Le città sono fatte di case, strade, piazze. Le aziende di strutture, uffici, stabilimenti, fabbriche. Le città come le aziende si costruiscono nel tempo e nel tempo divengono la forma visibile dei progetti umani e, insieme, la loro persistenza al di là del Desiderio che le ha create e persino del ricordo di quel desiderio.
E’ così che la città esiste: assumendo una forma che si mantiene saldamente fedele a se stessa proprio in quanto si modifica col variare dell’istante sempre nuovo a cui di volta in volta si raccorda, una forma che guadagna la propria consistenza dal duplice orizzonte di passato e di futuro all’interno del quale si colloca.
Una delle caratteristiche che accomunano le ‘Città del Desiderio’, così come le Aziende In-Visibili della sezione corrispondente, è appunto quella per cui la loro forma di oggi è sempre plasmata anche dai desideri e dalle aspettative che gli abitanti nutrono per il loro domani, aspettative che potranno poi essere confermate da ciò che effettivamente accadrà, ma talora anche amaramente deluse. Come accade a Zobeide, la città ben esposta alla Luna dove ciascuno per una sola notte sogna di inseguire nel buio una fanciulla nuda dai lunghi capelli e di giorno, riconoscendo il luogo del suo desiderio, edifica strade e palazzi per impedirne la fuga. Ma se il sogno scompare, le case e le strade, gli uffici e i corridoi restano ma come un dedalo incomprensibile che si percorre ogni giorno, svogliatamente, per andare al lavoro. La città/azienda diviene solo l’eco di un desiderio perduto, di una motivazione che non si radica più nella passione.
Ma la città/azienda non è necessariamente condannata alla perdita del Desiderio. A differenza di Zobeide, Fedora è una città che negli anni ha imparato a far tesoro dei propri desideri senza rimanervi intrappolata.
Al centro della città vi è un grande palazzo di metallo pieno di sfere di vetro nelle quali sono custoditi tutti i desideri e i progetti che in ogni epoca sono stati nutriti dai suoi abitanti. La ricchezza di Fedora sta proprio in questo: qui anche le speranze deluse non vengono perse per sempre, ma continuano a vivere nel cuore della città. Essa, in questo modo, riesce a conservare la memoria non soltanto del suo passato reale, ma anche di tutti i suoi passati possibili: che meraviglioso esempio per chi si occupa di corporate memories, di knowledge management!
Il tema del Desiderio, sotto il profilo imprenditoriale, ci ricorda che la motivazione è il motore su cui si innesca l’azione manageriale di successo. Oggi, la motivazione individuale più forte è quella connessa al desiderio di molteplicità. Scegliere di avere più ruoli per fare tutto ciò che si ama, puntare a una crescita continua, realizzare personalmente oggetti e progetti per renderli più adatti a sé. Per superare la perdita di punti di riferimento tipica della contemporaneità, l´individuo concentra l´attenzione su se stesso. E lo fa attraverso una vita multisfaccettata, ricca di esperienze anche diverse tra loro, che puntano a una soddisfazione interiore. Perché nelle persone convivono più istanze, identità molteplici, personalità diverse che devono fondersi armonicamente con quelle di cui gli altri colleghi sono portatori (vedi anche alla voce “Scambi”).
Analogamente, dialogo e condivisione dei diversi punti di vista con cui è possibile leggere la realtà sono segreti fondamentali rivelati da Marco Polo a Kublai Kan. La forma propria dell’impero non è d’ordine logico, quindi prevedibile, ma di ordine intuitivo, una forma che, per potere avere luogo, deve per prima cosa essere esperita e solo successivamente (si tratta di un processo logico non cronologico) ordinata, nella consapevolezza di come la sua obbiettività risieda proprio all’interno dello specifico e sempre diverso percorso di costituzione. Di questo particolare processo ci parla, per esempio, la città di Irene:
“Quelli che guardano di lassù fanno congetture su quanto sta accadendo nella città, si domandano se sarebbe bello o brutto trovarsi a Irene quella sera. Non che abbiamo intenzione di andarci, ma Irene calamita gli sguardi di chi sta là in alto. A questo punto Kublai Kan si aspetta che Marco parli di Irene com’è vista da dentro. E Marco non può farlo: quale sia la città che quelli dell’altipiano chiamano Irene non è riuscito a saperlo; d’altronde poco importa: a vederla standoci in mezzo sarebbe un’altra città.[…] La città per chi passa senza entrarci è una, e un’altra per chi ne è preso e non ne esce; una è la città in cui si arriva la prima volta, un’altra quella che si lascia per non tornare; ognuna merita un nome diverso; forse di Irene ho già parlato sotto altri nomi; forse non ho parlato che di Irene”.
Si tratta di temi chiave dello humanistic management che rendono possibile una diversa interpretazione, per esempio, di quella Fedora cui abbiamo sopra accennato: luogo in cui convergono come in un caleidoscopio così tanti mondi possibili, così tanti diversi modi d’essere che ognuno di essi non si presenta più incastrato in alcuna forma marmorea, ma fa delle proprie potenzialità combinatorie, e delle ipotesi che ad esse seguono, la propria struttura intrinseca.
Attenzione però: una entità (persona, azienda o città) che, preoccupandosi delle sue forme possibili, non sia determinata da alcuna forma specifica (che non sappia riconoscere e scegliere la propria singolarità), perde qualsiasi figura, proprio nel momento in cui si illude di potere controllare tutte le proprie possibilità, magari contenendole in una sfera di vetro come accade appunto a Fedora ma anche nella fotografia che in Nulla due volte illustra la poesia Tutto o trasformandone la rassegna in un Museo:
“Al centro di Fedora, metropoli di pietra grigia, sta un palazzo di metallo con una sfera di vetro in ogni stanza. –Guardando dentro ogni sfera si vede una città azzurra che è il modello d’un’altra Fedora. Sono le forme che la città avrebbe potuto prendere se non fosse, per una ragione o per l’altra, diventata come oggi la vediamo. Fedora ha adesso nel palazzo delle sfere il suo museo: ogni abitante lo visita, sceglie la città che corrisponde ai suoi desideri, la contempla immaginando di specchiarsi nella peschiera delle meduse che doveva raccogliere le acque del canale (se non fosse stato prosciugato), di percorrere dall’alto del baldacchino il viale riservato agli elefanti (ora banditi dalla città ), di scivolare lungo la spirale del minareto a chiocciola (che non trovo più la base su cui sorgere). Nella mappa del tuo impero, o grande Kan, devono trovar posto sia la grande Fedora di pietra sia le piccole Fedore nelle sfere di vetro. Non perché tutte ugualmente reali, ma perché tutte solo presunte. L’una racchiude ciò che è accettato come necessario mentre non lo è ancora; le altre ciò che è immaginato come possibile e un minuto dopo non lo è più”.
La dimensione micro-psicologica si incrocia quindi con quella macro-sociologica anche relativamente ai fattori che favoriscono la motivazione e quindi la creatività: tali fattori riguardano infatti in buona misura il contesto urbano in cui operano l’organizzazione e le persone che ne fanno parte, nonchè l’offerta che esso può o meno garantire in termini di stimoli culturali, infrastrutture, tecnologie, servizi. Secondo il sociologo Richard Florida, i talenti, i creativi, sono attratti da e disponibili a vivere in aziende insediate in contesti dove siano essenzialmente presenti (esemplificando il modello delle 3T): Tecnologia: rilevata tramite brevetti generici, brevetti nell’high-tech, investimenti in R&S, centri di studio…; presenza consistente di altri Talenti: misurabile tramite il numero per area geografica di professioni creative, grado di titoli di studio, presenza di ricercatori, intellettuali, artisti, consulenti; Tolleranza: dimensione resa empirica attraverso indicatori riguardanti atteggiamenti di apertura mentale. Inoltre è fondamentale il grado di modernizzazione del contesto ma anche il suo livello di internazionalizzazione perché il superamento della dimensione locale o nazionale a favore di un respiro più globale favorisce ancora una volta la creatività. In ogni caso si ribadisce il vincolo indissolubile fra il contenuto intangibile del contesto urbano (il suo essere una Città Invisibile) e quello che si sviluppa nella realtà imprenditoriale (l’Azienda In-Visibile).
(2. Continua)