CERCASI PUNDIT, ASTENERSI OPINIONISTA

In una discussione su Facebook a proposito della rivalità tra giornalismo tradizionale e informazione online è emersa la questione decisiva dell’attendibilità e quindi della reputazione della fonte online. Il fatto che la fiducia verso l’informazione su web dipenda da fattori “offline” è l’indicatore di stereotipi a doppio taglio. Da un lato le news online si sono ramificate anche nelle fasce popolari dell’utenza telematica. Dall’altro questa diffusione riflette ancora una mentalità che tende a considerare l’informazione online come un derivato di quella cartacea o comunque in posizione subordinata. Insomma: prima di tutto si legge il commento dell’editorialista sul giornale, e solo dopo si entra nel web per leggere ad altre notizie. Quindi l’informazione su internet appare come il regno dell’anonimato, dove proliferano le fonti dalla dubbia reputazione e dove il giornalismo, sebbene libero dalla casta, tuttavia fatica ad offrire i requisiti minimi per venire considerato affidabile. In un’ottica di microgiornalismo ed informazione iperlocale, la fiducia diventa essenziale per gestire contenuti che nascono in larga misura dalla partecipazione “grass-roots”, non hanno grandi firme e nemmeno testate prestigiose che forniscono un credito di prestigio.


La sfida si gioca su un duplice campo di gioco: sul lato dell’informatore occorre convertire il prestigio in professionalità, mentre sul lato del lettore si tratta di adattare la mentalità basata sul prestigio delle opinioni in una mentalità più ricettiva verso la qualità delle informazioni. Questa doppia evoluzione diventa indispensabile quando i due ruoli, informatore e lettore, spesso coincidono nel caso del microgiornalismo. E’ evidente che in questo caso la “bontà” delle news si misura facilmente in senso pragmatico, perché nell’ambito iperlocale è quasi immediato controllare la notizia e la sua fonte. Il bagaglio di conoscenze in ogni soggetto è decisamente superiore rispetto a quello, per esempio, relativo alla geopolitica mediorientale o alle oscillazioni del prezzo dell’oro. Tuttavia nel tessuto microlocale Italia la fiducia di un nome o di un marchio conserva ancora la sua supremazia. Se i giornali tradizionali sono destinati comunque a sopravvivere, il giornalismo iperlocale online dovrà strutturarsi in modo tale da privilegiare un’informazione continua, accurata e fondata. La professionalità non sarà più soltanto formale, cioè certificata dall’iscrizione ad un ordine, ma anche sostanziale, perché dimostrata, o smentita, dalla qualità dei contenuti pubblicati.

Anche in rete ha già attecchito la figura del “pundit”, l’esperto, il guru, l’opinion-maker. Ma, proprio per questo, la “punditocracy” continua a governare l’ambito delle opinioni. I fatti sono considerati già pronti. Invece il microgiornalismo si ferma un passo prima. Il suo obiettivo è la notizia, non il commento sulla notizia. Allora: servono pundits che diventino news-maker. Così il prestigio e l’affidabilità si trasferiscono dall’opinione alla notizia. Ti leggo e ti apprezzo perché tu pubblichi notizie vere. E’ una prova difficilmente realizzabile nel caso dei grandi media, dove sia la notizia che il commento sono pressoché monopolizzati dal giornalista, e dai poteri che lo controllano. Quanto al lettore, non gli resta che arrivare in fondo alla notizia e decidere se dare consenso o no al giornalista. Un po’ poco. Sul microgiornalismo la verifica è più immediata, per tutti. Ma richiede questo spostamento di focus dall’opinione al commento.

L’informazione online abbonda di fonti. I consumatori non hanno ancora parametri di giudizio autonomi, adatti alla rete. Perciò implementano la mentalità offline basata sul prestigio. Ma il banco di prova del giornalismo microlocale non è ingrassare una mole già pesante di opinioni, quanto portare in rete notizie locali e sublocali che non entrano sui circuiti informativi – ecco perché serve una professionalità dei fatti.

GABRIELE CAZZULINI