Dal Modernismo al Postmodernismo: sei lezioni, di Leonardo Terzo. 5. Genealogia delle arti

Gli antenati, fotografia di fotografia Leonardo Terzo, Gli antenati, fotografia di fotografia, 2007

 

Fin qui abbiamo parlato di atteggiamenti generali. Ora vediamo come ogni arte si è disimpegnata  singolarmente nel produrre il suo particolare postmodernismo distinguendolo dal suo particolare modernismo e con quali motivazioni.

In letteratura il modernismo predicava l’ambiguità del linguaggio poetico rispetto al realismo. Il realismo credeva di poter capire e descrivere la realtà, il modernismo invece predicava la relatività  dei punti di vista, ma poteva ancora permettersi di descrivere  l’autenticità del vissuto attraverso questi punti di vista. La verità era sostituita dell’autenticità. Il postmodernismo non esplora la difficoltà di trovare un significato, ma l’impossibilità di imporre un qualsiasi significato. Tuttavia, poiché di fatto anche il testo dice qualcosa, questa impossibilità è argomentata in forma di complessità e apertura ludica nell’attraversamento testuale.

Il modernismo metteva in discussione le nozioni di personaggio, trama, e di ogni convenzione letteraria del realismo; il postmodernismo invece le recupera, ma per smascherare la loro inadeguatezza e la loro retoricità come meccanismi per la costruzione del senso. La metanarrativa è un’interrogazione non sul mondo, ma sui processi retorici con cui è costruito il mondo. Elementi di questo tipo sono presenti in tutta la letteratura, anche prima del modernismo: pensiamo a Cervantes, a Sterne, e nel modernismo a Joyce e a tanti altri. Ma ora questi interessi sono al centro e non ai margini dell’elaborazione letteraria, e diventano esemplari di ogni elaborazione di senso oltre la dimensione estetica. Perciò l’estetica, che ha preceduto gli altri saperi su questa via, ora appare il modello esemplare di filosofia, e la poesia il prototipo dell’origine del senso. “Poeticamente abita l’uomo” dice Heidegger, e questa frase è diventata uno slogan.

Un altro effetto è quindi il rimescolamento epistemologico per cui i processi dell’arte sono all’origine di ogni conoscenza, e l’atteggiamento estetico è parte ineludibile di ogni approccio al mondo. Proprio per questo però l’arte perde la sua specificità e si riversa sui fatti e sugli oggetti etnografici, cioè sugli oggetti della vita quotidiana, con la pubblicità, il design, la moda, la nouvelle cuisine, i tatuaggi, la chirurgia estetica, non ultima l’invasione della pornografia, uscita dalla clandestinità.

A parte la letteratura, nelle altre arti il postmodernismo sembra però essere più pratico e più utile, meno astratto e teorico. L’altra arte privilegiata dal postmodernismo è l’architettura. Contro il funzionalismo, i teorici del postmodernismo architettonico sostengono, a mio parere non a torto, che l’architettura non ha, né ha mai avuto, la sola funzione abitativa e utilitaria, bensì, proprio per la sua natura d’arte applicata, ma pur sempre arte, ha una funzione comunicativa.

Il recupero di tutti gli stili della tradizione accentua questo aspetto, per cui l’edificio deve inserirsi nella comunità urbana con un contributo di comunicazione e integrazione culturale che va oltre gli scopi ricettivi e le soluzioni formali permesse e suggerite dall’evoluzione dei materiali. L’eccesso in questo senso è Las Vegas, il luogo dove la comunicazione prevale totalmente sulla funzione urbana. Si potrebbe dire che Las Vegas è una città a tema, una città luna park, una città dove, accanto alle case da gioco, in luogo dei quartieri abbiamo le imitazioni di altre città e nazioni: Venezia, Roma, Parigi e non so quali altre, cioè il massimo dell’inautenticità.

La pittura è un’altra arte in cui il rapporto tra modernismo e postmodernismo assume una valenza chiarificatrice. Il modernismo cercava l’essenza delle varie arti, e in pittura ciò ha portato ad espellere dai quadri la rappresentazione figurativa, perché ritenuta un’intrusione della letteratura e del teatro. Alla figurazione il modernismo imputava una narratività e una teatralità che riteneva di per sé indulgenti e sentimentali. Quindi la pittura diventa informale, e poi addirittura monocromo, perché l’essenza della pittura è stendere un colore su una superficie piatta.

Cercare l’essenza di un’arte significa appunto autoriflessività, ripiegamento su se stessa. Invece il postmodernismo ritiene che la pittura, ma ogni arte, non può isolarsi ed evitare qualsiasi connessione e scambio di esperienza col mondo. Perciò la teatralità, ovvero la rappresentazione e il racconto, sono modalità di articolazione del vissuto umano e quindi materia che la pittura non può ignorare.

Il contrario succede nel teatro, dove spesso il postmodernismo crea spettacoli di suono e luci che sembra rincorrere la pittura modernista. Un po’ come ha fatto la fotografia, che, per diventare artistica, ha imitato la pittura nelle sue varie fasi, fino agli estremi, devo dire però molto suggestivi, di Ugo Mulas (1928-1973), le cui ultime opere consistevano nel fotografare la pellicola fotografica stessa non ancora impressionata. Attualmente un modo postmodernista di fare fotografia è ri-fotografare le fotografie ingenue della gente comune.

La televisione è un mezzo già nato in epoca postmoderna, e questa sua appartenenza costitutiva sarebbe dimostrata dal fatto che lo specifico della televisione è il flusso continuo di programmi, non importa quali, perché, come la radio, la televisione è fatta per essere sempre accesa in casa, anche se non c’è nessuno a guardarla. All’interno della televisione il genere più postmoderno è il videoclip, perché ingloba una tipologia più variegata di tecniche, materiali ed effetti. Nasce come mezzo per reclamizzare la musica, ma finisce per usurparne la preminenza, diventando l’arte più libera e ricca, parimenti agli spot pubblicitari che hanno a disposizione risorse finanziarie illimitate. Sia i videoclip, sia la pubblicità sono sempre meno condizionati dalla funzione persuasiva diretta, e tendono ad assumere quell’autoriflessività incondizionata propria dell’arte pura. Ma questo è un modo di essere più modernista che postmodernista.