Il self publishing è solo spazzatura?

Qualche giorno fa ho annunciato qui  di aver scelto la strada del self publishing per dare alle stampe il nuovo romanzo della Living Mutants Society, La Mente InVisibile. Fra le varie piattaforme online disponibili ho scelto ilmiolibro che mi sembrava la più interessante, visto che è frutto di una collaborazione fra soggetti importanti come Feltrinelli, Gruppo L’Espresso e Scuola Holden.

Nonostante al momento stia registrando buoni risultati (oltre 2000 like pervenuti dalla comunity letteraria di Facebook in poco più di una settimana, una attenzione che difficilmente avrai ottenuto in così breve tempo utilizzando un editore tradizionale), la mia scelta è stata oggetto di critiche e dibattiti, che sono rivelativi di come in Italia oggi su questo fronte ci sia ancora molta incertezza e confusione.

Riporto di seguito una conversazione significativa, sviluppatasi su Facebook, che ho avuto con InkKiller di Letter Magazine, cui avevo proposto di commentare la preview de La Mente InVisibile pubblicata su ilmiolibro.

Riscrivo  il botta e risposta così come si è svolto, corredato da alcuni commenti lasciati sempre su Facebook da persone che hanno voluto commentarlo, lasciando ai lettori il giudizio sul tema ed eventualmente invitandoli a dire la loro.

Letter Magazine – rivista letteraria online Ciao Marco, noi, per filosofia, siamo contro il fenomeno dell’editoria a pagamento. “Il mio libro” di Kataweb fa proprio parte di questo triste fenomeno.

Marco Minghetti Posso sapere per quale motivo? Mi sembra che il self publishing si stia affermando in tutto il mondo come una nuova possibile frontiera dell’editoria. Personalmente ho pubblicato una decina di libri con editori anche molto qualificati e mi sembrava interessante sperimentare questa novità. Però sono interessato a capire anche quali sono le criticità, vi sarò grato se mi potrete spiegare meglio il vostro punto di vista. Grazie.

Letter Magazine – rivista letteraria online Perché, in modo molto semplice, se invii l’elenco delle spesa, vedrai che te lo pubblicano ugualmente, basta pagare. Il punto è che è un mero business dove si punta sull’ego dello scrittore (o aspirante tale). Si sono resi conto che su 1000 autori 5 sono bravi, 10 sufficienti ed il resto conta poco. Però il resto conta molto numericamente e si sono inventati questa cosa di “paga e ti pubblico”. Ma ha davvero senso? Se nessun editore, nemmeno piccolo, ha scelto d’investire su di te (te generico) forse un motivo di sarà, o no?

Marco Minghetti Rispetto il punto di vista, ma credo sappiate benissimo come sia estremamente difficile se non si è già nel giro degli “amici degli amici” trovare attenzione nel ristretto mondo dell’editoria nostrano. Non vedo che male ci sia nel fornire a tutti coloro che lo desiderano un luogo dove, rischiando di tasca propria e mettendoci la faccia, una persona possa fare una propria proposta saltando il circuito spesso “mafioso” (scusate il termine un po’ pesante) della editoria tradizionale. Certo non saranno tutti John Locke (l’autore che ha venduto un milione di copie appunto tramite una attività di publishing on line) ma perchè criminalizzarli a priori? Di spazzatura nelle librerie tradizionali c’è ne più che a Napoli…

Letter Magazine – rivista letteraria online Marco, il punto è questo: l’editoria a pagamento permette a tutti, ma proprio a tutti, di pubblicare. Questo vuol dire invadere il mercato con migliaia e migliaia di cose illeggibili. Credo che su questo tu sia d’accordo. Poi ciò non vuol dire che tra questi scrittori non ci sia qualcuno di davvero bravo, ma come identificarlo in un mare magnum di sedicenti scrittori? Le proporzioni sono che su 10.000 libri autofinanziati 5 sono bravi e 10 sufficienti. Il dato è ottimistico.

Ed ecco alcuni commenti:

Billy de Vita Hai chiesto ad un critico letterario di parlare di un prodotto che fa parte, quindi alimenta e definisce, un ciclo di business che non prevede un ruolo per un critico letterario, o sbaglio? E’ come se tu avessi chiesto ad un allevatore di maiali un commento su una ricetta vegana: ottima o pessima che sia evidenzia uno spazio a lui antagonista, almeno per la sua “filosofia”. L’errore che ha fatto, almeno secondo me, e quindi non è detto che lo sia per altri, è nel tono utilizzato nelle risposte, e che “odora” ogni contenuto di merito. Anche alcuni termini ne mostrano una “filosofia inconscia” che forse lo stesso Ink preferirebbe tener celata.
Come vedi non rispondo alla tua domanda… ma la risposta è già nel punto interrogativo. Per farmi perdonare questa mia mancanza puoi chiedermi quanti libri di merda sono presenti nelle librerie dell’universo mondo nel quale viviamo: la risposta non conterrà turpiloquio..lo prometto!

William Nessuno Non so come funzioni Kataweb, io ho fatto un paio di cose con Lulu e e non ho pagato nulla. Quindi Lulu non è propriamente “a pagamento” . In quei casi l’ho fatto perché comunque sapevo che i testi non avrebbe suscitato l’interesser di nessun editore, anche per motivi che Marco Minghetti spiega fin troppo bene. Per il resto, ho ricevuto una proposta da un editore VERAMENTE a pagamento (che si pubblicizza molto anche su quotidiani importanti dicendo che lancia “nuovi autori): mi ha chiesto circa 2500 euro per una pubblicazione inutile, non distibuita, palesemente fine a se stessa e a spennarmi. In questo caso ovviamente ho detto di no, anche se conosco persone che hanno accettato e poi vanno in giro a vantarsi di aver pubblicato. Perché questo è il vero scopo. Credono che pubblicazioni simili facciano curriculum. “Non ci tengo nè ci tesi mai”. Come Marco sa ho invece partecipato a diverse pubblicazioni rinunciando a compensi, ma questa penso sia un’altra faccenda. Vorrei far notare che un grande editore (molto grande) per ragioni misteriose (hem hem) ha pubblicato una raccolta di poesie di Michela Miti… Sì, proprio lei.
Quindi mi domando fino a che punto sia sempre sensato il discorso discriminatorio, la distinzione tra autopubblicazione e pubblicazione tramite una casa editrice grande e autorevole. Occorrerebbe entrare nel merito.

Mario Pireddu è un problema di visioni decisamente differenti: a me pare che la prospettiva di InkKiller sia profondamente elitaria e aristocratica. E’ più o meno la stessa critica che molti dotti nel Cinquecento muovevano alla stampa a caratteri mobili che rivoluzionò il modo di scrivere e far circolare i libri: “con tutta questa facilità e rapidità di pubblicazione, verremo invasi da libri inutili scritti da persone incompetenti”, etc. Ma se si accetta il fatto che ogni nuovo medium connesso alla scrittura non ha fatto altro che allargare le possibilità della scrittura stessa, allora non si comprende – se non appunto per elitarismo ‘estetico’ – una posizione di rifiuto. Con queste visioni di retroguardia non si va da nessuna parte, secondo me: Amazon Kindle Direct Publishing negli Stati Uniti è già una realtà importante nel panorama editoriale (qualcuno avrà letto di John Locke e del suo milione di copie). Diciamo che il “filtro” editoriale è un sotterfugio: nessuno infatti garantisce che filtro=qualità (basta vedere quanta porcheria si pubblica da sempre). Direi invece che conta il ‘mercato’: si prova a vendere il proprio prodotto (con editore tradizionale o meno), e si vede se i lettori gradiscono. Il resto è snobismo controproducente, dal mio punto di vista, perché nega possibilità di esistenza a possibili autori interessanti.

Zeronovantuno Edizioni La zero91 non è contro la Vanity Press (autogestione del manoscritto) ma contro l’Editoria a Pagamento ( l’autore che paga un’editore per essere pubblicato).

William Nessuno Zeronovantuno sono assolutamente sulla stessa linea.

Andrea Galanti Ragazzi, non voglio offendere nessuno e sia chiaro. Ma ho provato a stampare una cosa con IlMioLibro… per carità di Dio. Senza contare il servizio “Vendi da Feltrinelli” che è una presa per i fondelli bella e buona. Lulu tutta la vita.

Leo Twit Bloom come al solito la scrittura è un ambito molto particolare, nel senso che la differenza qualitativa non la fa l’editore a pagamento o l’editore non a pagamento, due esempi opposti lontanissimi fra loro: Nietzsche pubblicò molte sue opere fondamentali a proprie spese, al contrario del calciatore Totti che magari l’hanno pure pagato per ‘pubblicare’.

Leo Twit Bloom ‎”Se nessun editore, nemmeno piccolo, ha scelto d’investire su di te (te generico) forse un motivo di sarà, o no?”: risponderei ironicamente: forse il motivo sarà il mio strano cognome, Nietzsche….

Laura Cardinale Scrittrice InkKiller ha confuso editoria a pagamento con self publishing. Caro Marco Minghetti fagli leggere questa intervista http://www.storiacontinua.com/case-editrici/pubblica-i-tuoi-ebook-vanilla/ ad Antonino Loggia, l’A.d. di ebook Vanilla e poi digli di provare a inviare alla loro redazione una lista della spesa. Col cavolo che quelli gli anticipano i soldi di 2 isbn, l’impaginazione, il demo e altro.

Laura Cardinale Scrittrice la cosa che mi da fastido è che in Italia siamo come in una pozzanghera dove le cose arrivano a mo di tsunami, ma dopo 2-4 anni che sono partite dal punto di origine. In America il self è la prima opzione di pubblicazione e potrei continuare, ma so che qualcuno direbbe che mi pagano o peggio, quindi, lascio a voi la fatica di cerificare/credere.

Francesco Izzo Credo sia necessario distinguere tra editoria a pagamento e self-publishing, che per me è come distinguere tra la notte e il giorno. Il primo è un fenomeno di mera speculazione economica sulla pelle e sulle tasche di ‘scriventi’ ingenui da parte di soggetti che nulla hanno a che fare col sistema editoriale italiano; il secondo, invece, fa parte di un fenomeno nuovo, più vasto e globale, di diffusione delle idee e delle conoscenze senza l’intermediazione degli editori.

  • Gianpaolo Ferrara |

    Ho pubblicato (cioè ho reso pubblico) con ilmiolibro una raccolta di racconti. Ho venduto una sola copia quindi non credo che il mio libro contribuirà a nessuna invasione di mercato. Probabilmente il mio libro non è buono, ma almeno è rimasto virtuale quindi non ha contribuito neanche a massacrare alberi – a differenza di certa roba che le grandi case editrici ci propinano come materiale pubblicabile, leggibile e via dicendo. Io credo che lasciando stare l’ego cavalcante di noi scrittori, il book on demand nel suo piccolo possa contribuire anche a un ambiente migliore. Per un campano questo è un punto molto importante.

  • InkKiller |

    Una piccola aggiunta ai commenti di sopra in cui si fa riferimento a me: non so se potrete leggerli o meno, forse Marco potrà girarveli sulle mail, è che siccome si parla di me ma non ero io vorrei solo dare la mia opinione.
    Self-publishing e editoria a pagamento: io ci vedo una grossa, grossissima differenza: nel primo caso uno pubblica solo per sé stesso, consapevole che può avere o no del pubblico, conscio di farlo solo per piacere personale o perché convinto di poter lasciare qualcosa al mondo. Ce ne sono tanti e sicuramente tanti di bravi (come quel tal, come si chiamava, ah sì: Nietzsche – a proposito, non facciamo credere adesso che tutti quelli che pubblicano a pagamento siano dei Nietzsche, eh?). Nel secondo caso – editoria a pagamento – succede lo stesso tranne che qualcuno vi frega dei soldi.
    Nadia nel commento ha detto una cosa giusta: in Italia tutti scrivono e nessuno legge. E il problema è che il 99% di quelli che scrivono credono di essere dei geni. nel 98% dei casi non lo sono, e non meritano la pubblicazione.
    Mi è arrivato tempo indietro la richiesta di un altro “scrittore”: “ho sottoposto una sessantina di miei racconti a editori, riviste, giornali ma nessuno me li ha mai pubblicati, me li pubblicate voi?”. Una volta letti, uno capisce che gli editori un minimo di naso ce l’hanno.
    Vi prego, lungi da me l’idea di passare per elitario: prima di giudicare, leggo (o ascolto, o guardo). Però ho i miei gusti. E anche un discreto senso critico.
    È fuor di dubbio (lo ammetterete) che la maggior parte del self published o dell’edito a pagamento è di qualità di molto inferiore all’accettabile.
    Detto questo, il commento iniziale di LM non è stato corretto: infatti a Marco, dopo, ho chiesto di leggerlo e qui sopra ho commentato / criticato parte del suo lavoro.
    Se voleste commentare / criticare me (Marco per primo, please) i miei scritti sono su http://www.lettermagazine.it sotto la rubrica InkKiller. ce ne sono di vari tipi e toni, quindi scartabellate.
    Con affetto
    IK

  • InkKiller |

    Marco, grazie per avermi citato come colui che ti ha risposto su LetterMagazine. In realtà io e te abbiamo iniziato la discussione dopo questo dibattito (qui ti ha risposto qualcun’altro degli autori). Questo solo per puntualizzare, ma non per discostarmi: il mio pensiero è circa lo stesso. Come InkKiller su LM ho lanciato tempo fa “La Sfida”: aspiranti scrittori che volessero farsi giudicare da me. Il primo è stato un obbrobrio, assolutamente illeggibile. L’ho scritto e mi ha lanciato addosso tutto l’immaginabile: ho dovuto chiudere il thread per gli innumerevoli insulti. Il fatto è che era veramente illeggibile, scritto male, ridondante. Ma lui “È uno scrittore, io no”. Perché? Perché lui ha pubblicato un libro con un editore a pagamento (Albatros). Io invece solo racconti su raccolte (con scrittori anche famosi dentro), ma solo raccolte. Del resto, solo quello ho provato. Comunque ti devo un giudizio sul tuo libro: ho letto alcuni degli estratti. Purtroppo non è il mio genere. E non mi sembra nemmeno il genere di molti. Mi spiego meglio: mi sembra scritto per chi già ama quel tipo di scrittura, farcito di rimandi e riferimenti che per altri sono pari a zero. Per questo mi sembra più un esercizio di stile, quasi un dialogo solo con chi ha orecchio per sentirlo. Questo ha certamente il vantaggio di avere un pubblico sicuro, dall’altro ha lo svantaggio di non farti conoscere molto e poi di non far conoscere molto al pubblico quello che a te piace scrivere. E non mi sembra cosa da poco. Mi sembra un’occasione sprecata.
    Quanto proprio allo scrivere, allo stile, non è certamente il mio ma capisco che debba necessariamente essere quello in questo genere letterario: odio le lunghe descrizioni e l’uso eccessivo di aggettivi. Credo che le pause siano messe sbaglaite, rompono il ritmo (se mai si crea) ma ripeto, questo potrebbe essere voluto dal genere letterario: non leggendone, non lo so.
    Un piacere comunque, alla prossima
    Con affetto
    InkKiller
    PS: mi farebbe enorme piacere una tua risposta, ma siccome non so se passerò da questo blog, per cortesia avvisami in mail!
    Grazie ancora

  • Nadia Bertolani |

    E’ vero, la differenza tra editoria a pagamento e self-publishing è grande, sono due strade completamente diverse. Resta il fatto che pochi leggono e tutti scrivono, sicché il navigatore nel mare magnum delle pubblicazioni si imbatte solo per caso in qualcosa che valga la pena di salvare.
    Nadia Bertolani

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