Androide, quindi umano? Questo punto interrogativo, simbolo ortografico di una visione del mondo aggrappata all’umanesimo e all’umanizzazione della tecnologia, sta per essere cancellato. La nuova versione diventa questa – androide: ovviamente umano.
Sono finiti i tempi delle macchine, etichetta metallica che si era appiccicata ai computer nei decenni passati. Enormi armadi che invadevano intere stanze, dotati di tante, tantissime luci che si accendevano e si spegnevano secondo chissà quali astrusi schemi. E poi tecnici in camice bianco muniti di tabelle come medici che assistevano un paziente sotto controllo.
Il segno di riconoscimento delle macchine era quello: niente corpo, niente voci, niente suoni all’infuori del gracchiare di un preistorica stampante ad aghi che sfornava interminabili tabulati. Il logos delle macchine non era pensato compatibile con quello degli uomini. Macchine contro uomini – quante volte si sono scatenate queste battaglie nella fantasia di romanzieri e registi! Oggi il robot, altro termine ricoperto da tanti strati di polvere culturale, diventa veramente androide, quasi umanoide. E’ sempre più concepito come un essere vivente elettronico.
Uno di questi primi esemplari, quasi un primo Adamo, “robot” si chiama Asimo(senza la “v” finale) e vive di una evoluta forma di intelligenza artificiale e meccanica. Naturalmente è ancora un embrione, ma forse sarà il primo di una nuova specie. Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza; l’uomo crea gli androidi a sua immagine e somiglianza – l’abisso tra Dio e uomo diventa l’abisso tra l’uomo e l’androide. Eppure se l’uomo ha l’idea del divino, che precede qualunque codifica teologica o scientifica, perchè l’androide non potrà sviluppare una percezione dell’umano? Se diventeranno androidi umanizzati, gli androidi potranno godere di diritti “androidici”?
Il dibattito nasce per scherzo, come tutte le cose serie. Negli Usa un animatronic, Elmo, che sfrutta il modello di un popolare pupazzetto dei cartoni animati, è diventato un elettrodomestico adottato da migliaia di famiglie, creando una moda di consumo che, per fortuna, ha fatto un passo fuori dagli stereotipi consumistici. Luddismo post-moderno o noiosa stupidità, Elmo è diventato il bersaglio di una moda-mania di distruzione. L’inerme robot è stato sottoposto a qualunque supplizio tra lo stupido e il sadico. Persino su Youtube sono circolati numerosi video di “abusi” su Elmo, dalle martellate fino all’incenerimento.
Non c’è solo l’elettrodomestica, pardon: l’elettrodomotica. Ci sono anche le guerre, realtà assai antica da Omero a Obama. L’aumento dell’impiego dei droni altera non solo la tecnologia della guerra ma anche il suo senso e le sue regole. Il codice di guerra è una scelta del libero arbitrio dei soldati, ma un drone può scegliere se avere pietà di un nemico o è destinato ad ignorare tutto ciò che esula dalla sua programmazione? Non serve leggersi romanzi apocalittici sul futuro dell’umanità devastato dalle “macchine”. Le guerre si combattono già adesso con sofisticatissimi robot, che salvano i soldati in carne ed ossa ma annientano qualunque bersaglio umano con demoniaco zelo. Dall’umano all’inumano.
Ma alla fine è l’uomo contro l’uomo. L’Afghanistan, il Pakistan e l’Iraq sono il laboratorio bellico più evoluto, al punto da intavolare sulla stampa locale un dibattito sulla legalità di attacchi militari condotti con droni. In queste cronache da quarto millennio affiora con sorpresa una sensazione d’attualità. Si distrugge un robot per puro piacere, salvo poi spedire legioni di droni per non sacrificare vite umane e non porsi domande sulla abissale disparità dei belligeranti. Perchè manca il punto di domanda alla fine di questa contraddizione? La legge di Asimov sosteneva che i robot dovevano restare fedeli agli uomini. E gli uomini? Quali sono i loro doveri nei confronti dei robot?
GABRIELE CAZZULINI