ADAPTability 9/ Semplificare il lavoro: una questione di metodo, meglio se 2.0

ADAPTOggi a Roma si tiene l’annuale Convegno in memoria del Professor Marco Biagi. Il tema di questa edizione è la semplificazione del lavoro, argomento al centro del progetto di riforme del nuovo governo, che vuole come fulcro della propria azione, insieme alla indispensabile riforma del sistema elettorale, proprio un intervento “choc” – come retoricamente è stato definito dai media – sulle regole del mercato del lavoro. Ce ne parla Cristina Inversi, dimostrando come si possa coniugare metodo e contenuto.

Il convegno sarà occasione per parlare del Codice semplificato del lavoro, pubblicato nei giorni scorsi da Pietro Ichino e Michele Tiraboschi (per un cui approfondimento si veda P. Ichino, M. Tiraboschi (a cura di), Progettare per modernizzare: #semplificareillavoro si può, Bollettino speciale ADAPT n. 11/2014), che tenta di porsi come sintesi di due progetti ambiziosi: lo “Statuto dei Lavori” prospettato da Marco Biagi e Michele Tiraboschi (terminologicamente parlando, esattamente l’antecedente in lingua italiana dell’ormai più “cool” e inflazionato Jobs Act) e il Codice semplificato dei rapporti di lavoro (disegno di legge 7 agosto 2013 n. 1006) presentato al Senato da Pietro Ichino. Tale articolato normativo ha come obiettivo la modernizzazione degli strumenti a disposizione di chi opera nel mercato del lavoro ed il superamento di una normativa distante dalla realtà, nell’ottica di una maggiore flessibilità, della apertura alle nuove tecnologie, della semplificazione dei rapporti contrattuali, dell’innalzamento dei livelli di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e della maggiore responsabilizzazione delle parti. Ci si è così proposti di modificare ed integrare la parte dell’attuale Libro V del Codice Civile riguardante i rapporti individuali di lavoro, convogliando poi specifiche materie in appositi e ordinati Testi Unici ed abrogando tutto ciò che non rientra in queste fonti normative.

Il segno tangibile di questa mentalità, proiettata al superamento dei vecchi schemi, è stata la piattaforma collaborativa virtuale utilizzata per la redazione del Codice, che è stata al contempo strumento per la realizzazione di nuove regole e virtuoso esempio di come, per creare qualcosa di innovativo, sia necessario utilizzare approcci innovativi.

Strumenti utilizzati:

Per raggiungere detti obiettivi, e pervenire ad un risultato condiviso, che fosse idoneo ad interpretare le esigenze di chi opera tutti i giorni nel mondo del lavoro, i curatori del progetto hanno organizzato una piattaforma cooperativa informatica (moodle) attraverso la quale il gruppo di lavoro (formato da più di 200 esperti, tra cui responsabili delle risorse umane, consulenti del lavoro, sindacalisti, avvocati, dottorandi, studenti universitari, funzionari pubblici e rappresentanti del mondo imprenditoriale e delle associazioni datoriali) potesse collaborare in modalità open-content e contribuire con idee, suggerimenti o spunti nella progettazione e costruzione dell’articolato normativo. La piattaforma informatica di collaborazione ha infatti permesso un dialogo a livello orizzontale, improntato all’efficienza e all’immediatezza. Oltre alle aree di discussione la piattaforma era dotata anche di tre banche dati attraverso cui tutti i collaboratori hanno avuto accesso a materiali di studio e di lavoro, utili per una progettazione informata e consapevole.

Il collegamento tra i lavori interni ed il dibattito politico-sociale esterno è stato poi garantito da un sito internet che ne ha raccolto i contributi più rilevanti ed un account Twitter, attraverso cui è stato possibile partecipare al dibattito sui Social Media.

Metodo di lavoro:

In un primo momento è stata lasciata la possibilità ai membri del gruppo di lavoro di esprimersi liberamente in un’area in cui potevano essere aperte discussioni su tematiche generali, al fine di individuare le criticità più sentite dagli addetti ai lavori (per fare qualche esempio si è parlato dioccupazione giovanile e previdenza, sicurezza sul lavoro, lavoro e tecnologie, classificazione dei CCNL, casse edili, telelavoro ed abrogazione del c.d. rito Fornero). Il confronto è stato poi indirizzato da Ichino e Tiraboschi ad un lavoro più concreto, volto alla redazione del testo del Codice semplificato del lavoro.

La piattaforma collaborativa ha permesso un approccio multidisciplinare, immediato e improntato all’autoregolazione: un metodo tecnologicamente innovativo che «aumenta e non comprime l’importanza delle persone e, dunque, le loro capacità comunicative e relazionali con i colleghi» (M. Tiraboschi, L’intelligenza collaborativa. Considerazioni di un giuslavorista su limiti (attuali) e prospettive del management 2.0, postfazione a M. Minghetti, L’intelligenza collaborativa. Verso la social organization, Egea, Milano, 2013).

Il progetto di semplificazione ha dimostrato quindi come sia possibile valorizzare il lavoro tramite sistemi informatici che garantiscano immediatezza e ottimizzazione del tempo senza rinunciare al dibattito ed al confronto, adottando, quindi, un metodo creativo – multidirezionale e non un rigido approccio unilaterale.

Come rilevato poi dagli stessi ideatori del progetto, questa tecnica ha fatto riscontrare ottimi risultati a livello qualitativo e partecipativo, tali da ritenere possibile una futura riapertura dei lavori per la riformulazione degli articoli del Codice Civile che riguardano i rapporti collettivi.

Questo progetto è stata così una dimostrazione che semplificare il lavoro non è solo una questione di regole: è anche, e soprattutto, una questione di metodo.

 

Cristina Inversi

ADAPT Junior Fellow


twitter@CristinaInversi