L’oscillazione del significato di “ombra” tra archetipo e dimensione “doppia” dell’io consente a Jung la costruzione di un nesso efficace tra collettivo e personale. Per Jung “ombra” designa innanzitutto il lato istintuale e pericoloso, dell’io, materialità non soggettiva e affascinante, che al di là del nostro dominio cosciente ci radica alla terra: «Un oscuro presentimento ci dice che senza questo lato negativo siamo incompleti, che abbiamo un corpo il quale, come ogni corpo, getta inevitabilmente un’ombra, e che se rifiutiamo questo corpo non siamo tridimensionali, bensì piatti e inconsistenti. Ma questo corpo [Körper] è un’animale con un’anima animale, vale a dire è un sistema vivente che obbedisce incondizionatamente all’istinto. Stabilire un’unità con quest’ombra significa dire di sì all’istinto e perciò dire di sì anche a quella dinamica mostruosa che minaccia nel fondo»[1].
Una dinamica mostruosa che vediamo emergere soprattutto, rileva Jung, nella psicologia delle masse: «C’è qualcosa di terribile nello scoprire che l’uomo ha anche un lato oscuro, una parte in ombra che non consiste soltanto in piccole debolezze e in piccoli difetti, ma è dotata di una dinamica addirittura demoniaca. L’individuo singolo di solito la ignora perché, in quanto uomo singolo, guarda con incredulità all’ipotesi di dovere in qualche modo o in qualche circostanza riflettere con distacco su sé stesso.
Ma basta che questi esseri innocui formino una massa ed ecco nascerne, in certi momenti, un mostro delirante, un corpo smisurato in cui il singolo non è più che una piccola cellula la quale, volente o no, è costretta a condividere l’ebbrezza sanguinaria della bestia»[1]. Senza ispezionare la complessa teoria junghiana dell’ombra[2] è comunque interessante notare come Jung pensi “l’ombra che sta al centro” nella forma dell’ambiguità: ombra è figura inscindibile dalla luce e indica il nostro essere un plesso non risolvibile e strutturalmente in tensione tra mente e corpo, attività e passività, sensibilità e intelligenza e soprattutto esibisce la struttura insieme individuale e collettiva del sé, per cui «Luce e ombra formano nel Sé empirico un’unità paradossale»[3]. Ne segue un itinerario formativo: si tratta di fare emergere nel discorso analitico la latenza perturbante dell’ombra, di recuperare quel “doppio” della personalità nell’ordine delle forme simboliche.
11. continua
[1] Psicologia dell’inconscio (1917/1943), cap. 3: L’altro punto di vista: la volontà di potenza, in Opere, Boringhieri, Milano, 1983, vol. 7, pp. 30-31
[2] ibidem
[3] Rilevante al proposito: L’ombra in Aion. Ricerche sul simbolismo del Sé, in Opere, cit., vol. 9/2, cap.2.
[4] Aion. Ricerche sul simbolismo del Sé, cap. 5: Cristo un simbolo del Sé, in Opere, cit., vol. 9/2, p. 41.