Societing

Copertina_societing Un’epoca volge al termine. L’epoca delle grandi certezze, delle ideologie, dello sviluppo lineare, della fede illuministica nel progresso. Una nuova – all’insegna della complessità, dell’incertezza, del dubbio sistematico, del relativismo – va prendendo consistenza davanti ai nostri occhi”. E proprio in questo nuovo contesto, come sostiene il sociologo Giampaolo Fabris (nel suo “Societing. Il marketing nella società postmoderna”, ed. Egea), la funzione marketing deve assolutamente rinnovarsi se vuole riprendere ad essere centrale nella conduzione dell’impresa. E’ infatti risaputo che le strategie di marketing hanno ultimamente perso molta della loro efficacia.

Ma come deve avvenire il cambiamento di questa disciplina che si rifà ancora ai principi del fordismo/taylorismo, in cui ha preso la sua forma originaria?
E’ necessaria, secondo Fabris, una rivoluzione epistemologica e copernicana del marketing.

Dal punto di vista epistemologico, occorre considerare il consumo uno degli aspetti della vita quotidiana e delle biografie degli individui. “Considerarlo appartenente alla sfera dell’economico solo perché prende l’avvio con un esborso di denaro significa precludersi la comprensione della natura, struttura e dinamica dei mercati”.
Il cambiamento del marketing deve essere, inoltre, un vero e proprio cambiamento di prospettiva, una sorta di ribaltamento copernicano, che ponga al centro del sistema l’individuo con le proprie esigenze, le proprie finalità, i propri progetti, e non più l’impresa, che deve porsi in una posizione di attento ascolto nei confronti di un interlocutore sempre più potente e con sempre maggior voce in capitolo.
In un’epoca fatta non più di grandi mercati di massa, ma di una “massa di mercati” (Chris Anderson, “La Coda Lunga. Da un mercato di massa a una massa di mercati, ed. Codice), produzione e consumo devono essere considerati non più separati, ma come due facce della stessa medaglia.
Di qui la proposta di un più avveduto “societing”, in luogo del vecchio e stanco “marketing”, una nuova disciplina di ottimizzazione degli interventi dell’impresa sul mercato, che consideri quest’ultimo non più una realtà separata e chiusa nel suo alveo economico, ma inclusa nella società, un suo subsistema.
“I mercati, – sostiene Fabris – per usare un lessico caro ai cultori delle nuove tecnologie, sono ormai divenuti “luoghi di conversazione”, sostenuti spesso dalle nuove tecnologie.
Il marketing del terzo millennio deve dunque passare dalla transazione alla relazione tra impresa e consumatore. Una relazione con un consumatore partner e committente.
Un dialogo a due vie, insomma, che si porta dietro anche l’imprescindibile questione della CSR o responsabilità sociale dell’impresa, che deve continuamente rendere conto del proprio operato in un ambiente che condivide con il consumatore e che deve rispettare.
E’ un nuovo mondo, insomma, quello che si sta spalancando alle imprese che comunicano.
Giampaolo Fabris è professore ordinario di Sociologia dei Consumi all’Università San Raffaele, dove insegna anche Strategia e Gestione della Marca, e Presidente del Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione nella Facoltà di Psicologia. E’ Presidente del Comitato Scientifico di GPF (Gruppo Reti).
Postato dalla personalità mutante di: Diomira Cennamo
  • Diomira Cennamo |

    Gialluca, sono d’accordo con lei sull’inopportunità di semplificare una realtà per sua natura complessa come quella contemporanea. E’ anche vero che, in un mondo in cui la fruizione dell’informazione (e purtroppo della conoscenza) è sempre più veloce e frammentaria, chi scrive sente spesso l’esigenza di arrivare al pubblico in maniera immediata e accattivante, utilizzando espedienti come i 10 punti di Fabris, le 95 tesi del Cluetrain o le 5 W dei giornalisti addensate nelle prime frasi, per invitare a gettare l’occhio su un tema o, meglio, a investire un po’ del proprio tempo per approfondirlo (250 pagine non si leggono proprio in 10 minuti…).
    Quanto alla pratica di resuscitare zombie, anche questo mi vede solidale con chi non ambisce a dire sempre cose nuove e originali ma – ponendosi “come nani seduti sulle spalle dei giganti” (come diceva l’umanista del XII secolo Bernardo di Chartres) – riprende la fatica intellettuale dei suoi predecessori, magari rielaborandola in un collage nuovo, in un nuovo contesto culturale e di senso.
    Mi sembra che Fabris faccia proprio questo, dichiarando esplicitamente i suoi riferimenti, tra cui i lungimiranti teorici del Cluetrain Manifesto ma anche Bernard Cova, Olivier Badot e Ampelio Bucci, i primi, nel 1993, a tirar fuori il controverso neologismo in “Societing: the managerial response to European aestheticization of everyday life” (in European Management Journal, maggio 1993).

  • gialluca greco |

    Mi è piaciuto molto il suo elogio della complessità intesa come elemento necessario per uscire dalle secche dell’economicismo. Occorre liberarsi dal mito della semplicità (del power point come orizzonte di senso) a tutti costi per non frustare ogni discorso autenticamente innovativo.
    Mi lascia perplesso il fatto che abbia sentito il bisogno di concludere con le dieci tesi del societing a imitazione di Clutrain Manifesto e le sue 95 tesi finali. E’ come se avesse resuscitato il marketing per i propri fini, insomma un caso di zombie marketing anche se mirato ad attività di viral marketing.
    a breve una recensione completa sul mio blog

  • Diomira Cennamo |

    Temo che sia difficile non essere citati, sebbene non si dicano cose granché nuove, se – come Fabris – si ha una certa autorevolezza e idee che vengono richiamate dalle più importanti testate giornalistiche (di settore e generaliste). Ciò stesso – credo – chiarisce bene quella che è l’attenzione della società, pronta a muoversi in una data direzione proprio in un dato momento storico…Che è poi il senso di questo blog: avere un occhio sempre apertissimo sull’attualità, per poi poterne discutere (abilità sociale, la discussione, un po’ atrofizzata, direi). E’ per questo che ringrazio Alberto per il suo prezioso intervento.

  • Marco Minghetti |

    Forse Alberto ha ragione, tuttavia sono grato a Diomira per la sua segnalazione. Qualche giorno fa, insieme ad altri tre “mutanti” della LMS (Andrea Fontana, Andrea Notarnicola e Paolo Costa) sono stato invitato a tenere un seminario presso la prestigiosa Domus Academy sullo “Humanistic Marketing”, una riflessione su una possibile declinazione dello Humanistic Management riferita a questo particolare ambito. Anche io, in quella occasione, non ho mancato di citare l’ultimo libro di Fabris, dato che ha se non altro il merito di recuperare alcuni termini chiave dello Humanistic Management (convivialità ad esempio), che certamente hanno consonanze con alcuni di quelli celebrati nel Cluetrain Manifesto, in ottica anti-fordista, il che in un epoca ancora dominata dal modello consulenzial-organizzativo McKinseyano o MacDonaldiano mi sembra già qualche cosa.

  • Alberto Cottica |

    Traduzione: Fabris cita il Cluetrain Manifesto, non vi aggiunge niente di nuovo tranne la parola “societing” – brutta e forse fuorviante, visto che i figli del Cluetrain di società parlano poco. Per dire cose nuove e rilevanti, temo, occorre studiare di più.

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