PROMETEO LIBERATO

Informal_organization OVVERO: IL WEB 2.0 PER SBLOCCARE IL LATO INVISIBILE DELL’IMPRESA

 

Ci sono molte più cose in cielo e in terra che nei sogni della filosofia”. Shakespeare vale ancora oggi, nonostante che un gruppo di Twitter-maniaci abbia compresso “La Bisbetica Domata” in battute di soli 140 caratteri. Si può parafrasare Shakespeare anche nell’ambito organizzativo affermando che ci sono molte più risorse sconosciute o sottovalutate all’esterno dell’organizzazione che non al suo interno. Niente di nuovo sotto al sole, per proseguire con le citazioni. Però le tecnologie imperniate sulla wikinomics e il social web possono sprigionare le risorse invisibili di un’azienda, secondo una strategia e una tecnologia che capovolgono le prospettive tradizionali.

La struttura informale di un’azienda può essere concepita come un insieme nebuloso di professionalità, abitudini, competenze, comunità sociali, motivazioni ed emozioni personali che vivono dentro e fuori le mura dell’organizzazione formale. Il suo valore si esprime nel mediare tra l’assetto delle norme astratte che governano l’azienda e i soggetti coinvolti che operano in quell’azienda. Perciò l’organizzazione formale può diventare l’interfaccia decisiva per potenziare i processi produttivi, fronteggiare problemi inaspettati, sviluppare un’innovazione spontanea, risolvere problemi oltre i perimetri formali di ruoli e funzioni. Tuttavia l’invisibilità dell’organizzazione informale impedisce alla leadership aziendale di farla emergere e sprigionare il suo valore.

 

 

Finora gli esperimenti intrapresi per sbloccare il potenziale dell’organizzazione informale hanno seguito percorsi tradizionali. Starbucks è la più grande catena mondiale di caffetterie e locali bar che ha delegato potere decisionale ai livelli periferici dell’impresa allo scopo di assorbire le innovazione a livello locale. E’ stata una scommessa vinta in una minoranza di casi, ma persa nella maggioranza degli altri. La storia da manuale della Toyota dimostra come l’abilità della sua manodopera derivi specialmente da un sapere comune trasmesso di generazione in generazione. Non è tradotto in manuali perché coinvolge le interazioni sociali che favoriscono l’auto-apprendimento di nozioni informali. Infine Texas Instruments ha creato la “frangia lunatica” come spazio aperto dove i suoi ingegneri condividono progetti anche al di fuori dell’azienda con altri laboratori. Ma è uno spazio elitaria riservato al “caos” della creatività mentre la stragrande maggioranza dei dipendenti continua a rispondere all’ “ordine” della produzione. Questi tre esempi, pur nel loro relativo successo, seguono la medesima logica verticistica che concepisce l’organizzazione informale come una “licenza di inventare” prodotti redditizi (Starbucks), sfrutta la socialità come strumento di controllo e perfezionamento della produzione (Toyota) o confina la circolazione delle idee ad una ristrettissima “enclave” che dovrebbe già essere inserita nelle avanguardie della ricerca.

La novità non è la scoperta del valore spesso determinante dell’organizzazione informale. E’ invece la possibilità di farla emergere mediante le tecnologie sociali del web in una misura maggiore rispetto alle logiche precedenti e con un grado di uniformità altrettanto maggiore, perché gli strumenti del web sono tendenzialmente uguali per tutti. Il punto di partenza per superare questa logica tradizionale è relativizzare i confini dell’azienda assumendo il web come modello. Così si delinea un campo organizzativo composto dall’azienda, cioè dall’organizzazione formale, ma anche dai suoi dipendenti, che formano un social network interno per lo scambio di idee in luoghi di lavoro che diventano anche laboratori di innovazione. Inoltre ci sono i clienti, che frequentano comunità online per leggere recensioni dei prodotti e valutarli a loro volta – e poi vengono gli sviluppatori e gli appassionati, i geeks, che lavorano con l’open-source e sviluppano proposte di tipo mashup per combinare questa molteplicità di contenuti e di spazi condivisi che gravitano intorno all’azienda “ufficiale”. Infine gli utenti occasionali, che rappresentano l’intelligenza collettiva di fondo. Con questa mappatura reticolare emerge un ambiente aziendale allargato a differenti strutture, formali e informali, e a differenti gruppi, non soltanto quelli dei dipendenti. Dalle intersezioni tra i vari social network di questi gruppi può nascere una rete che intercetta l’organizzazione informale ben al di là dei confini ufficiali dell’impresa. In primo luogo perché l’impresa diventa una macro-comunità costituita da molteplici gruppi; successivamente perché le conoscenze, le pratiche, le preferenze di questa macro-comunità trova nella logica wiki il suo luogo naturale per emergere. Dresdner Kleinwort (DKW) è la divisione investimenti della banca tedesca Dresdner AG. Invece di continuare ad usare gli stessi manuali per documentare i test sui nuovi software, il suo dipartimento IT ha iniziato a comporre una wiki interna. Poi questa wiki è stata aperta all’intero spazio lavorativo, per consentire l’interazione continua su progetti e innovazione nel segno della partecipazione comune. Dopo sei mesi il traffico sulla wiki ha superato il traffico sull’intera intranet aziendale. Con oltre duemila pagine, questa wiki è utilizzata da un quarto dell’intera forza lavoro di DKW e ha alleggerito del 75% il volume delle email interne.

Non c’è soltanto il modello Wikipedia a disposizione di un’azienda. Ogni ricerca su Google serve a migliorare la ricerca successiva perché Google considera ogni click un “voto”, cioè un’indicazione di preferenza per quel sito. Ogni foto su Flickr è automaticamente accessibile al pubblico e contiene tags per essere ricercata. Amazon è diventata una banca dati pubblica non solo per trovare recensioni ma per pubblicarle, stimolando la crescita della conoscenza e delle opinioni. Procter & Gamble ricorre a Innocentive per stabilire i parametri minimi dei prodotti che intende sviluppare e poi affida alla rete l’attività di ricerca e sviluppo. Invece di ampliarsi, l’azienda “dimagrisce” per affidarsi alla rete e al mercato con strategie che sbloccano energie altrimenti destinate a disperdersi. Lo stesso si verifica per i giornali su carta, persino il prestigioso New York Times, che pubblica edizioni online dove però i contenuti sono forniti da bloggers indipendenti. Non si tratta solo di risparmiare ma di offrire contenuti con un’intelligenza, una creatività e una qualità superiori agli standard di un’azienda che punti esclusivamente sulla sua organizzazione formale.

Perciò la Wikinomics e i network sociali diventano una risorsa a basso costo e accessibile ad un ampio spettro di imprese per far emergere il potenziale della loro organizzazione informale. E’ una strategia che può cambiare il volto dell’impresa perché innesca processi aperti ad una pluralità di influenze. Dunque la sfida per il management diventa quella riconoscere l’inefficacia di soluzioni interne e verticistiche per sbloccare l’organizzazione informale; aprire l’impresa al binomio network sociali-modello wiki e infine adattare la leadership ad una dimensione comunicativa con cui governare l’impresa in questa Wikinomics. Per liberare il Prometeo delle risorse invisibili bisogna che il Giove della leadership aziendale rinunci al suo potere universale.

GABRIELE CAZZULINI