Tutela del consumatore: l’orinatoio di Duchamp è un cesso

Euristica ed ermeneutica della figura II, di Piero Trupia

duchamp

La cultura intimidisce la gente comune che, invece di domandare, si fa vincere dal timore reverenziale. È l’obiettivo degli intimidatori, raggiunto con l’istituzionalizzazione della proposta, va da sé con la complicità della critica. Esposizione in un’importante mostra, accoglimento in un museo, copertura dei media e il gioco è fatto.

L’orinatoio di Duchamp –   Fontana,     il titolo dell’artista, 1917 – si trova al Centro Pompidou, alla Tate Gallery, al museo di Philadelfia. Sono repliche perfette di un originale andato perduto.

Al suo apparire, il solito (provocato) vespaio di benpensanti scandalizzati e modernisti favorevoli. I critici dicono ancora oggi che la decontestualizzazione rende l’oggetto artistico. L’immondizia sulle strade invece che nelle discariche: che peccato averla tolta! Non è solo una battuta. L’immondizia è realmente arte nelle ultime pagine di    Morte a Venezia.    Non decontestualizzata, ma ricontestualizzata in una storia, quindi semantema in un progetto semantico. Idem per la maretta montaliana in quel verso degli    Ossi        “Tra gli scogli parlotta la maretta”.

 

Il cosiddetto    ready-made    o “prelievo” o “gesto” che ingombra l’arte contemporanea   documenterebbe l’incapacità del linguaggio di parlare di altro se non di se stesso. Un’idea bislacca, inaugurata su un De Saussure postumo e celebrata da fior di    maîtres à penser,             da Lacan a Eco.      Altri dicono, una provocazione. Si, come quella dei bambini che dicono le parolacce senza neanche coglierne il senso.

Resta il fatto che oggi nessun visitatore della Tate si esime da un omaggio al “prelievo” duchampiano. Mi permetto un avvertimento. Vincete il timore reverenziale: quell’orinatoio, ancorché rovesciato, lo trovate in qualsiasi toilette. Non è un’opera d’arte, è un cesso.

Una domanda provocatoria: perché rovesciato? Risposta: perché rovesciato è più elegante. E qui il “gesto”tradisce il fine e smaschera l’intenzione. L’eleganza, senza la quale non ci sarebbe niente di elegante, è un’astrazione, un’idea pura, un’essenza platonica esterna al linguaggio – trascendente – ma che il linguaggio sa richiamare e rendere presente anche negli oggetti più triti, purché sapientemente adombrati e semanticamente ricontestualizzati. Questo fa un artista.

Sono d’accordo che quell’orinatoio ha una bella linea, ma, nel suo essere un sanitario, è un oggetto funzionale esteticamente disegnato. Un oggetto di design che incorpora bellezza ma che ordinariamente, non la crea. Estetica e non arte. La differenza tra Madonna e Monna Lisa.

Euristica ed ermeneutica della figura            I

  • Cuse |

    Non ho voglia di leggere gli altri commenti per controllare se qualcuno l’abbia già scritto. Ma quell’orinatoio davvero ricorda con precisione e dolcezza una madonna odegitria nel suo chiaroscuro, ed ebbi quest’impressione non indotto da didascalie o commenti di grandi critici, ma per autonoma illuminazione, salvo poi scoprire altri avevano avuto la mia stessa visione. L’artista scelse quello fra migliaia possibili, e nella scelta e nel lavoro, anche se non fisico come scultura o pittura prevedono, ma mentale per il coraggio e la scelta, egli in questo lavoro creò dell’arte.

  • marcel |

    questa è la dimostrazione lampante di come una persona che vuol dimostrare di essere superiore con una dialettica del cavolo, non riesca minimamente a percepire il senso dell’arte moderna ( qual’è l’opera di duchamp) . Primo non è un’opera d’arte contemporanea. secondo era una provocazione e bisogna riconoscere che il buon duchamp ha colpito nel segno….dato che ancora oggi diversi esseri superiori a noi comuni mortali parlano non poco della sua opera.

  • Piero Trupia |

    Ad Angela Ales Bello:
    Grazie per innalzare il livello, spingendo a rimeditare e a verificare sui testi.
    Capriccio e provocazione lasciamoli ai bambini in fase di costituzione dell’autonomia personale e identitaria, mentre quei bambini cresciuti che erano i goliardi sono scomparsi. Dada e futurismo furono pura goliardia: integralmemte il primo, parzialmente il secondo.
    La visione prospettica del vero a partire dalle cose, o meglio della loro presenza in una coscienza, è una via fruttuosa. Credo si possa ricondurre alla metessi platonica che mette necessariamente in rapporto le cose del mondo sensibile e le “idee” (trascendenti) di cui partecipano ove se ne voglia afferrare il significato. Sono andato a cercare nel Fedone: “Se fuori del Bello in sé esiste qualche cosa bella, questa non è bella se non perché partecipa di quel Bello”.

  • Piero Trupia |

    A Leonardo Terzo:
    Grazie della sincerità.
    L’aneddoto petroliniano lo so diverso e da fonte attendibile, mio padre che era presente. A un ragazzotto del logione che disturbava:”Io nun ce l’ho co tte che sei come sei. Ce l’ho co quello che te sta accanto che nun t’ha ancora buttato de sotto!”
    Io e te sappiamo che quell’orinatoio è quello che è e nient’altro e non lo pagheremo più di quello che costa al negozio dei sanitari (se funzionante). Il problema è la critica, il sistema museale, i professori di estetica che accreditano le boiate o perchè ci credono, o per tenere su il circo o perchè cointeressati. Ne segue che la gente ci casca e si compra all’asta TV per 50.000 € una tela malamente imbrattata – più è imbrattata più è artistica – e t’invita pure a casa a vederla.
    Sulla sedia di Van Gogh non sono d’accordo. prima perchè è ricontestualizzata (v. la camera di Van Gogh a Arles, 1889, Museè d’Orsay) dove è in rapporto con gli altri poveri oggetti ed è trasfigurata, come il resto, in luce solare. Idem per la sedia isolata della Tate Gallery (1888) che è in relazione con la pipa e un cartoccio di tabacco. In entrambi i casi ciò che è rappresentato non è una sedia, ma un mondo vitale.

  • Leonardo Terzo |

    Prima considerazione:
    Che coraggio! Che eroe!!
    Seconda considerazione:
    Se viene fuori che era una provocazione, mi faccio querelare!
    Terza considerazione:
    Come diceva Petrolini; “Io nun cell’ò co te, cell’ò cor consumatore che sse fa difenne da te.”
    Quarta considerazione:
    So’ ‘n consumatore, ma nun so’ così ottuso! Lo vedo pur’io ch’è un cesso! Com’ a sedia de Van Gogh è na sedia!

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