Genio e regolatezza VI
Di Piero Trupia
“[…] oscuro o palese che fosse, tutto quel che Deckard mostrava aveva il potere della realtà virtuale, che una volta sperimentata non si può dimenticare né confondere. Nella mente dell’Amministratore Delegato la Corporation si rifletteva in un deserto di dati labili e intercambiabili come grani di sabbia da cui emergevano i pixel che evocavano le figure evocate dall’uomo delle risorse umane. […]Forse la Corporation, pensò Fordgates, non è altro che uno zodiaco di fantasmi della mente. “Il giorno in cui conoscerò tutte le immagini […] riuscirò a possedere il mio impero, finalmente? E il Direttore delle Risorse Umane: “Non si illuda Fordgates: quel giorno lei stesso sarà realtà virtuale tra realtà virtuali”. Episodio N° 22 da Le Aziende In-Visibili romanzo a colori di Marco Minghetti & The Living Mutants Society. Con 190 immagini di Luigi Serafini. Libri Scheiwiller 2008
Sul Corriere della Sera del 29.04 Giuseppe De Rita si sofferma sul carattere della nostra democrazia oggi. Meritoriamente sintetizzando, ci dice che in essa l’opinione prevale sull’interesse.
È un paradosso evidente che si chiarisce con il bisogno del popolo di identificarsi e partecipare. Non è questo del resto il senso della democrazia? Costo della vita, scuola, sanità passano in secondo piano. Non emozionano. La stessa sicurezza interessa ed emoziona soltanto come spettacolo: servizi e pezzi di colore in TV, paginate sui giornali e dibatti televisivi con criminologi, psicologi, magistrati in libera uscita, gogna mediatica e il brunovespiano plastico della villetta di Cogne.
Una caratteristica di questa politica dell’opinione, che consente a chiunque di farsi un’idea e di trasmetterla via telefonino al conduttore di turno, è la personalizzazione. La politica vive e opera non nelle istituzioni – il Parlamento ridotto alla mussoliniana “aula sorda e grigia” – ma in quel leader carismatico capace di interpretarla sui media in modo mobile e accattivante, sempre ammiccando al pubblico. Si ammicca e non si governa. Fu il cruccio di Zarathustra, appena sceso dalla montagna. “Non mi capiscono: io non sono la bocca che fa per questi orecchi. Troppo a lungo ho vissuto sulla montagna.” Deve lasciare la parola a quegli ultimi uomini che sanno il fatto loro: “Noi abbiamo inventato la felicità, dicono, e ammiccano”. (Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Prefazione di Zarathustra, par. 5).
Del programma politico di felicità per tutti è parte rilevante la spettacolarizzazione di qualsiasi evento che fa opinione ed è quindi politico. Il ‘qualsiasi’ include catastrofi e tragedie, pubbliche e private. C’è il sondaggio del resto che monitora il consenso dopo ogni uscita. Una rassicurazione personale e una certificazione pubblica per chi ha cavalcato l’evento. L’ultimo spettacolo della serie ‘politica e opinione’, è stata l’esternazione di Veronica Lario con la coda dell’apparente gaffe del Silvio: “Sono al 75% dei consensi contro il 56 di Obama”. Significa “Ho ragione io” e aggiunge
“La signora è caduta nella trappola della stampa di sinistra”. E se la signora chiede il divorzio, sempre via media, ecco disponibile un’altro magnifico copione.
Ha a che fare quest’analisi con Genio e Regolatezza? Si, sul lato della regolatezza che indica un metodo di lavoro, quella capacità di fare business nel modo originale del variegato italico genio.
Ma questo non interessa. Il pubblico, e, al seguito, i politici, continuano a credere alla drammaturgia della concorrenza senza quartiere, al mito del mercato e al suo magico potere regolatore dell’economia, all’eroismo dei supermanager, a quei capitani coraggiosi, Reagan e Thatcher, che hanno sfidato i sindacati e le corporazioni e hanno vinto.
I portatori di interessi, dice De Rita, sono oggi ripiegati su se stessi, assenti dallo spazio pubblico, o presenti in modo formale senza capacità d’incidere. “Dobbiamo lavorare, non abbiamo tempo” si giustificano. Non sanno che anche quella presenza è lavoro oppure sono troppo sfiduciati per crederlo.
P.S. N° 1 Il politico dominatore dell’opinione non si preoccupa della coerenza. Dice e smentisce con disinvoltura, si rammarica di essere stato frainteso, accusa i critici di complotto e il sondaggio gli dà ragione. È un attore e non è tenuto alla coerenza, non è vincolato dalla verità. Nel greco antico ‘attore’ si dice hypokrites da hypokrisia, simulazione. All’attore non si può chiedere altro.
P.S. N° 2 Fernando Antònio Nogueira Pessoa amava ricordare che ‘pessoa’ = persona = maschera e intitolò una sua raccolta di poesie Il poeta è un fingitore.
P.S. N° 3 Ho visto in TV un’intervista a Romano Prodi. In termini di fredda analisi mediatica e politologica affermo di aver visto un uomo serio, pacato, cortese, distaccato, informato, documentato e con qualche buona idea per il presente e il futuro del paese. In ogni caso non un attore, pertanto inadatto al pubblico dell’odierna italica cittadinanza.
NOTA: Sui personaggi de Le Aziende In-Visibili aleggia il mistero di un ‘tutto’ inconoscibile, cui tuttavia quei personaggi anelano. È il motivo-motore delle loro azioni, il tarlo al lavoro nelle loro coscienze.
Oscuramente sanno che non giungerà mai il momento di poter tirare una riga sotto i frammenti di realtà in cui s’imbattono e che questi, a ben vedere, non sono addendi di un qualche totale. Come un miraggio, la somma si ritira quanto più ti appressi. Gli stessi addendi, del resto, o presunti tali, mutano nel corso della presunta operazione di addizione, permutano ad ogni calcolo parziale presuntamene eseguito. In definitiva la realtà in cui sono immersi è una pluralità mutante di addendi virtuali e l’essere di quella realtà è una pura immaginata virtualità. Non una realtà liquida, non un Essere-liquidità, ma il continuo apparire di una ben solida realtà che incessantemente si mostra e si sottrae. Parodiando il God-like Being di Kurt Gödel è una Real-like reality.