Genius loci e sregolatezza III
Di Piero Trupia
“Le tue aziende non esistono, Deckard […] la Corporation sta marcendo, minata dalla vanità che uccide il talento, dall’invidia che diventa mobbing, dall’ambizione di una dirigenza che diventa labile e demente.” E Deckard: “Solo se a ogni individuo sarà concesso di prendersi responsabilmente, riflessivamente, cura della crescita personale propria e degli altri, l’impresa sarà un mondo vitale, conviviale, etico, profittevole. Solo così, forse, l’impresa potrà salvarsi.” (Marco Minghetti, Le Aziende In-visibili, Episodio n. 47)
Una precisazione, anzitutto. ‘Sregolatezza’ va inteso, in questi interventi, come scarto del modo di essere e di fare impresa in Italia rispetto allo standard dello scientific management e alla dottrina harvardiana organizzativa e manageriale.
Una minicorporation conviviale è SICA ALTOPARLANTI, sita a Ripe nel locus di Jesi. Opera nel settore della trasduzione acustica (altoparlanti), un prodotto di nicchia.
Autofinanziamento per fare il passo lungo quanto la gamba, bassa incidenza del costo del lavoro sul prodotto di alta fascia, 14/15 % sul prezzo industriale; 3,5/3 % sul prezzo di mercato, qualità inarrivabile per essere autorevolmente presenti nel mercato globale in base a un monopolio di affezione del cliente.
Il principio organizzativo di SICA è quello della convivialità che elimina il costo e l’assillo del controllo e il sabotaggio strisciante dei controllati. Questi considerano SICA la loro azienda. In più, flessibilità concordata dell’orario di lavoro che tiene conto delle esigenze vitali personali (le mamme in primo luogo) e un’originalissima forma di flessibilità nell’esecuzione del lavoro.
Un asset dell’azienda è l’orecchio musicale e l’educazione al suono dei tecnici (si studia la resa dei dischi di vinile la cui resa analogica è superiore rispetto a quella del digitale).
L’italia è, nel settore, al secondo o terzo posto, più in alto se si considerano tutti i parametri della qualità.
Ci ha detto il titolare Raimondo Sbarbati, in occasione di una ricerca condotta con l’Università di Ancona (2005, prima che scoppiasse la crisi).
“Esportiamo il 52 % del prodotto, il 2% in media in 80 paesi, meglio del totale in uno solo. Siamo una risposta di qualità, quasi a un livello maniacale, alla crescita della cultura audiofila nel mondo. Per secolare educazione l’orecchio italiano è superiore alla percezione del suono di qualità. Le nostre casse hanno un’anima, quella che ci mettiamo. La concorrenza dei paesi emergenti non raggiunge i nostri livelli. Abbiamo clienti affezionati in Cina.
Abbiamo aperto una linea per riprodurre l’altoparlante degli anni 30 che rende il suono distorto della chitarra elettrica. Le valvole termoioniche sono state ripescate nell’amplificazione per avere quelle frequenze e quegli armonici che sfuggono ai transistori. Esiste un’archeologia industriale della tecnica, un giacimento di tesori abbandonati.
In azienda non c’è gerarchia, ci conosciamo da quando eravamo ragazzi.
Il 60% degli addetti sono donne. Nel lavoro di serie sono perfette: le mani vanno in automatico, mentre chiacchierano o ascoltano musica con le cuffiette. Meno errori e meno scarti.
In 25 anni soltanto due licenziamenti. Uno che rubava e un responsabile del personale che voleva trasformare l’azienda in una caserma.” 1
Il nostro ammirato augurio è che SICA e le altre imprese del locus jesino traversino indenni la presente crisi. Siamo convinti che ce la faranno. “Il mondo non può rinunciare al made in Italy”. (Laura Biagiotti)
1 Da Valeriano Balloni e Piero Trupia, Origini, caratteristiche e sviluppo dell’imprenditorialità nelle valli dell’Esino e del Misa, Collana della Fondazione Aristide Merloni, edizioni Conerografica, Ancona 2005
I dati riportati sono stati riscontrati con Raimondo Sbarbati