Avete mai provato il “viaggio di notte”? Potrebbe diventare l’ultima moda tra i viaggiatori curiosi. Ma è prima di tutto un viaggio dentro le nostre emozioni e le nostre paure.
Di Claudio Visentin
Per noi occidentali l’idea di viaggiare di notte appare appunto esotica, anche un poco stravagante. Di norma il turista si alza presto, perché i musei e gli altri luoghi canonici, a loro volta, aprono le porte di buon’ora. Nel tardo pomeriggio comincia a segnare il passo, e a ora di cena la stanchezza accumulata gli dà il colpo di grazia. Del resto, se si esclude qualche pub, night club o casinò, luoghi tutto sommato abbastanza prevedibili e simili ovunque, non è nemmeno chiaro come si potrebbe impiegare in viaggio la notte.
E se provassimo invece a immaginare un “viaggio notturno” (“notturismo”?) che ribalti completamente questa prospettiva, mettendo proprio il tempo della notte al centro dell’esperienza?
Volendo si può provare anche in città: per esempio i cultori del “viaggio sperimentale” hanno scelto di visitare una città arrivandovi di sera per poi ripartire all’alba, senza vederla mai alla luce del giorno. Imitateli: avrete ricordi diversi dal solito, e vi imbatterete in persone che di giorno non vedreste mai, perché lavorano di notte, o comunque hanno altri ritmi di vita.
L’esperienza più interessante però è senza dubbio viaggiare di notte nella natura, senza rumori e luci artificiali. Quest’estate ho voluto provare di persona il “viaggio di notte” con un gruppo di partecipanti alla Scuola del viaggio guidati da Italo Bertolasi. Dopo molte incertezze, e anche qualche preoccupazione per la sicurezza, ho scelto un’isola, l’Isola lunga, vicino a Marsala, nella Sicilia occidentale, che chiude la vasta laguna dello Stagnone.
Partenza ovviamente un poco prima del tramonto. Avverto l’albergatore dove risiedo che questa sera non tornerò. Pago un quattro stelle per dormire per terra e all’aperto: è un’idiozia, ma mi mette di buonumore. La barca fende l’acqua bassa della laguna, scivolando tra luccicanti cumuli di sale, con accanto le tegole per ripararli dalla pioggia, e i mulini a vento che regolano l’altezza dell’acqua nelle grandi vasche, ognuna con una diversa sfumatura di colore rosa, a seconda del livello di evaporazione raggiunto. Al tramonto lo spettacolo è talmente romantico da essere quasi insostenibile: impossibile raccontarlo o fotografarlo, ogni foto sarebbe una cartolina. Nel frattempo scivoliamo accanto alla piccola isola di San Pantaleo, al centro dello Stagnone, dove furono ritrovate le rovine dell’antica città di Mozia.
Giunti sull’Isola lunga, si tira tardi cenando. Quando il ristorante – l’unico edificio ammesso in questa riserva naturale – chiude verso mezzanotte, cuochi e camerieri tornano a terra. L’isola rimane dunque deserta, e il “viaggio di notte” ha il suo vero inizio. Ci si mette in cerchio, seduti per terra, alla luce delle torce. Ciascuno dice quel che sente e quel che vuole. Il buio intorno compatta il gruppo, fa cadere le maschere quotidiane e scioglie le reticenze. Una conversazione sincera, merce rara.
Poi ci si mette in cammino per attraversare l’isola, una marcia di un paio d’ore, meno di una decina di chilometri. L’inquietudine iniziale nell’addentrarsi nel bosco di notte si fa sentire, ma svanisce subito. L’importanza di essere in gruppo: il numero è garanzia in caso di brutti incontri, e tiene alto il morale. Così è un’esperienza, da soli sarebbe più una prova di coraggio: avrebbe comunque senso, ma un altro senso.
Sorpresa: l’occhio si abitua rapidamente alla luce fioca. È una notte di luna nuova, e quindi con la sola luce delle stelle e una debole luminescenza dalla città a qualche chilometro. Eppure anche tra gli alberi si vede abbastanza bene dove mettere i piedi, e l’acutezza visiva cresce continuamente, se si lasciano spente le torce. La vista non è l’unica risorsa, udito e olfatto vengono in aiuto. Un passaggio pericoloso sopra un canale è segnalato prima di vederlo dal rumore dell’acqua che scorre impetuosa; e nell’imminenza dell’arrivo il mare si annuncia da lontano col suo vento che sa di sale, e si mescola all’odore buono del bosco. L’olfatto è un senso primitivo, animale. Gli odori risvegliano e tengono vive le emozioni, la razionalità è temporaneamente in vacanza: ogni tanto le fa bene.
Durante la marcia si sperimenta dapprima il silenzio e l’ascolto dei rumori della natura. Poi il nostro “guru” propone di raccontare qualche storia. Cammino a fianco di un famoso scrittore, ma casco male. Dice che stasera non è ispirato, e in effetti la storia alla fine è così così: sarà uno scrittore diurno.
Si arriva sulla spiaggia dall’altra parte dell’isola. Si parla ancora un po’, poi ci si sistema per la notte. Ho promesso a me stesso di dormire all’aria aperta almeno una volta all’anno. Per ricordarmi che il mondo ci appartiene, che non è un ambiente ostile da cui difendersi rinchiudendoci nelle nostre case, e che Dio è anche un grande albergatore per le sue creature. Ma bisogna avere un buon sacco a pelo: anche in climi miti come questo le ore centrali della notte sono comunque fresche e umide in riva al mare. Qualcuno è meno organizzato, e dopo l’euforia delle ore precedenti serpeggia un minimo malumore. D’altronde questa, verso le due di notte, quando il giorno sembra non dover tornare mai, è l’ora dei dubbi, delle paure: “l’ora del lupo”, secondo la sapienza popolare. L’ora in cui spesso si nasce o si muore, l’ora in cui i monaci si levano per pregare; l’ora dei sogni peggiori, da cui ci si risveglia coperti di sudore. Poi il sonno ha la meglio sul freddo.
Mi sveglio poco prima dell’alba, da quanto tempo non vedevo sorgere il sole: prendo nota mentalmente, un’altra esperienza da concedersi più spesso. Dapprima la luce è quasi impercettibile, ma ogni momento cresce un poco. Quando il sole si solleva sull’orizzonte, il caldo e la luce spazzano le ombre dalle stanze dell’anima, e torna il buonumore. E anche se la barca che ci viene a riprendere non riesce ad avvicinarsi abbastanza a riva perché l’acqua è troppo bassa, che importa: ci si getta tra le onde mezzo vestiti, spirito da pirati all’arrembaggio. Il barcaiolo non ancora del tutto sveglio è evidentemente perplesso dinanzi all’energia di chi ha appena passato una notte all’addiaccio. L’ultimo stato d’animo è questa euforia quieta: il “viaggio di notte” è finito.