Relazioni sociali ed
identità in Rete
Questa mattina è stata presentata presso l’Università Cattolica di Milano la ricerca Relazioni sociali ed identità in Rete: vissuti e narrazioni degli italiani su Facebook, che mira ad indagare le forme di costruzione e ridefinizione delle relazioni sociali e dell’identità degli italiani in Rete, concentrandosi in particolare sulle pratiche e i significati che gli utenti forniscono al loro stare su un Social Network come Facebook. Il che significa rispondere a domande come:
– attraverso quali pratiche comunicative online (tipologie conversazionali, forme di produzione/consumo di contenuti) vengono tematizzate e definite le relazioni sociali all’interno dei siti di social network?
– attraverso quali pratiche di auto-narrazione pubblica viene messa in scena e negoziata la propria identità pubblica-connessa nei siti di social network?
– quali pratiche accompagnano la ridefinizione nei siti di social network della relazione fra dimensione pubblica e privata?
– in quali forme vengono ridefinite le relazioni affettive e le forme di intimità di realtà del “mondo vicino” come la famiglia, l’amore e il gruppo di pari?
In sintesi: qual è il vissuto comunicativo degli italiani su Facebook? Una domanda al centro delle riflessioni che conduco da alcuni anni come testimoniato ad esempio dal saggio Il Mondo Vitale di Facebook, pubblicato su Letteratitudine nel gennaio 2009. In questa nuova ricerca il tema assume la seguente connotazione: se con vissuto intendiamo il frame che incornicia l’esperienza e la rende comunicabile e condivisibile con gli altri, quali sono le dinamiche di senso attraverso le quali l’utente produce e racconta ciò che egli stesso pensa di essere su Facebook? Questo interrogativo “è legato all’ipotesi generale secondo cui Facebook è un contesto non anonimo che presenta forti livelli di ancoraggio con la realtà offline in cui gli utenti adottano comportamenti comunicativi riflessivamente orientati alla presentazione di sé e alla gestione delle proprie reti sociali in termini di pubblico/audience. In questo senso, la self presentation – presentazione di sé – costituisce una delle questioni emergenti e imprescindibili per fornire una prima mappatura efficace dei comportamenti degli utenti italiani su Facebook. La self presentation rappresenta infatti una componente essenziale del vissuto comunicativo in Social Network come Facebook. Basti pensare al fatto che, una volta iscritti, la prima operazione consiste nel costruirsi un profilo e questo richiede innanzitutto un dire di sé che passa attraverso i contenuti base di descrizione del soggetto e si estende ai post condivisi e alla propria rete relazionale”.
Lo studio è costituito dall’elaborazione di 120 interviste in profondità rivolte ad un campione rappresentativo della realtà nazionale italiana da parte di un team qualificatissimo costituito da Giovanni Boccia Artieri (UniUrb), Simone Carlo (UniCatt), Manolo Farci (UniUrb), Laura Gemini (UniUrb), Francesca Pasquali (UniBg), Marco Pedroni (UniBg), Barbara Scifo (UniCat). Di seguito ne riporto alcuni elementi tratti da un primo draft che sarà reso pubblico nei prossimi giorni.
Il senso di Facebook per l’identità
I ricercatori partono dall’assunzione secondo cui Facebook si è radicato profondamente nell’esperienza quotidiana, familiarizzandoci a una presentazione di sé rivolta a un’audience. Non abbiamo a che fare con una condizione di rappresentazione senza pubblico e quindi senza attenzione; non siamo in una condizione in cui la rappresentazione non comporta né responsabilità, né coinvolgimento: non dico al mondo chi sono senza doverne – in qualche modo – rendere conto. Facebook è un sito di social network non anonimo. E questo pone una differenza rispetto a molte delle diverse esperienze di ricerca esistenti sulle forme di self presentation nella comunicazione online.
Più esattamente Facebook rappresenta un ambiente di “relazionalità ancorata” in cui le relazioni online si basano anche su quelle offline (dirette o indirette, amici degli amici) e si miscelano con nuovi rapporti ma a partire da un contesto di non anonimato. Questo stato di “nonymity” apre la strada alla rappresentazione dei sé possibili auspicati.
“I sé di Facebook sembrano essere identità altamente desiderabili socialmente che gli individui aspirano ad avere offline, ma che non sono ancora stati in grado di incarnare per un motivo o per un altro” (Zhao et al. 2008). In altre parole, secondo gli autori della ricerca, con Facebook abbiamo a che fare con un ambiente che rende possibile trattare il grado di contingenza del sé, le sue possibilità diverse, attraverso strategie differenti di gestione dell’identità, che nulla hanno a che fare con il tema dell’autenticità (su questo vedi: Pillola rossa o pillola blu: le relazioni digitali sono “autentiche”?)
Essere in relazione con gli altri
Il secondo assunto fondativo della ricerca è che le attività comunicative (performate) su Facebook – cioè quelle utilizzate per la self presentation – sono incentrate su manifestazioni in pubblico di connessioni sociali (o friend) – social connection. Naturalmente queste relazioni servono a dimostrare l’identità individuale ma soprattutto a raccordare la presentazione di sé alle proprie cerchie sociali, sia dal punto di vista della gestione dei contatti – numero e tipologia di friend ad esempio – sia dal punto di vista del tipo di contenuti da condividere o non condividere.
Su queste basi, in Facebook, considerato come un ambiente non-anonimo, si può evidenziare come le strategie di self presentation dipendano dal senso di anticipazione delle future interazioni (in presenza e online), fondandosi quindi su quella parte di rapporti sociali consistenti (anche se deboli) che abbiamo, creiamo e gestiamo attraverso la piattaforma (sull’importanza delle relazioni deboli in un ambiente collaborativo vedi anche: The Collaborative Organization. Parte Seconda: La forza dei legami deboli).
Le considerazioni sopra riassunte conducono alla creazione di una matrice, basata sugli assi della self presentation e della social connection, su cui è possibile mappare il comportamento degli italiani su Facebook.
Quadrante I
“Presentazione di sé selettiva orientata all’esclusione comunicativa – alta
eterogeneità dei legami sociali”
In questo quadrante troviamo i comportamenti di quegli utenti che, rivolgendosi ad un’audience eterogenea, ma volendo preservare selettivamente degli ambiti della self presentation rimandano a due strategie comportamentali
1) pubblicare solo contenuti che vadano bene per tutte le reti arrivando semmai ad autocensurarsi rispetto a certi argomenti, immagini, link;
2) usare le liste, i gruppi, che “restringono” e selezionano a valle il pubblico avendo una forte attenzione per le funzioni che preservano la privacy.
Quadrante II
“Presentazione di sé selettiva orientata all’esclusione comunicativa – bassa eterogeneità dei legami sociali”
In questo quadrante troviamo i comportamenti di quegli utenti che, agendo selettivamente sulla presentazione di sé, attivano strategie di chiusura attraverso cerchie molto definite – network limitati ed omogenei, esclusione di alcune categorie−, e calibrano attentamente i contenuti nella misura in cui sono rivolti ad un pubblico selezionato.
Quadrante III
“Presentazione di sé unitaria orientata all’inclusione comunicativa – alta eterogeneità dei legami sociali”
In questo quadrante troviamo i comportamenti di chi, attivando una presentazione di sé inclusiva, pubblica contenuti senza preoccuparsi del collasso delle sfere pubbliche e private. Questi soggetti si rivolgono a
network ampi e indifferenziati giustificando questo modo di stare su Facebook, sia utilizzando la retorica della spontaneità, sia mettendo in luce l’accettazione e/o la consapevolezza delle logiche di funzionamento di un mezzo semipubblico come Facebook.
Quadrante IV
“Presentazione di sé unitaria orientata all’inclusione comunicativa – bassa eterogeneità dei legami sociali”
In questo quadrante troviamo i comportamenti di chi attiva una presentazione di sé inclusiva ed unitaria ma rivolta a network limitati e omogenei.
Consapevolezza riflessiva
Gli spunti di riflessione che apre la ricerca sono molteplici. In prima luogo si evidenzia che sia le scelte “più conservative” sia quelle “più spregiudicate” spesso sono scelte frutto di una “riflessione” circa il proprio stare in Rete (sullo stare in Rete con gli altri) e una riflessione sullo stare in Rete degli altri.
Guardarsi su Facebook non è solo guardare ciò che avviene nella propria bacheca, ma guardare e osservare i comportamenti degli altri nell’ambiente e vedere come gli altri utilizzano il mezzo. L’osservare gli altri su Facebook è spesso osservare “come gli altri utilizzano il social network” finendo spesso per accordarsi e comunicare con le persone con gli stessi repertori comunicativi (leggo di, parlo con, mi capisco con quelli che usano Facebook come me e con quelli che, su Facebook, sembrano come me): la significatività dal punto di vista relazionale dei contatti (sono i miei amici) non rappresenta il solo (in alcuni casi nemmeno il più importante) motivo di legame sul social network.
In ultima analisi, i ricercatori enfatizzano “la capacità riflessiva che gli utenti mostrano a dispetto di quegli ostacoli e pregiudizi che rischiano di ridurre un fenomeno così ampio e complesso ad una manciata di luoghi comuni”. Osservazione, questa, particolarmente interessante alla luce dei principi dello Humanistic Management: nella Sesta Variazione Impermanente del suo Manifesto infatti troviamo scritto: “Lo Humanistic Management riporta la tecnologia, con i suoi automatismi e sistemi esperti, alla originaria natura di mezzo e non di fine, ma vuole anche assumere la responsabilità dei suoi effetti attraverso un processo riflessivo, ossia capace di riflettere sulle conseguenze, e prima ancora sulle premesse, della produttività tecnica, economica, normativa”.
Contro i luoghi comuni
Uno dei primi luoghi comuni che i risultati della ricerca sembrano mettere in dubbio è l’idea che le persone su Facebook – specialmente gli adolescenti – prese dalla smania di condividere con gli altri ogni loro singolo aspetto della vita privata siano totalmente inconsapevoli delle minacce relative alla privacy. Gli italiani conoscono i rischi solitamente invocati quando si parla di privacy – sorveglianza, furto di identità, sfruttamento dei dati personali – ma non se ne curano troppo perché tendono a percepirli come minacce astratte, troppo distanti dai loro vissuti quotidiani. Al contrario, si dimostrano più interessati a gestire strategicamente la propria identità privata in pubblico attraverso un sapiente gioco di chiusura e apertura di sé che cambia a seconda della cerchia di amici a cui di volta in volta si ci rivolge.
Questo smentisce, concludono gli autori, un altro luogo comune che spesso circola nell’informazione italiana: l’idea che Facebook sia uno strumento di esibizione ostentata di se stessi, una specie di palco narcisistico dove ognuno mette in vetrina la propria intimità alla stregua di una merce da vendere. In realtà, la ricerca dimostra che gli utenti di Facebook sono molto attenti al tipo di contenuti che decidono di condividere con gli altri e raramente amano parlare di sé in modi espliciti e ostentatori. Piuttosto che esprimere le proprie emozioni o rivelare dettagli della vita privata a tutti, gli utenti preferiscono raccontarsi in modo implicito, usando magari le fotografie personali oppure scegliendo accuratamente le preferenze culturali, quello che piace, si legge o si ascolta.
Facebook dunque “non può essere considerato un mero luogo di simulazione anonima totalmente sganciato dalla realtà quotidiana. Piuttosto, Facebook è uno spazio non anonimo che offre all’utente l’opportunità concreta di enfatizzare quelle parti della propria identità che non sono facilmente esprimibili negli ambienti faccia a faccia, di mettere in scena una immagine di sé più socialmente desiderabile (sé possibili auspicabili). Ma questa immagine non va considerata come una mera maschera virtuale, dal momento che la narrazione identitaria su Facebook produce sempre un impatto importante nell’idea che una persona vuole dare di sé agli altri.
Lungi dall’essere un luogo alienante dove esibire impunemente le parti più intime di sé o uno spazio anonimo in cui simulare una identità fittizia, per gli utenti italiani Facebook rappresenta uno strumento comodo ed economico per tenersi in contatto e alimentare la rete più stretta dei propri legami sociali e, allo stesso tempo, un mezzo veloce ed efficace per osservarsi e confrontarsi reciprocamente. Analizzando le tante biografie d’uso incontrate nel corso della ricerca, sembra che gli italiani abbiano imparato a cogliere le vere opportunità offerte da un social network come Facebook: quello di essere uno spazio di riflessività connessa sul senso dell’amicizia e sul valore dei legami sociali, sulla necessità di preservare la propria sfera privata e l’opportunità offerta di raccontarsi in pubblico, come soggetto e non più semplice oggetto di comunicazione”. A conferma della nostra vecchia ipotesi secondo cui Facebook può costituirsi come mondo vitale.