Chi è nel sogno di chi? (Alice annotata 22a)

Come abbiamo visto nel percorso iniziato con

Il disorientamento contemporaneo – Alice annotata 13    e arrivato fino a

Il tagging come produzione collettiva di senso – Alice annotata 21b,

il processo di sensemaking     post-moderno pre-visto da Alice attraversa tutte le aree indicate da Weick, ma il “senso” generato in questo modo rovescia completamente il Buon Senso inteso come  Senso Unico del mondo regolato dallo Scientific Management.

Il senso liquido e cangiante cui Alice ci introduce è talmente onirico e pulviscolare da  apparire irreale e irrealistico ai difensori del “pensiero forte” che da qualche anno stanno tornando di moda. La questione è stata ben spiegata da Maurizio Ferraris, autore del Manifesto del nuovo realismo, per il quale “l’immaginazione al potere” è, significativamente,  “uno slogan micidiale”, tanto quanto l’attitudine postmoderna all’”ironizzazione secondo cui prendere sul serio le teorie è indice di una forma di dogmatismo” (una come Alice deve essere per lui del tutto letale).  Egli propone di “restituire lo spazio che si merita, in filosofia, in politica e nella vita quotidiana, a una nozione, quella di realismo, che nel mondo postmoderno è stata considerata una ingenuità filosofica e una manifestazione di conservatorismo politico”.

E’ un dibattito che naturalmente interessa molto ai carrolliani di ogni tempo, perché sembra riprendere la disputa di  Alice con gli indistinguibili (come gli shakespeariani Rosenkrantz e Guildestern) Tweedledum e Tweedledee su chi è nel sogno di chi nel Capitolo Quarto di Attraverso lo Specchio:

Here she checked herself in some alarm, at hearing something that sounded to her like the puffing of a large steam-engine in the wood near them, thought she feared it was more likely to be a wild beast. `Are there any lions or tigers about here?’, she asked timidly.

`It’s only the Red King snoring,’ said Tweedledee.

`Come and look at him!’ the brothers cried, and they each took one of Alice’s hands, and led her up to where the King was sleeping.

`Isn’t he a lovely sight?’, said Tweedledum.

Alice couldn’t say honestly that he was. He had a tall red night-cap on, with a tassel, and he was lying crumpled up into a sort of untidy heap, and snoring loud — `fit to snore his head off!’ as Tweedledum remarked.

`I’m afraid he’ll catch cold with lying on the damp grass,’ said Alice, who was a very thoughtful little girl.

`He’s dreaming now,’ said Tweedledee: `and what do you think he’s dreaming about?’

Alice said `Nobody can guess that.’

`Why, about you!’ Tweedledee exclaimed, clapping his hands triumphantly. `And if he left off dreaming about you, where do you suppose you’d be?’

`Where I am now, of course,’ said Alice.

`Not you!’ Tweedledee retorted contemptuously. `You’d be nowhere. Why, you’re only a sort of thing in his dream!’

`If that there King was to wake,’ added Tweedledum, `you’d go out — bang! — just like a candle!’

`I shouldn’t!’ Alice exclaimed indignantly. `Besides, if I’M only a sort of thing in his dream, what are you, I should like to know?’

`Ditto’, said Tweedledum.

`Ditto, ditto’, cried Tweedledee.

He shouted this so loud that Alice couldn’t help saying, `Hush! You’ll be waking him, I’m afraid, if you make so much noise.’

`Well, it no use your talking about waking him,’ said Tweedledum, `when you’re only one of the things in his dream. You know very well you’re not real.’

`I am real!’, said Alice and began to cry.

`You won’t make yourself a bit realler by crying,’ Tweedledee remarked: `there’s nothing to cry about.’

`If I wasn’t real,’ Alice said — half-laughing though her tears, it all seemed so ridiculous — `I shouldn’t be able to cry.’

`I hope you don’t suppose those are real tears?’, Tweedledum interrupted in a tone of great contempt.

Il tema è sempre attuale, tanto più nell’epoca in cui la realtà virtuale, digitale, elettronica ha messo ancora più in crisi il concetto di “realismo”.  Per questo ne  Le Aziende InVisibili   ho proposto una versione mutante del dialogo carroliano, con Deckard nei panni di Alice ed i gemelli Marcelo e Mike (distinguibili solo per i rispettivi difetti di pronuncia) in quella dei due “Tweedle”:

“È il Presidente che rrrrussa”, disse Marcelo, mentre s’ingozzava di noccioline.

Deckard si guardò alle spalle. Un uomo, con una papalina rossa in testa e un naso da clown tenuto insieme con un elastico dietro alla nuca, se ne stava rannicchiato sul pavimento, in mezzo a una pozza di vomito, russando sonoramente. Era Red King, l’esimio Presidente del Collegio dei Probiviri.

“Si prenderà un accidente”, osservò con giudizio.

“King sta sognando”, disse Marcelo.

Si fece una bella sorsata del cocktail e aggiunse: “E che crrredi che sogni?”.

“Quando non lavoro”, rispose, “ho preso l’abitudine di lasciare a casa il kit per la visualizzazione dell’attivita rem e il mio Tomografo di Pet tascabile… Pero vi dico una cosa. A me capita spesso di sognare lui”.

Il processo a quella pazza di Alice… e tutto quello che ne era seguito.

“E se fosse lui a sognale di te!”, esclamo Mike. “Se lui ti stesse sognando, dove salesti?”.

“Dimmelo tu”, rispose Sam.

“Da nessuna parte, pelche salesti soltanto una visione nel suo sogno, un applicativo del videogame mentale che sta giocando. Al massimo, se lui fosse collegato a un telminale, potlesti essele nel cybelspazio, a nuotale fla gli infiniti nodi della Lete come un vilus impazzito”.

“Se il Presidente si dovesse svegliarre”, aggiunse Marcelo,

“tu ti spegnerresti… puf!… proprrrio come un computerrr con la spina staccata”.

“Non è vero!”, esclamo Deckard, con il piglio di un James Gardner. “E poi, se io sono una specie didea nel suo sogno, cosa e lui quando sono io a sognarlo?”.

“Viene prrrima l’uovo…”, disse Marcelo.

“…o viene plima la gallina?,  grido Mike, che si era allontanato un poco alla ricerca di nuovo carburante alcolico.

Strillò tanto che Sam non pote fare a meno di dire: “Zitto! Lo sveglierai, se fai tanto rumore”.

“E inutile di parrrlare di svegliarrrlo”, disse Marcelo, “E lui a sognarrre adesso e quindi tu sei soltanto unidea nel suo sogno. Sai benissimo di non esserrre verrro”.

“Io sono vero!”, disse. Era cosi irritato che per calmarsi accese una sigaretta.

“E inutile arrrabbiarsi e non diverrrai piu rrreale fumando, osservò Marcelo, politically correct come al solito.

“Se io non fossi vero, non potrei fare questo,  sostenne Sam, emettendo un anello di fumo dalla bocca e uno dal naso da fare invidia al Brucaliffo.

“Non cledelai, spelo, che il tuo fiato sia leale?”, lo interruppe

Mike con tono di grande disprezzo, riavvicinandosi con tre bicchieri colmi di champagne.

“Certo, reale esattamente quanto lo siete voi!”.

“Esattamente, infatti! Cioè per nulla!”, esclamarono all’unisono i due Probiviri. Suggellarono il loro accordo con un brindisi, ma nell’eccitazione infransero le coppe.”[i]

La domanda che ripropone la lettura di questi dialoghi è quella posta da Maurizio Ferraris: “la verità è una nozione inutile”? Che apre ad una serie di quesiti fra cui in particolare ci interessa il seguente, perchè chiaramente connesso a tutta la discussione sul sensemaking che abbiamo sviluppato negli ultimi mesi: “la realtà è socialmente costruita e infinitamente manipolabile”? Dalla settimana prossima cercheremo di confrontarci con questo problema.

Alice annotata     22a – Continua


[i] Le Aziende InVisibili, cit., pp 253-255.

 

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