, ma di conoscere gente nuova. Ognuno può avvicinare e avviare una conversazione con chiunque, con varietà di approccio, dal chiedere un’informazione al sollecitare un commmento su qualsiasi argomento.

Un’obbligazione ineludibile è sorridere, anche semplicemente incontrando lo sguardo di uno qualsiasi dei presenti.

La conversazione si avvia con un elementare How do you do o con l’approccio, apparentemente casuale, Haven’t we met before? A furia di scavare, qualcosa si trova. Quel che conta, in tali casi, è la collaborazione conversazionale.

Ci sono delle regole in questa, solo apparentemente, assoluta libertà. Non quanto ai contenuti, ma al rispetto della privacy. Per il resto, si preferisce il linguaggio diretto rispetto a quello allusivo o contorto che peraltro non verrebbe capito per mancanza di allenamento.

La probabilità di consolidare il rapporto, da pochi minuti in su, dipende dalla trasparenza conversazionale che consenta a ognuno di misurare i tratti dell’anima dell’altroUn errore di stile può avere la conseguenza immediata di essere piantati in asso senza alcuna spiegazione.

La mistificazione o il cacciar balle sono accetati solo se divertenti, paradossali, iperrealistici, ma l’indurre a credere di essere della dinastia SHELL perché ci si rigira tra le mani una conchiglia, avviene solo nei film.

L’Episodio N° 43 de Le Aziende In-Visibili fa pensare a un’emergenza della vita sociale italiana, quella della non prevista familiarizzazione con degli estranei.

Lo stile de Le Aziende In-Visibili è evidente in questo Episodio come in tutto il romanzo ed è la trasfigurazione onirica della realtà alla maniera di Arthur Schnitzler. L’obiettivo, in un caso e nell’altro, è mostrare il realismo dei mondi possibili, dai quali si può accedere alla realtà fattuale del quotidiano, se si accantona il piatto realismo fattualistico che di norma contrassegna la nostra vita.