Una brevissima storia della letteratura elettronica, by Paola Carbone. 1 Generative Literature

Transaltion1From “Translation”

 

Per quanto la presenza dei computer sia pervasiva, il grande pubblico della letteratura non sa che dagli anni ‘90 del Novecento vengono prodotte opere letterarie di indubbio valore artistico che si affidano al computer come loro strumento di produzione, distribuzione e fruizione.

Oltre a intrattenere, uno dei ruoli della letteratura è sempre stato quello di  mediare e rendere intelligibile il rapporto tra l’uomo e la sua contemporaneità, ovvero rendere consapevole il lettore della complessità della realtà attraverso la narrazione di storie. Oggi siamo nella società dei digital devices, a cui la letteratura non poteva rimanere sorda. Se dal secolo dei Lumi erompe il romanzo come forma di espressione della nuova classe borghese, oggi la letteratura in ambiente digitale diventa la forma di espressione del nuovo uomo tecnologico. Non è da sottovalutare che spesso i grandi teorici dei media sono docenti di letteratura, due nomi fra tutti Marshal McLuhan (anche detto “Joyce applied”) e Katherine Hayles, la teorica del postumanesimo. Infatti così come il racconto orale ha condizionato il cantastorie e il libro il romanziere, oggi la tecnologia digitale entra prepotentemente nei processi narrativi dando vita a numerose forme di racconto: letteratura generativa, ipertesto, cybertesto, codework, database fiction, wandering stories, fanfiction, scanfiction, social media storytelling… La tecnologia e i software determinano il nostro modo di pensare alla struttura delle informazioni e mediano con le loro metafore il modo in cui ci relazioniamo con esse.

Per prima cosa, è doveroso distinguere tra la letteratura digitale e la letteratura elettronica. La prima include qualsiasi testo letterario in formato digitale, e quindi per esempio anche la Divina Commedia in pdf. La seconda invece si rifà a quelle opere concepite per essere, appunto, create e fruite attraverso un medium digitale – laptop, desktops, servers, cell phones, game consoles, interactive environment controllers, – e che sono condizionate dai software o dalle applicazioni con cui sono state create e che ne determinano le modalità di comunicazione: flash, storyspace, html, facebook, email, twitter…

Tratteggerò una sorta di storia della letteratura elettronica a partire dalle tecnologie che l’hanno ispirata così da comprendere non solo una poetica letteraria, ma anche le logiche che sottendono ad alcuni modelli cognitivi: link, lessia, evento, livello, remix, mashup, funhubbing, brand-storytelling e così via.

È d’obbligo iniziare parlando della letteratura generativa, vale a dire di quei testi auto-generati da un algoritmo, preventivamente definito da un programmatore e da un artista, che generalmente viene “lanciato” dal lettore. Il primo esempio risale alle Loveletters (1952, http: //alpha60.de/research/muc/) del fisico Christopher Stratchey che, sfruttando il Mark I, un computer installato all’università di Manchester, crea un programma basato sulla combinatoria che produce lettere d’amore. I principi fondativi sono alquanto semplici:

 “Apart from the beginning and the ending of the letters, there are only two basic types of sentence. The first is “My—(adj.)—(noun)—(adv.)—(verb) your—(adj.)—(noun).” There are lists of appropriate adjectives, nouns, adverbs, and verbs from which the blanks are filled in at random. There is also a further random choice as to whether or not the adjectives and adverbs are included at all. The second type is simply “You are My—(adj.)—(noun),” and in this case the adjective is always present. There is a random choice of which type of sentence is to be used, but if there are two consecutive sentences of the second type, the first ends with a colon (unfortunately the teleprinter of the computer had no comma) and the initial “You are” of the second is omitted. The letter starts with two words chosen from the special lists; there are then five sentences of one of the two basic types, and the letter ends “Yours (adv.) M.U.C.” (26-27).

Ecco una possible lettera:

JEWEL JEWEL
        MY HEART IS WEDDED TO YOUR WISH. MY ADORABLE YEARNING FONDLY CHERISHES YOUR KEEN CHARM. MY PRECIOUS RAPTURE PASSIONATELY LONGS FOR YOUR BEAUTIFUL AMBITION. YOU ARE MY TENDER LUST. MY YEARNING CLINGS TO YOUR PASSION.
                                YOURS IMPATIENTLY
                                           M. U. C. (MAIUSCOLO)

I risultati fanno sicuramente sorridere e nessuno definirebbe letteratura questi testi, eppure Stratchey ha creato una macchina che, da un numero limitato di elementi, è in grado di produrre un numero elevatissimo di testi originali che attirano l’attenzione sui propri meccanismi di senso. La lettera non è solo un messaggio d’amore, ma anche un’estetica auto-riflessiva: il computer ri-media una forma narrativa tradizionale a cui il lettore è abituato e la rende evidente proprio sottolineandone l’artificialità.

Ovviamente la combinatoria e la permutazione non sono solo tecniche utilizzate nella letteratura digitale: la poesia dadaista, Raymond Queneau e le sue Cents mille miliards de poèmes, Composition n° 1 (1962) di Marc Saporta, i cut-ups di William Burroughs sono esempi impossibili da ignorare. Eppure Queneau, a differenza di Stretchey, ha avuto il merito di avere dato vita non solo a un processo, ma a un processo che funziona proprio perché l’attenzione si indirizza verso le parole che compongono i sonetti, i quali non sono solo dei divertissement, ma delle vere poesie.

Un analogo discorso si può fare per i componimenti prodotti da SYNTEX, un generatore di testi randomizzati o con variabili calcolabili, con cui Abilio Cavalheiro e Pedro Barbosa hanno creato numerose poesie, fondamentalmente di tre tipi: permutative, combinatorie e slotted. In Literatura cibernetica I – autopoemas gerados por computador, Barbosa dimostra come anche una costruzione formulaica possa apparire non ripetitiva, banale, insignificante. In Porto (1977), ad esempio, solo quattro parole (nostalgia, pietra, granito, storia) e poche preposizioni o articoli danno vita a una serie di versi ripetitivi nella struttura, ma tutti perfettamente capaci di comunicare il sentimento che unisce la città portoghese alla sua gente:

In the granite of the stone the nostalgia of history.

In the nostalgia of the stone the history of the granite.

In the nostalgia of the granite the stone of history.

….

Nella descrizione del profondo senso di appartenenza a una città antica, il lettore percepisce sempre una logica poetica anche quando dalla macchina emergono le combinazioni più stravaganti. Se l’autore non è più un uomo, ma un costrutto uomo-macchina, al lettore è sempre dato lo stesso compito di costruire dei collegamenti, delle suture tra le parole per trovare dei significati. Se la tendenza dell’uomo è quella di trovare significati (anche magari dove non esistono!), la lingua continua a parlare di se stessa.

Un esempio recente e molto sofisticato di letteratura generativa è Translation (2004), http://collection.eliterature.org/1/works/cayley__translation.html) di John Cayley. È difficile dire se ci troviamo in presenza di un’opera di letteratura o di arte visiva, di fatto uno stesso testo tratto da  On Language as Such and on the Language of Man di Walter Benjamin e alcuni brani dalla Recherche di Proust emergono, si dissolvono e si trasformano in molteplici idiomi (francese, inglese e tedesco) sotto gli occhi del lettore/spettatore. L’opera indaga il movimento procedurale da una lingua all’altra e la prima cosa che deve fare il lettore è cercare di capire in cosa consiste l’opera e cosa gli è richiesto di fare. La schermata è divisa in due colonne: su quella di destra il testo si compone e scompone nelle sue lettere da una lingua all’altra, mentre nella colonna di sinistra tre tipologie di immagini accompagnano le lettere indicandoci visivamente a quale alfabeto appartengono – inglese, francese, tedesco – predisponendoci così alla lettura in una lingua specifica. Il passaggio da un idioma all’altro avviene grazie a un processo di morphing translitterale (transliteral morphs) da un testo fonte a uno target, basato appunto sulla ricollocazione delle lettere nello spazio. I parametri di trasformazione con cui si attua il morphing sono decisi dall’autore a priori.

Qui le lettere sono importanti quanto il messaggio: all’inizio esistono solo nella loro materialità, poi nella loro combinazione sillabica e quindi in quanto parole, frasi, discorso. Se come vuole Julia Kristeva nella poesia il semiotico e il simbolico si fondono in una simbiosi, qui la lingua è drammaticamente intrappolata nella forma audio-visiva, così che la parola è sia segno linguistico che oggetto visivo dislocato sullo schermo. Queste trasformazioni plastiche e semantiche del testo sono accompagnate da una musica di fondo generate dal computer prodotta da Giles Perring. Al lettore è dato di intervenire minimamente sul testo, scegliendo solo, se lo desidera, il passaggio da una particolare lingua a un’altra, diversamente il testo evolve nel tempo autonomamente.

Sarebbe troppo lungo indagare l’opera di Cayley in rapporto al testo di Benjamin, però è interessante sapere che per l’intellettuale tedesco il momento di assegnazione di un nome agli oggetti del reale è preceduto da un atto di ricezione in cui la lingua delle cose viene ascoltata dall’uomo, e solo dopo trasformata in nomi (naming process). Sostenere che la ricezione è necessariamente antecedente al nome, significa asserire l’esistenza di un momento in cui l’uomo è passivo di fronte a un mondo che gli parla di sé. Nella sua opera,  Cayley ci ‘sottopone’ a un momento di ricezione passiva (lungo quanto lo stesso autore decida sia lungo, con la definizione dei parametri di trasformazione) dell’oggetto-parola sullo schermo: qui l’oggetto del reale che dobbiamo tradurre in linguaggio è il testo stesso. Solo in un secondo momento, il fruitore è indotto ad assumere un atteggiamento attivo di lettore-interprete  del testo, e solo allora può avere avvio il vero processo di traduzione del testo in un’altra lingua.

La visualizzazione di sinistra aiuta a percepire linguisticamente ciò che si materializzerà nella colonna di destra. Sapere che sta prendendo corpo a destra un testo in francese piuttosto che in tedesco o in inglese aiuta a creare delle aspettative che aiutano il lettore/interprete nella lettura e nella costruzione del significato. La lettura del testo e la comprensione del meccanismo di produzione sono parte integrante della performance della lettura. 

Va da sé che per comprendere veramente l’opera, un fruitore deve conoscere almeno due delle tre lingue e deve a un certo punto sostituire l’attenzione per il visivo con l’attenzione per il verbale. Solo la parola correttamente compitata e dotata di un significato oltre che di un significante può svelare la complessità del messaggio. Letteratura o arte-visiva? Sicuramente la raffinatezza estetica della grafica non è sufficiente a soddisfare il nostro piacere per la lettura, tuttavia l’immagine e la parola non sono sufficienti senza il processo gestito dal computer.

Un’altra opera dello stesso autore costruita con il morphing è windsound (2001) che vi consiglio di “vedere”: questo è un filmato di circa 23 minuti ripreso durante una performance dal vivo.

Per un approfondimento si veda: http://elmcip.net/category/tags/generative. A questo indirizzo si trova una lista aggiornata di opere generative, tra cui:

  • Joseph Weizenbaum, Eliza/Doctor (1960) http://chayden.net/eliza/Eliza.html
  • Rui Torres, Poemas no meio do caminho (2009) http://www.telepoesis.net/caminho/caminho_index.html
  • Tisselli, Degenerative, http://www.motorhueso.net/degenerative/
  • Michael Mateas e Andrew Stern, Façade, http://www.interactivestory.net/
  • Noah Wardrip-Fruin, Impermanente Agent, http://www.impermanenceagent.org/agent/essay.html

http://vimeo.com/22955812 in questo video Casey Reas presenta e spiega come il computer può essere utilizzato per produrre processi artistici visivi. Si comprende in questa descrizione come la definizione di un programma non è tanto complicata quando la definizione dei parametri di elaborazione del processo

Paola Carbone (Università IULM) – paola.carbone@iulm.it