Le nuove professioni della Social Organization

Nuove professioni per un nuovo ruolo della Direzione HR

“Per quanto riguarda la Comunicazione Interna, io vedo il Management  2.0 come una grande opportunità per sviluppare nuove modalità di interazione     all’interno della società.     In un’organizzazione    2.0 i contenuti sono in gran parte prodotti dai dipendenti e     la Comunicazione Interna deve promuovere una informazione più stimolante e      utile. Ha un ruolo di “curation” (sull’importanza del      concetto della curation vedi anche Il     Top     Manager    come    Content    Curator    ndr.) e   Community Management: dunque, non più di “produttore di contenuti”. Ha il compito di collegare comunità e persone attraverso le conversazioni online, ma al tempo stesso si deve garantire una comunicazione non solo virtuale, ad esempio attraverso l’organizzazione di eventi offline che mettano in luce ciò che sta accadendo all’interno dell’organizzazione 2.0 o la creazione di programmi di fidelizzazione per i contribuenti “seriali”, ovvero per coloro che forniscono con continuità contribuiti utili al perseguimento degli obiettivi collettivi. In sintesi, HR e Comunicazione Interna  devono elaborare nuovi modi per promuovere la trasformazione delle persone da dipendenti  a   collaboratori (cfr.   Collavorare: un nuovo verbo nello spirito dello Humanistic Management)“.

Così, in una     intervista rilasciata al nostro blog     qualche mese fa sintetizzava l’impatto dei nuovi principi della Social Organization sulla Comunicazione Interna Judith Mataran, Responsabile della Funzione in Pernod.

Le osservazioni della Mataran sollevano una    domanda cruciale, ovvero: quali sono le professionalità 2.0 diffuse in tutta l’azienda (a partire dalla funzione HR: vedi                HR  2.0? 10  motivi  per  cui  i  professionisti  HR  dovrebbero  evitare  i  Social  Media    e la serie di post HR 2.0 social media strategy) di cui abbiamo bisogno per costruire una Social Organization focalizzata sul lavoro collaborativo delle Community online? Risposta: sono molteplici e variegate, ma accomunate dalla centralità delle nuove   attivà   social incentrate sulla comunicazione digitale. Abbiamo i Community manager, i web editor, i blogger,  i content curator, i SEO & SEM specialist… Ciascuna di queste figure ha una sua specificità tecnica. Ad esempio i corporate blogger sono coloro che hanno delle conoscenze (di processo, di prodotto, ecc.) e le mettono a disposizione attraverso i corporate blog. I content curator invece sono coloro che sanno aggregare contenuti provenienti da fonti diverse, di cui non sono direttamente produttori. La figura del Community manager è ovviamente essenziale per la definizione della Value Proposition intorno a cui costruire una Community prima, per lo sviluppo ordinato delle interazioni all’interno della Community stessa poi.

Le attività da presidiare

Una mappa completa delle nuove figure 2.0 per la Comunicazione Interna e più in generale per la Social Organization richiederebbe non un paragrafo, ma un manuale ad hoc. Segnalo a questo proposito che il Gruppo Web Skills Profiles, costituito nel dicembre del 2006 da IWA Italy (la sezione italiana di IWA/HWG associazione internazionale di professionisti del     Web riconosciuta come realtà di standardizzazione dal CEN), e al quale partecipano oltre 200 professionisti, rappresentanti di aziende ed associazioni, ha l’obiettivo di definire i profili professionali del Web, progetto considerato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri una innovazione in ambito nazionale da esportare all’estero.

Il 14 febbraio 2013, IWA Italy ha pubblicato ufficialmente la versione 1.0 del documento contenente 21 profili professionali operanti nel Web uniformati secondo le direttive CEN in materia di Generation 3 (G3) European ICT Profiles, nonché le modalità di utilizzo dei medesimi. Il taglio quindi è molto “ICT-centrico”, tuttavia la lista è utile per orientarsi nella selva ad oggi per molti Direttori HR piuttosto oscura della nuove professioni del Web. I 21 profili sono i seguenti:

I 21 profili sono i seguenti:

La Social Organization: ostacoli e fattori abilitanti

Cade dunque a proposito il workshop dedicato alla definizione di ruolo e posizionamento nell’organigramma aziendale di queste nuove figure proposto dallo Studio Anfossi che si svolgerà martedì 26 febbraio dalle ore 17.30 alle 20 presso il Grand Hotel Doria di Milano. Ne parliamo con il relatore del workshop Andrea Albanese, collaboratore della SDA Bocconi e Docente presso il Master SNID del Politecnico di Milano.

Marco Minghetti Andrea, vuoi presentare brevemente il lavoro che hai svolto in questi ultimi anni sul rapporto fra Social Media e aziende?

Andrea Albanese Ho realizzato ricerche sui temi social in oltre 5.000 differenti aziende ed analizzando oltre 10.000 risposte di persone che lavoran in azienda, con l’esperienza di parecchie centinaia di colloqui di selezione quando lavoravo in una multinazionale francese. Un giorno, dopo la ricerca fatta per la SDA Bocconi dal titolo ‘Customer Experience & Social Network’ mi dissi che dovevo capire cosa c’era dietro ogni singolo record delle risposte: allora ho svolto per 4 mesi una media di 3 incontri al giorno con le aziende (la maggior parte in SDA), per capire meglio, perché se dovevo raccontare qualcosa volevo aver capito di più. Quasi 300 incontri, un’esperienza meravigliosa ed allo stesso tempo stancante. Poi con la ricerca ‘Social Media Effectiveness Use Assessment’ fatta per il Master SNID (Social Network Influence Design) del Poli.Design Politecnico di Milano, ho voluto comprendere come, quanto e cosa venisse utilizzato in azienda.

Marco Minghetti Hai dunque un database informativo invidiabile rispetto a cui misurare alcune idee che da ormai alcuni anni sto sviluppando su questo blog. In particolare sostengo da tempo che il punto di partenza più adatto per comprendere le trasformazioni in atto nelle aziende e avviare un processo di change management coerente con l’assunto secondo cui “i mercati sono conversazioni” (Cluetrain Manifesto, 1999), è la Social Organization, intesa come un nuovo modo di fare impresa che consente ad un vasto numero di persone di lavorare collettivamente valorizzando le singole riserve di competenza, talento, creatività ed energia. In questo modello la creazione di valore sociale passa attraverso la capacità di generare la cosiddetta mass collaboration, sfruttando le enormi potenzialità dei Social Media, attraverso l’istituzione di Community collaborative, che vivano tuttavia anche “offline”. Parliamo dunque del prodotto dell’interazione di tre fattori: i Social Media, le Community e la “purpose”, la proposizione di valore. Sei d’accordo? E’ possibile generare questa interazione? Quali sono gli ostacoli, da una parte, i fattori abilitanti, dall’altra in particolare in Italia? 

Andrea Albanese Penso che sia possibile ed auspicabile un nuovo modello collaborativo all’interno delle aziende e tra le persone. I nuovi strumenti, le nuove piattaforme di social collaboration basate sulle piattaforme stesse di Social Network (Facebook, Linkedin, …) oppure strutturate appositamente sfruttando i concetti ‘Social’, sono un elemento dirompente e di interruzione di un modello HR consolidato. Siamo nel mezzo di un cambiamento epocale della gestione del processo creativo aziendale, che realizza nuovi processi collaborativi che le aziende e le stesse persone all’interno dell’azienda non riuscivano nemmeno ad immaginare qualche mese fa. Un esempio: i Clienti che collaborano insieme alle persone dell’azienda nella creazione e ottimizzazione di un prodotto/servizio, o addirittura nel ‘raddrizzare’ processi di customer care che non funzionano, e questo senza essere pagati come dipendenti, ma per il solo gusto di essere partecipi del miglioramento dell’azienda e del prodotto/servizio che hanno acquistato (cfr. su questo il caso del conto rendimax di Banca Ifis e gli esempi riportati in I dieci processi da sviluppare in chiave social secondo McKinsey, ndr). In questo modo vengono utilizzati i Social Media, che mettono in discussione il ruolo di alcune persone, se non addirittura dipartimenti che sono, o forse erano, titolati e preposti ad espletare la funzione di Product Management o Customer Care.

Ogni giorno che passa, le barriere tra interno ed esterno all’azienda vengono abbattute, creando senza ombra di dubbio entusiamo, almeno inzialmente, per poi a volte trasformare in panico questa intromissione nei processi aziendali da parte di clienti e prospect, che possono mettere in discussione qualsiasi cosa, creando eco e seguito sui Social Media esterni all’azienda, tanto da costringere l’azienda ad effettuare modifiche ai prodotti/servizi, che potrebbero mettere in discussione i margini di guadagno degli stessi.

E’ semplice per un consumatore chiedere il cambiamento di un’etichetta di un prodotto, o di un dettaglio di un’automobile, oppure un elemento di un servizio telefonico, non è assolutamente così scontato che questo possa essere fatto dall’aziena nei tempi e modi richiesti. Ma come? Dopo aver chiesto il parere dei consumatori, con contest su Facebook e campagne pubblicitarie social, e processi interni di Social Community Collaboration, le aziende dicono che non possono mantenere quanto promesso: ovvero customizzare i prodotti secondo le richieste dell’utente.

Ecco, il mondo delle aziende è cambiato, perché i dipendenti 2.0 devono riuscire a contenere l’onda collaborativa social che arriva dall’esterno. E questo è applicabile anche se pensiamo solo all’ambiente lavorativo interno dell’azienda, dove dipartimenti e funzioni che prima parlavano secondo gerarchie e protocolli, ora si trovano a chattare tutti insieme, infrangendo alcuni muri che erano stati costruiti per motivi essenziali alla buona riuscita e realizzazione della missione aziendale: produzione, amministrazione, marketing & sales, communication, HR, ICT, … ognuno con una funzione specifica per fare in modo che attraverso processi e metodi, si potesse fornire un prodotto/servizio di qualità eccellente. E’ un cambiamento culturale epocale. E siamo nel mezzo di questo cambiamento. L’HR ha un ruolo fondamentale nella comprensione dei rinnovati bisogni aziendali  per selezionare nuove figure in grado di gestire l’innovazione Social in modo ordinato.

Allineare interno ed esterno 

Marco Minghetti Sono d’accordo con te: è in atto una profonda rivisitazione dei processi di interazione fra le aziende (pubbliche e private) e suoi stakeholder esterni. Tuttavia la grande enfasi sul Social Media Marketing copre la diffusa mancanza di quell’intervento decisivo cui hai accennato: il miglioramento dei processi di integrazione, condivisione e sviluppo delle conoscenze all’interno delle organizzazioni in una logica “social”. Sei d’accordo? Conosci qualche case history di eccellenza in cui al Social Media Marketing corrisponde una effettiva trasformazione nella gestione delle risorse umane che vada nella direzione delle cosiddette Social HR?

Andrea Albanese Non è assolutamente scontato e soprattutto non è assolutamente certo che far parlare tutti con tutti sia una buona ricetta per migliorare processi, e sviluppo di conoscenze. Prendiamo un esempio: un ricercatore aziendale che discute e si confronta con un venditore. Hanno ruoli diversi, competenze diverse, studi e culture differenti, obiettivi differenti, caratteri e fattori di comportamento molto distanti, e da quando esiste la macchinetta del caffè si sono confrontati. Cosa può aggiungere un sistema interno aziendale Social

Io dico che può aggiungere molto e creare un ambiente di lavoro differente, e migliore: ma qualcuno deve aver studiato ed aver compreso lo scopo che vuole raggiungere, se è solo fare parlare le persone tra di loro, forse vanno bene dei tradizionali meeting Face to Face interdipartimentali. Il Social Media Marketing permette di fare Marketing attraverso dei nuovi Media che sono i Social Network. I dipendenti possono e dovrebbero collaborare a questa attività, ecco perche molte aziende stanno organizzando diffusi piani di formazione interni per far conoscere le potenzialità dei Social Media ed i pericoli che ne derivano da un uso superficiale.

Ci sono centinaia di esempi, ne cito un per tutti dove ho avuto la possibilità di partecipare attivamente: Whirlpool Europe che ha gestito una formazione di 1 settimana per tutti i Marketing Manager Europei, incentrata sulla formazione e sull’enabling  dei Social Media come elemento fondamentale per una rinnovata relazione con i clienti. Progetto molto complesso, che ha avuto come presupposto l’aver modificato preventivamente ed in buona parte riscritto le competenze necessarie da sviluppare per ogni differente ruolo, ed un piano di formazione adeguato, senza improvvisare, senza dimenticare dei principi HR ed Education.

La mappa di un terrirorio complesso

Marco Minghetti Quali sono le professionalità 2.0 diffuse in tutta l’azienda/specifiche di singole funzioni (a partire dalla funzione HR) di cui abbiamo bisogno per costruire una Social Organization focalizzata sul lavoro collaborativo delle Community online? Puoi fare qualche esempio in dettaglio (es: competenze, caratteristiche, atteggiamenti ecc di un Community Manager, di un Content Curator, di un Web Strategist, eccetera)?

Andrea Albanese Domanda da un milione di dollari. Rispondo con una provocazione, queste sono le 30 discipline che un’azienda dovrebbe padroneggiare nel mondo online e social … a quante figure professionali corrispondono queste aree? Non saprei, anche perché ogni azienda ha un suo grado di maturità: Article Marketing, Adwords, Banner Advertising, Blog Management, Campaign Budget Management, Customer Database Building, Community Management, Direct Email Marketing, e-commerce, Email Marketing Automation, e-Survey, Forum Management, Keyword Advertising, Mobile Web Marketing, Pay Per Performance, Reputation Management, Search Engine Marketing, Search Engine Optimization, Social Media Marketing, Social Network Secutity Management, Web Analytics Analysis, Web Business Intelligence, Web Copywriting, Web Graphics Designer, Web Lead Generation, Web Marketing Intelligence, Web Return of Investiment & KPI, Web Usability Optimization.  E se prendiamo la sola disciplina del Social Media Marketing, possiamo evidenziare almeno 16 differenti Social Media/Network che si possono utilizzare con profitto.

La nuove regole

Marco Minghetti Come cambiano metodi e processi di lavoro, le policy, la struttura di governance in una azienda che voglia inserire e rendere effettivamente utilizzabili queste nuove figure professionali (e quindi adottare, a monte, la filosofia della Social Organization)?

Andrea Albanese Occorrono aziende caratterizzate da velocità, precisione, focus, attenzione, comprensione e dipendenti orientati all’obiettivo, flessibili, agili, pratici, realisti, multidisciplinari e tecnologici. Servono una forte e decisa leadership e vision da parte del management, i processi ed i metodi si adegueranno e plasmeranno intorno alla vision condivisa portata avanti da un Leader riconosciuto. Ricordiamo Apple e Steve Jobs: così sono le aziende di successo nel mondo attuale. Mi viene da sorridere, e cito una frase/aneddoto che per correttezza non attribuisco a nessuno e non cito l’azienda: durante un incontro importante dove si parlava di online, di social e di policy, il direttore HR disse ‘in questo momento, gli unici convinti che esista ancora un orario di lavoro da rispettare, sono i sindacati’ … bellissimo quel momento, erano le 21.00 di sera di un venerdì e stavamo tutti rispondendo attraverso i ns. device mobili a clienti e prospect. Con i Social e nell’online le aziende sono aperte a tutte le ore sabati e domeniche incluse, e la maggior parte non sono e non saranno mai strutturate per farlo  e quell’azienda è una banca (per questo con ADAPT stiamo avviando un gruppo di studio volto a ripensare la normativa del lavoro per renderla coerente con  la nuova realtà del lavoro collaborativo, ndr).

Marco Minghetti Non ci sonosolo le figure professionali specifiche, occorre ancheconsiderare le competenze che dovrebbero essere comuni a tutte le figure professionali di una Social Organization (in quanto membri di una o più community aziendale). Rielaborando uno schema suggerito da Edelman, i membri di una Community collaborativa potrebbero essere distinti in tre Gruppi in base aRuolol tipo di conoscenze 2.0 detenute da ciascuno. Sei  d’accordo? Quale potrebbe essere un modello di riferimento per sviluppare un percorso di formazione riferito a queste figure?

Andrea Albanese Sì, sono d’accordo. E penso che il modo migliore per colmare il gap sia acquistare una web agency oppure una digital PR agency, senza pensarci 2 volte. Parallelamente rafforzare il team HR, con una persona dedicata nel disegnare e concretizzare in modo innovativo e sfruttanto i principi di viralità che si possono innescare attraverso i Social Media, su contenuti di valore ed appositamente disegnati.Consiglio anche di interpellare persone esperte (o che almeno ne sanno di più), che possano supportare il processo di selezione, come anche quello di arricchimento e modifica delle competenze tradizionali in competenze ‘2.0 compliant’.

Marco Minghetti Per gestire il processo di trasformazione in Social Organization occorre creare un team allargato guidato da un Corporate Team ristretto formato da un numero limitato di individui. Come giudichi i risultati di un celebre report di Altimeter, basato su 144 programmi di trasformazione in Social Organization di altrettante aziende con più di mille dipendenti, che individua in 11 risorse Full Time Equivalent il numero (medio) magico di  persone dedicate secondo lo schema sotto riportato?

Ruolo Descrizione Risorse Full Time Equivalent
Corporate Social Strategist

E’ il leader del programma per lo sviluppo della Social Organization, lo stratega responsabile della visione d’insieme e degli investimenti complessivi. In genere è uno dei Top Manager. 

1,5

SocialMedia Manager

Coordina le business unit in particolare al momento del lancio di nuove iniziative che coinvolgono le Community. Il Social Media Manager è a cavallo fra comunicazioni interna ed esterna ed è responsabile di risorse umane ed economiche. Formula sia piani strategici sia programmi specifici.

2

CommunityManager

E’ il gestore della Community, che la rappresenta anche verso le altre Community e funzioni aziendali

3

SocialAnayst Utilizzando tutti gli strumenti di web analyticsdisponibili, è responsabile per la misurazione delle attività collaborative delle Community e il reporting complessivo relativo al programma di trasformazione aziendale

1

WebDeveloper

E’ uno specialista di system integration che supporta l’inserimento e l’aggiornamento del Social Software necessario alla realizzazione della Value Proposition delle singole Community

1,5

EducationManager

Si occupa di supportare a vari livelli lo sviluppo di programmi di training per abilitare l’intera organizzazione al cambiamento.

5

BusinessUnit Liaison

Si occupa di coordinare le attività delle diverse Community, garantendo l’applicazione di una Social Media Policy comune

1,5

Andrea Albanese  E’ uno studio eccezionale di estrema rilevanza. Personalmente trovo che ogni volta che si cerca di evidenziare e disaggregare i problemi in elementi più piccoli e comprensibili, ci sia sempre un passo evolutivo dovuto ad una migliore compensione.Mi fermerei ad aver evidenziato alcune macro categorie di possibili nuovi lavori, forse è eccessivo dire quanti FTE per ogni figura, considerando che alcune di queste sono così indefinite, che forse solo chi ha effettuato questa analisi potrebbe il Job Role di alcuni ruoli, in modo standard, tanto da essere pubblicato su un sito di ricerca del personale.

Mi piacerebbe leggere la Job Role Description del ‘Business Unit Liason’, ma anche del ‘Web Developer’ in chiave Social. Trovo molto complesso in questo momento anche solo definire il ruolo del Community Manager di un’azienda, se ci pensiamo veramente deve avere un insieme di caratteristiche che rasentano la rarità:  e come si fa a pensare che ogni azienda dovrebbe avere un Community Manager, quando sono così difficili da trovare? Mi permetto di aver fatto quest’ultima affermazione relativa al complesso lavoro cardine del Community Manager, anche perché ogni giorno per un’oretta gestisco le 2 community più importanti ed attive di professionisti interessate ai Social Media, oltre 9.000 persone (Social Media Marketing Italia e Social Media Marketing Italiano), community basate sulla piattaforma Linkedin. Un solo esempio: come si fa a spiegare che un Community Manager deve sentire le vibrazioni della community leggendo tra le righe dei post per prevenire ed instradare fenomeni di rigetto di persone/idee.Il principale KPI che uso per capire se faccio bene? I commenti degli utenti (pochi pubblici e davvero in numero enorme fatti in via privata). E ti dico sinceramente che, nonostante l’impegno che metto, mi sento sempre un neofita.