I giornali sono avvolti da una crisi strutturale, che è riflessa con spietato rigore dai numeri di bilancio. Uno su tutti: quest’anno negli Usa gli introiti da pubblicità sono caduti del 29%. L’opzione di inserire più contenuti a pagamento non persuade gli editori ad incamminarsi a ritroso rispetto alla via maestra di aprire i media ad una libera partecipazione di massa.
Il 17 agosto scorso la galassia dei media ha subìto quella che può considerarsi la prima fase di un big-bang: Msnbc ha acquisito EveryBlock, un sito pioniere nella micro- informazione locale. Un titano dei media ha investito sul sito fondato da un ventenne allo scopo di raccogliere le informazioni sui quartieri di una quindicina di città americane.
Allora qualcosa sta cambiando. Ma questa “media-morfosi” non è ancora ben delineabile. Una delle retoriche più diffuse sui rapporti tra old e new media recita che il giornalismo su carta stampata non abbia vita lunga. La profezia sarebbe quella di una trasformazione radicale nel formato e nei contenuti, con i vecchi media a occupare posizioni di nicchia, legate a temi specifici, con approfondimenti e opinioni. Però le notizie non sono quelle più fresche, né tanto meno completano la realtà dei fatti.
Il vero fattore decisivo non è tanto il web, ma quale web e per quali contenuti. I punti sono due. Il primo è
la tecnologia “social”, soprattutto di Twitter, e in generale del web 2.0. La diffusione virale di micro contenuti ha spiazzato le fonti più “lente” e con contenuti più pesanti. Non è solo questione di velocità, quanto di polivalenza. Un messaggio di Twitter può contenere qualunque tipologia di informazione. Appunto: il secondo punto è la presenza di uno strato nebuloso e polverizzato di informazione microlocale, che circola per passa parola o su spazi online troppo dispersi e poco conosciuti. Però c’è. Ma non arriva sui media ufficiali.
La sfida è sviluppare un’interfaccia telematica per far emergere quell’informazione microlocale che parla di viabilità sul momento, di eventi e iniziative appena lanciate, della vita quotidiana dei centri sublocali che non arriveranno mai al centro della periferia. Ma interessano ai loro protagonisti e possono interessare ad altri. Piccolo commercio, lavori di manutenzione, microcriminalità, consigli municipali locali, l’associazionismo di base, le emergenze sociali, i problemi scolastici, l’immigrazione.
Il punto di merito delle esperienze americane è la capacità di ramificarsi geograficamente, coniugando localismo e interlocalismo. In Italia questo traguardo si allontana notevolmente di fronte ad un localismo spesso campanilista, incapace di uscire dalle mura del borgo. Per non parlare dell’arretratezza nell’utilizzo di strumentazioni digitali e nell’ancora scarso consumo di contenuti online. Ma anche in questa situazione di svantaggio, l’informazione iperlocale si riproduce il divario tra media e microinformazione emarginata o esclusa. Il problema non è creare l’informazione. E’ creare la sua comunicazione.
Queste micro-informazioni esistono già. Ma non bastano più i gazzettini o le televisioni locali. La sfida è metterle in rete per ricavarne sia un’utilità sociale che un profitto privato, trovando la formula tecnologica più accessibile per portare il sublocale in rete.
GABRIELE CAZZULINI