di Paolo Costa
Google è, semplicemente, il più grande business fin qui mai realizzato in Rete, o può essere descritto nei termini di un attore chiave di un ecosistema, ovvero una struttura in stato di equilibrio stazionario, come azzardano Bala Iyer e Thomas H. Davenport sul numero di aprile 2008 di “Harvard Business Review” (Reverse Engineering Google’s Innovation Machine, 58-68)? In altri termini, che ruolo esercita la piattaforma per l’innovazione di Google?
Parlare di ecosistema significa sostenere che Google tende a mantenere il proprio comportamento con il trascorrere del tempo. Per Iyler e Davenport questo accade grazie al controllo della piattaforma operativa attraverso la quale si consumano i rapporti fra tutti i pezzi del sistema: “ogni pezzo ha un suo ruolo, ogni ruolo è indispensabile”. Proprio come accade con gli anelli della catena alimentare in un ecosistema. La catena si spezza e lo stato di equilibrio viene meno nel momento in cui uno degli anelli scompare. Il segreto, insomma, sta nell’infrastruttura, il luogo in cui tutti gli attori dell’ecosistema si incontrano e sviluppano le loro relazioni: consumatori, inserzionisti, fornitori di contenuti e innovatori. L’infrastruttura è flessibile, cioè progettata per incorporare gli errori e quindi sostenere l’innovazione. Ogni errore nutre il successo del sistema, di cui Google controlla l’evoluzione: “please fall very quickly – so that you can try again”, dichiara il CEO di Google Eric Shmidt.
L’idea che una comunità economica possa essere considerata come un ecosistema, ovvero un network di attori interconnessi, non è nuova. Risale almeno all’articolo di James F. Moore Predators and Prey: A New Ecology of Competition, apparso sempre su “Harvard Business Review” nel fascicolo di maggio-giugno 1993:
An economic community supported by a foundation of interacting organizations and individuals–the organisms of the business world. This economic community produces goods and services of value to customers, who are themselves members of the ecosystem. The member organizations also include suppliers, lead producers, competitors, and other stakeholders. Over time, they co-evolve their capabilities and roles, and tend to align themselves with the directions set by one or more central companies. Those companies holding leadership roles may change over time, but the function of ecosystem leader is valued by the community because it enables members to move toward shared visions to align their investments and to find mutually supportive roles.
Google sarebbe dunque, all’interno del proprio ecosistema, la specie che contribuisce a mantenere il corretto funzionamento di tutta la struttura: la specie “keystone”. Il suo vantaggio competitivo e addirittura la sua stessa sopravvivenza dipendono dalle competenze collettive dell’intero network, proprio come sostengono Marco Iansiti e Roy Levien in The Keystone Advantage: What the New Dynamics of Business Ecosystems Mean for Strategy, Innovation, and Sustainability (Boston, HBS Press Book, 2004).