Si può innescare talento e competenze scientifiche nei bambini sin dalle scuole materne? La risposta arriva dal libro “Facciamo che eravamo scienziati” , approdato oggi sugli scaffali delle librerie italiane. Ed è sicuramente positiva.
Il volume, infatti, è il primo manuale pratico che spiega come educare alla scienza i bambini dai 3 ai 6 anni e si basa su un metodo didattico di successo in Italia. E’ nato per colmare un’assenza sconcertante nel panorama scolastico dei bambini piccoli del nostro Paese. Quella che, per usare le parole di Roberto Farnè, noto esperto di didattica e professore dell’Università di Bologna, è una “grande esclusa dell’educazione infantile”. Ossia l’educazione scientifica.
E’ difficile cogliere le cause di questa esclusione senza scomodare trattati di sociologia. Ed è difficile non esserne imbarazzati: la scienza è infatti un ingrediente fondamentale del mondo contemporaneo e l’esplorazione e la curiosità sono caratteristiche scientifiche naturali nei bambini delle materne.
Questo vuoto pneumatico della scienza nelle aule dell’infanzia ha però paradossalmente fatto propagare il metodo didattico che è alla base del libro, un approccio pedagogico inventato da Tecnoscienza.it , gruppo creativo di divulgatori scientifici che presiedo e che negli anni ha prodotto centinaia di laboratori con i bambini di tutta Italia, nelle biblioteche, nelle ludoteche, nei festival, nei musei. E, ovviamente, nelle scuole.
Da oggi il metodo diventa anche un libro, scritto per i tipi di Scienza Express. Il manuale presenta tanti esperimenti, spiegati passo passo, da fare con i nostri bambini. Ma, nella parte teorica, vuole innanzitutto sgombrare il campo ad un equivoco molto comune tra le maestre, i maestri e i genitori: che “insegnare scienza” implichi paroloni e concetti difficili. La scienza invece – soprattutto in questa fascia di età – è essenzialmente una questione di organizzazione del pensiero. Possiamo aiutare i bambini a organizzare la loro sapienza intuitiva e spontanea, le loro scoperte quotidiane. Possiamo fornire loro uno schema interpretativo.
Il punto di partenza è la curiosità dei bambini, ma da sola non basta. Con complicità e senza nessun autoritarismo, l’educatore – sia esso un maestro o un genitore – deve riuscire a semplificare le domande che i bambini si fanno di continuo per permettere loro di fare tante ipotesi diverse: si tratta di un’educazione attiva finalizzata al dubbio. Dubbi che possono essere eliminati solo con verifiche e attività sperimentali. In breve, con il metodo scientifico.
Lo scopo è quello di creare persone critiche: normalmente i bambini fanno domande e i grandi danno le risposte a cui bisogna credere. Trasformare i bambini in scienziati vuol dire invece far sì che alle loro domande essi riescano a darsi delle risposte. Autonomamente.
Lorenzo Monaco – Presidente dell’associazione Tecnoscienza.it