DALLA RETE ALLA MAPPA

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Lo street-mapping e un nuovo modello di web

(una proposta di discussione)

 

Lo street-mapping è un fenomeno con forte potenziale innovatore perché inverte la tendenza alla globalizzazione della rete, modifica l’identità degli utenti e delle loro rapporti sociali online e crea nuove forme di contenuti che a loro volta cercano nuove tecnologie. La mappa diventa l’icona di un web che entra “in my backyard” e lo trasforma nel centro della sua rete. 

 

Piccolo mondo virtuale?

Catalogare il pianeta per trasformare il web in un atlante mondiale continuamente aggiornato. E’ la nuova tendenza che procede in senso contrario alla rincorsa verso i mondi virtuali. E’ l’operazione “street-viewing”: elaborare mappe 2.0, cioè mappe multimediali a cui sono collegate fotografie e altri testi. La consultazione delle classiche mappe online diventa molto più naturale ed efficace. Ma solo il motivo utilitaristico non spiega perché lo street-viewing abbia scatenato una convinta mobilitazione dal basso. Lo street-viewing si espande col contributo volontario degli “street-mappers” – frotte di ragazzi armati di fotocamera, semplici appassionati che nel tempo libero si dilettano con zelo a catturare immagini del mondo così com’è, senza soffermarsi sull’estetica o sulla qualità tecnica. Post-moderni cartografi che immortalano una strada, un monumento, un edificio, un elemento urbano per poi collegarlo ad un punto su una mappa digitale. Dalle auto ufficiali di Google al libero upload nazional-popolare per portare il mondo reale nel mondo online. Ogni geografia contiene anche una visione del mondo; se cambia la prima, cambia anche la seconda.


Yes in my backyard

Lo street-viewing è la rivincita di tanti aspetti del web precedentemente cestinati. E’ la conferma del web sublocale, che si esprime in un massiccio ricorso al microblogging. Questo significa che i contenuti non sono soltanto quelli privati, legati ad un account. Sono anche i fatti del quartiere, le reti di affiliazione micro-sociale, l’economia informale, i meccanismi del potere locale, la vita quotidiana di una comunità. E’ sempre internet; ma ad un elevatissimo ingrandimento. Questo significa rovesciare la globalizzazione centrifuga in una localizzazione centripeta. Invece di ingrandirsi, l’orizzonte si rimpicciolisce. D’altra parte a questa inversione di marcia corrisponde un’ulteriore conferma: lo spostamento della comunicazione verso forme sempre più compresse e de-testualizzate. Dall’articolo sul sito al mini-articolo sul blog, dalla nota formato facebook al messaggio telegrafico di twitter. Ora le parole sono sostituite da immagini e link tra immagini, in una mappatura 3d del mondo, degli oceani, del cosmo. La mappa diventa il simbolo di una rete annodata intorno al “qui ed ora”.

 

Hyperlocal Web

Lo street-viewing può essere la premessa per una nuova evoluzione del web. Invece di moltiplicare i contenuti, la nuova logica è concentrare, aggregare, integrare. Invece di una molteplicità di siti specializzati, nascono portali di nuova generazione, centrati sul localismo e i suoi contenuti personalizzati – dalle foto del quartiere ai messaggi di Twitter agli annunci commerciali di aziende e negozi a distanza ravvicinata dall’utente. Di più: il web sublocale raccoglie anche contenuti istituzionali messi in rete dagli enti locali, dalla polizia, dalle scuole, dagli ospedali. Outside.in è uno start-up che ha raccolto in tre mesi circa otto milioni di dollari di fondi per effettuare una elementare operazione: geolocalizzare ogni inserzione economica. Poi è passato alle foto e ai video. Risultato odierno: oltre 35,000 località inserite nella sua mappatura. Si sviluppa un circuito di microinformazione intorno alla comunità, questa volta ritornata nel suo senso socio-geografico. Il web diventa una galassia di pianeti locali. Questa “media-morfosi” si riflette anche nelle applicazioni per realizzare questo map-web, sempre più incentrato su architetture “mesh-up”, per convogliare differenti forme di messaggi in uno spazio comune, e su versioni mobili, che seguono gli utenti e rafforzano il legame tra utente, web e localismo in chiave simbiotica. Chicagocrime.org è uno dei primi mesh-up realizzato con le Api di Google Maps che geolocalizza le statistiche sui crimini elaborate dalla polizia di Chicago. EveryBlock.com, sito gemello, trasmette informazioni a cerchi concentrici, partendo dal piccolo quartiere per abbracciare l’intera città.

 

Giù la maschera

Grazie anche alla diffusione virale dei social network, le identità virtuali cambiano per adattarsi al loro proprietario in un modo molto più realistico. Il Facebook o il Twitter, che racconta spesso ora per ora la mia giornata quotidiana, mi obbliga a “metterci la faccia”, con nome e cognome vero, con foto vera, con dati veri. L’alter ego digitale che è completamente opposto all’ego reale diventa un fenomeno da mondo virtuale. Allora i nuovi gruppi, le nuove aggregazioni sociali, tendono a unire persone, piuttosto che avatar o misteriosi nickname. Le opportunità per “mentire” spudoratamente sulla propria identità sono verticalmente ridotte, perché il controllo reciproco è diventato molto più frequente. E’ molto più facile trovarsi online, ma è altrettanto molto più facile finire smascherati! La geolocalizzazione fa recuperare al singolo utente il legame con la sua comunità e questo fa riscoprire il territorio – ecco perché diventa interessante studiare gli effetti di queste dinamiche sui modelli aziendali per salire fino ai flussi dei commerci internazionali. 

 

Nuovi contenuti in cerca di nuovi contenitori

Tra gli effetti più sensibili c’è un nuovo pubblico di utenti che prima d’ora guardava al web come ad uno spazio per pochi, proiettato sul mondo globale. Ora il web è veramente entrato “in my backyard”, perciò ogni contenuto ha la chance di crearsi un nuovo pubblico – la (nuova) offerta crea una (nuova) domanda. Questa nuova generazione di contenuti richiede nuovi sviluppi tecnologici. All’Università della California è stato sviluppato un prototipo di memoria di massa capace di tenere un terabyte sulla superficie di un pollice quadrato. C’è di più: questi dati possono resistere intatti per un miliardo di anni. Il nanopublishing sposa le nanotecnologie.

Dalla rete alla mappa, ecco la nuova icona del web post-web. La rete aperta si trasforma in una mappa che inscrive l’utente in una dimensione localista e comunitaria. Forse il villaggio globale non è più il logo del web.

GABRIELE CAZZULINI

 

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